Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 21/01/2014, a pag. 15, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " L’Onu esclude l’Iran dalla conferenza sulla Siria". Dalla STAMPA, a pag. 1-10, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " L’Onu costretta a rimangiarsi l’invito a Teheran ", a pag. 10, l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo " L’ala dura iraniana fa naufragare l’azzardo di Ban Ki-moon ".
Ecco i pezzi:
Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " L’Onu esclude l’Iran dalla conferenza sulla Siria "
Fiamma Nirenstein Ban Ki Moon
La lezione che il palcoscenico mondiale impartisce in queste ore a tutti quanti è questa: comportatevi nella maniera più aggressiva e problematica possibile. Non appena darete un segnale di mansuetudine, verificabile o meno, sarete il protagonista assoluto, la star del momento. È ciò che accade adesso all’Iran,a cui solo all’ultimo minuto ieri l’Onu ha scippato i riflettori della Conferenza di pace «Ginevra 2» sul futuro della Siria.
La scena si compone di tre scenari fondamentali:il primo è quello dell’entrata in funzione dell’accordo a interim sul programma nucleare fra il P5+1 e l’Iran. Esso nel giro di sei mesiun anno deve dimostrare le sue buone intenzioni e alla fine, secondo gli americani, stringere un accordo definitivo. L’Iran,per ora,si è impegnato a non arricchire il suo uranio oltre il 5 per cento e deve diluire l’uranio già arricchito al 20 per cento, una percentuale adatta alla realizzazione della bomba atomica. Gli inviati dell’Aiea, l’Agenzia per l’Energia Atomica, controlleranno che sia congelato l’impianto di produzione di acqua pesante di Arak. Gli ispettori verificheranno che si fermino Natanz e Fordow, due grandi centrali illegali e molto produttive. Oggi Ali Akhbar Salahi, il grande capo dell’enerigia atomica iraniana, ha annunciato che il meccanismo è già attivo. I 7 miliardi di dollari provenienti dalla fine di parte delle sanzioni sono in moto. Ma l’uranio resta sul territorio, le centrifughe possono girare, la ricerca nucleare è in funzione, anche con centrifughe della prossima generazione. Ovvero, tutto è affidato alla volontà politica degli ayatollah, i mezzi per raggiungere la bomba sono ancora in loro possesso. Poco promettente il tweet lanciato dal presidente Rouhani:l’accordo di Ginevra è basato su «la resa globale alla volontà dell’Iran ». Il futuro cioè è incerto, mentre le sanzioni che hanno portato l’Iran a una parziale resa invece di essere riaffermate cadono e il denaro torna nelle casse degli ayatollah.
Il secondo scenario in cui, prima della marcia indietro dell’Onu, appariva davvero improprio che il nome dell’Iran risultasse centrale, era quello della conferenza che si apre domani a Montreaux per discutere sul futuro della povera Siria, dilaniata dalla carneficina. Come tutti sanno l’Iran è un attore centrale nella guerra che ha fatto 130mila morti e che si cerca di ricomporre con la conferenza detta «Ginevra 2 ». Ha fornito le armi ad Assad e agli Hezbollah, ha piazzato i suoi combattenti al fianco di Assad. Ban Ki-moon con inutile baldanzosità e riconoscendo di fatto che Assad non uscirà di scena, aveva invitato l’Iran a partecipare alla conferenza. Solo dopo le proteste dei ribelli ha ritirato l’invito.Meglio tardi che mai. Gli americani avevano mandato a dire che Teheran non poteva presenziare, la Russia che era indispensabile. Tutto mentre Assad continua a provocare bombardando i ribelli (domenica ne ha uccisi 80) e dichiarando che si ricandiderà fra 4 mesi.
Ultimo scenario: a Davos, Rouhani è in testa alla lista di 40 leader mondiali e di 2000 star dell’economia che da domani si riuniranno per la conferenza svizzera. Il presidente dovrà attrarre il maggior numero di grandi investitori. E ci riuscirà. C’è la fila per parlargli.
www.fiammanirenstein.com
La STAMPA - Maurizio Molinari : " L’Onu costretta a rimangiarsi l’invito a Teheran "
Maurizio Molinari Bashar al Assad
Tempesta diplomatica sulla conferenza di pace sulla Siria alla vigilia dell’apertura dei lavori nel Palace di Montreux.
