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Quel che la Giornata della Memoria non ricorda Cari amici, fra una settimana arriva la Giornata della Memoria e già se ne annunciano i programmi. Difficile per persone come noi, impegnate nella denuncia quotidiana dell'antisemitismo, non condividere il fastidio per la ritualità celebrativa e il buonismo generico della manifestazione, che avete letto espresso nitidamente Elena Loewenthal in un pamphlet la cui anticipazione sulla Stampa è stata ripubblicata da Informazione Corretta (http://informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=52049) e commentata da Pierluigi Battista (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=52108). Alcuni di questi programmi celebrativi sono così grotteschi da sembrare confezionati da qualche autore satirico non propriamente benevolo.
Un amico mi ha segnalato per esempio una manifestazione che si svolgerà a Cuneo (città medaglia d'oro della Resistenza, se non sbaglio, che ha conosciuto molto bene sul suo territorio la ferocia senza limiti dei nazisfascisti) e che sembra abbastanza ufficiale da vantare sul suo manifesto gli stemmi di tutte le istituzioni locali. Il titolo è “Nella cucina della memoria – ricette che raccontano” e il contenuto viene sintetizzato in questa maniera: “Le ricette sognate nel Ghetto di Terezin, accompagnate da letture delle poesie di Ilse Weber (Quando finirà la sofferenza?, Lindau 2013) e dalle canzoni che queste hanno ispirato. Fame e speranza, dolore e futuro, realtà e infanzia: un incontro per ricordare.” Questo è un caso estremo. Ma è evidente che la Giornata della Memoria è diventato un grande baraccone in cui qualunque cosa si giustifica. A patto di rispettare alcune idee di fondo: che il genocidio è stato opera di un “pazzo” ed eseguito da banali burocrati incapaci di capire quel che facessero. E a questo proposito, è un'oscenità anche l'uscita del film di Von Trotta su Hannah Arendt in questi giorni: sia perché girata da una cineasta che ha dimostrato in altre pellicole (“Anni di piombo”) simpatie per i terroristi rossi che hanno compiuto i loro crimini in buona parte in coordinamento e a favore dei moderni nazisti palestinesi; sia perché Hannah Arendt, che sempre rimase legata al suo personale nazista, si è dedicata con passione a denunciare le responsabilità per la Shoà non dei tedeschi ma dei leader ebraici che cercavano con fatica e strazio di organizzare le loro comunità sotto l'attacco tedesco. A patto soprattutto di pensare che la massa della brava gente in queste cose non c'entrava affatto, che la malvagità faceva sì tate vittime, ma senza che nessuno ne sapesse niente, soprattutto senza che nessuna persona perbene “come noi” vi prendesse parte. “Loro” sono stati malvagi, loro pazzi criminali nazisti; ma “noi”, noi europei, noi italiani, noi abitanti di questa città, di questa strada, non c'entriamo affatto. Anzi, in molti abbiamo aiutato. La Giornata della Memoria è diventata la celebrazione dell'innocenza degli europei, la grande cerimonia di autoassoluzione collettiva attraverso la condanna dei pochi isolati malvagi.
Be' non è stato così. Basta guardare le immagini di folle plaudenti ai discorsi antisemiti del Führer, i fiori e i saluti romani a lui dedicati; o l'espressione schifata e nulla affatto commossa delle persone condotte a vedere il carnaio di Bergen Belsen, sempre nel filmato che vi ho citato. O leggere il libro “Di pura razza italiana” di Mario Avagliano e Marco Palmieri, già recensito su IC (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=52072). Uno studio rigorosamente storico, basato su materiali d'archivio come i rapporti degli informatori e dei pubblici funzionari al regime fascista conservati negli archivi di stato, dedicato specificamente a ricostruire le reazioni dell'opinione pubblica italiana alle leggi razziste e alla persecuzione degli ebrei. E' una lettura molto istruttiva, che mostra il consenso quasi unanime non solo degli intellettuali, delle autorità locali, dei giornalisti, dei professori universitari a questo inizio della Shoà, ma anche della gente comune. Sono numerosissimi gli episodi di ex compagni di scuola e di lavoro, un tempo in apparenza amici e confidenti e compagni di gioco di singoli ebrei, che d'improvviso rifiutano anche solo di salutare e di riconoscere i loro ex amici; le delazioni, gli eccessi di zelo anche nei confronti di persone che per loro sfortuna hanno nomi simili a quelli ebraici; gli espropri, i tentativi di approfittare della situazione; le lettere di plauso al duce e gli inviti a non fermarsi a metà strada, a fare come Hitler che sapeva sistemare i giudei. La cosa che fa più scandalo è vedere questi comportamenti in persone che avranno un ruolo di giudici (fino a un presidente della corte costituzionale), di leader morali (da Bocca a Montanelli), di intellettuali di successo, di