Riportiamo da LIBERO di oggi, 21/01/2014, a pag. 17, l'articolo di Simona Verrazzo dal titolo "L’Unesco si piega agli arabi: salta la mostra sugli ebrei".
Irina Bokova, direttrice dell'UNESCO, con rav Marvin Hier e il cartellone della mostra "I 3500 anni di relazione del popolo ebraico con la Terra d'Israele ".
"Ora che la Palestina ha aderito all'Unesco, il mondo può celebrare la cultura palestinese"
C’era stata anche la foto di rito per la presentazione della mostra all’Unesco, nella sede di Parigi, dal titolo «Il popolo, il libro, la terra: i 3500 anni di relazione del popolo ebraico con la Terra Santa», ma tanto non è bastato e alla fine l’evento è stato cancellato. Il motivo? Le pressioni del gruppo di 22 Paesi arabi membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, cioè l’Unesco. Al Simon Wiesenthal Center, coorganizzatore dell’esposizione, ci sono voluti due anni per prepararla, per far sì che ogni pannello venisse approvato e per presentarla assieme al direttore generale dell’Unesco, la bulgara Irina Bokova, con cui appunto il presidente del centro ebraico per i diritti umani con sede a Los Angeles, il rabbino Marvin Hier, si è fatto fotografare soddisfatto del lavoro svolto. Invece tutto è stato bloccato. Una decisione che ha fatto mandare su tutte le furie il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che ha criticato l’Unesco per aver posticipato la mostra di Parigi, centrata sul legame tra il popolo ebraico e la terra d’Israele, per volere del “blocco” dei Paesi arabi, che affermano che l’esposizione potrebbe minare i negoziati di pace con i palestinesi. «Non danneggia gli sforzi di pace», ha tuonato Netanyahu. L’agenzia dell’Onu, che ha comunicato il rinvio la scorsa settimana, sostiene di aver bisogno di più tempo per valutare le affermazioni storiche che alcuni membri potrebbero considerare “contestabili”. Il rabbino Hier ha dichiarato che l’Unesco l’aveva già approvata e montata nella sede di Parigi. Anche l’ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Samantha Power, ha chiesto che sia aperta, mentre Canada e Montenegro – i due paesi sponsor della mostra assieme a Israele – hanno espresso il loro disappunto. Come riferito dal sito Israele.net che cita il quotidiano Jerusalem Post, sulla mancata apertura della mostra il fondatore e presidente del Centro Wiesenthal ha avvertito che «non farebbe che confermare al mondo che l’Une - sco si è ridotta a portavoce ufficiale della versione araba della storia del Medio Oriente». Ed in effetti, dall’ottobre del 2011, l’Unesco sembra aver abbracciato sempre di più la «versione araba della storia del Medio Oriente», da quando cioè l’Autorità nazionale palestinese ha ottenuto per la “Palestina” il riconoscimento come Stato membro a tutti gli effetti, cioè un seggio in seno all’Unesco, surclassando persino lo stesso Onu. La decisione aveva portato alla sospensione dei fondi destinati a finanziare i progetti dell’Unesco da parte degli Stati Uniti e di Israele, tutti bloccati, poiché Washington è uno dei principali paesi donatori, con circa 60 milioni di dollari all’ann: una decisione presa perché due leggi approvate negli anni ‘90 dagli Stati Uniti vietano espressamente il finanziamento di qualsiasi organizzazione legata all’Onu che accetti la Palestina come membro a pieno titolo. A sua volta l’Unesco, proprio a novembre, ha sospeso il diritto di voto degli Stati Uniti e di Israele, a due anni dallo stop dei rispettivi contributi finanziari dei due paesi.
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