politici, parlamentari, ministri, accademici... naturalmente senza confessare il loro ruolo se non costretti e senza farne ammenda salvo rarissime eccezioni. Com'erano eccezioni nobili ma veramente scarse coloro che rifiutarono esplicitamente la campagna antisemita (Croce, Leonello Venturi, pochissimi altri) o almeno fecero qualche gesto di solidarietà concreta. Questo dovrebbe dire la Giornata della Memoria, ma naturalmente non lo fa: che l'antisemitismo razzista dei fascisti, come quello nazista, ebbe un consenso di massa; che esso mirava da subito all'eliminazione degli ebrei dal contesto nazionale, dove pure vivevano da più di duemila anni; che tale cancellazione magari non era esplicitamente e da subito improntata al genocidio industriale, ma ne conteneva implicitamente le premesse; che ben prima di Salò pochi ignoravano davvero quel che accadeva agli ebrei non cittadini italiani, che furono fatti “sparire” e dopo l'8 settembre lo stesso per gli ebrei cittadini italiani; che insomma non solo le leggi razziste, ma anche la Shoà avvenne se non con la collaborazione, almeno senza forte resistenza da parte della popolazione italiana (come accadde naturalmente in Germania, in Polonia, in Lituani, in Ucraina, in Francia – ma non in Bulgaria e in Danimarca, dimostrazione questa che era possibile opporsi anche sotto l'occupazione nazista). Il fatto che in Italia siano stati individuati e premiati finora 525 “Giusti delle nazioni”, cioè persone esterne al popolo ebraico che abbiano aiutato a salvare la vita degli ebrei perseguitati dai nazisti, è un titolo d'onore per il nostro Paese (ma non facciamoci illusioni, l'Italia è solo undicesima per il numero di questi eroi: dati del 2012: http://it.wikipedia.org/wiki/Giusti_tra_le_nazioni). Ma si tratta anche di un numero molto piccolo, nettamente più scarso di quello dei collaborazionisti, dei delatori, dei profittatori, dei “volonterosi carnefici” (per dirla con Goldhagen).
Scrivo queste cose non per spirito di vendetta o per astio, ma per giustificare un'altra cosa che si dovrebbe dire per la Giornata della memoria e naturalmente non si dice mai: che come le leggi razziste sembrarono un fulmine a ciel sereno e però furono applicate e approvate dalla massa degli italiani (e degli europei, per quanto riguarda l'azione antisemita dei nazifascisti), così potrebbe accadere ancora. C'è un gigantesco serbatoio di antisemitismo in Europa, che potrebbe esplodere da un momento all'altro. Per ora anima l'odio di destra (non solo di Stormfront, Militia e compagnia, ma anche di deputati della Lega). C'è un odio di sinistra (Vattimo e i suoi amici, fra cui anche qualcuno di origine ebraica, ma anche i sindaci arancione, i vari partitini dell'estrema, i 5 stelle, più potenti rappresentanti sindacali e partitici). C'è un odio generico (i forconi), un odio cattolico di sinistra (Pax Christi) e di destra (i lefebvriani) e di centro (i cardinali che parlano di Gaza come Auschwitz). Ci sono tutti quelli che ai sondaggi dicono che gli ebrei dominano il mondo, che sono la causa della crisi, che si comportano coi palestinesi come i nazisti con loro, che stanno conducendo una guerra di sterminio contro i palestinesi e altre sciocchezze piramidali del genere: sono il 30, il 40 per cento della popolazione, forse anche di più, centinaia di milioni, come ci racconta ancora Goldhagen nel suo ultimo libro (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=51713). Gente che di fronte a nuove leggi razziste esprimerebbe la sua soddisfazione come fecero i loro nonni e bisnonni di fronte alle leggi di Norimberga e a quelle di Mussolini.
E' possibile che nella Giornata della Memoria qualcuno dica queste banali verità? No, certo, turberebbe la riunione dei buoni che deplorano il destino delle vittime, ignorando che furono e potrebbero essere ancora le loro vittime. Il popolo ebraico ha tratto dalla sua memoria della Shoà la considerazione che essa non deve ripetersi perché bisogna difendersi, non arrivare impreparati e inermi di fronte al genocidio. L'Europa ha istituito la Giornata per stabilire tutt'altra morale: che bisogna essere tutti buoni, politically correct e possibilmente tutti confusi in un'unica non-identità, perché la colpa sarebbe di coloro che pretendono di essere quello che sono (come gli ebrei) invece di essere come tutti. E' questa confusione etica che porta alla resa di fronte a Eurabia, confondendo invasori e vittime. E che porta molti al disgustoso paradosso (à la Moni Ovadia) di celebrare la Giornata della Memoria dalla parte di coloro che vorrebbero sterminare ancora gli ebrei, che erano un tempo alleati dei nazisti e oggi ne riprendono i macabri rituali, come i palestinisti. Per questa ragione bisogna rifiutare questa Giornata della Memoria, o almeno sovvertirla per far ricordare le vere ragioni, le vere complicità, le vere motivazioni del genocidio. Ugo Volli |
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