A innescarla è Ban Ki- moon, il segretario generale dell’Onu che domenica sera da New York annuncia a sorpresa l’invito all’Iran, alleato di ferro del regime di Bashar al Assad e nemico giurato dei ribelli. Per Vladimir Churkin, ambasciatore russo all’Onu, «Mosca e Washington erano state preavvertite della mossa». Ma il Cremlino lo avalla con il silenzio mentre Washington reagisce parlando di «sorpresa» ed «errore» con un comunicato del Dipartimento di Stato nel quale chiede al segretario generale dell’Onu di «ritirare l’invito».
Il motivo è la reazione infuriata della «Coalizione nazionale siriana», il fronte di ribelli filo-occidentali che appena 24 ore prima a Istanbul aveva deciso di partecipare a «Ginevra 2» al termine di un duro scontro interno.
Luay Safi, portavoce della coalizione, è perentoria: «L’Iran può partecipare solo se accetta “Ginevra 1” e se ritira tutte le truppe dalla Siria, in caso contrario saremo noi a non partecipare», facendo fallire la conferenza. Il riferimento a “Ginevra 1” è l’obiezione politica che accomuna Washington, Parigi e Riad: nel 2012 il processo partì sulla base dell’intesa sulla creazione di «un governo di transizione con l’inclusione di tutte le parti» ovvero la fine del regime degli Assad, iniziato nel 1970. Anche i ministri europei, riuniti a Bruxelles, ritengono che Teheran debba compiere questo passo. «La palla è nel campo dell’Iran» afferma l’Eliseo. Emma Bonino interpreta la giornata di trambusto come uno dei «scossoni» destinati a segnare la conferenza internazionale di pace.
Ma Teheran respinge le richieste dei ribelli, di Washington, dell’Ue e soprattutto di Ban Ki-moon, che telefona più volte al ministro degli Esteri Javad Zariff chiedendogli di rendere pubblica l’accettazione di “Ginevra 1”. In realtà da Teheran arrivano segnali diversi. La portavoce del ministero degli Esteri spiega che «nel 2012 non abbiamo partecipato a “Ginevra 1” e dunque non possiamo condividerla» e Ali Akbar Velayati, stretto consigliere del Leader Supremo Ali Khamenei, chiude la strada ad ogni compromesso: «Non riconosceremo mai “Ginevra 1” perché significherebbe legittimare i terroristi siriani a cui ci opponiamo».
Se Teheran conferma la difesa del regime è perché Assad non ha intenzione di farsi da parte: «Non c’è grande differenza fra guerriglieri dell’opposizione e islamisti radicali sono tutti terroristi - dice all’Afp - e non vedo perché dovrei rinunciare alla possibilità di candidarmi ancora».
Rafforzato dai successi militari, spalleggiato da Mosca e Pechino, armato da Teheran e con davanti un’opposizione lacerata, Assad fa sapere a Montreux che non si farà da parte. Per la Coalizione nazionale siriana significa che Assad e Teheran vogliono adoperare «Ginevra 2» solo per guadagnare tempo e dunque ribadiscono a Ban Ki-moon che «senza un ritiro dell’invito all’Iran non ci presenteremo» facendo fallire sul nascere la conferenza di pace a cui sono invitate oltre 30 nazioni. Rimasto senza alternative Ban Ki-moon in tarda serata ritira il suo invito a Teheran, ammettendo lo smacco subito.
La giornata diplomatica sulle montagne russe si riflette in quanto avviene a Montreux, dove i negoziati dovrebbero aprirsi domani per continuare venerdì a Ginevra. Teheran cerca di prenotare le stanze ma trova ovunque la barriera del «tutto esaurito» visto che i delegati con le prenotazioni confermate sono oltre mille a cui bisogna aggiungere i partecipanti all’annuale Fiera dell’Orologio: 13 mila presenze per un evento che produce il 10 per cento dell’export elvetico. In affanno anche il personale Onu a Montreux dove, al mattino, alcuni funzionari confessano trafelati ai reporter in arrivo di non saper dove trovare lo spazio per i delegati iraniani come anche le numerose bandiere iraniane destinate ad essere esposte in più luoghi «perché nessuno ci aveva detto che sarebbero servite» e dunque «non le abbiamo stampate».
La STAMPA - Paolo Mastrolilli : " L’ala dura iraniana fa naufragare l’azzardo di Ban Ki-moon "
Bashar al Assad con Ali Khamenei Paolo Mastrolilli
Verso le cinque di domenica sera era tutto fatto: Stati Uniti e Russia erano informati, e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon avrebbe invitato anche l’Iran alla conferenza di Montreux. Grande risultato, perché se pure Teheran si impegnava a sostenere un governo di transizione in Siria, il trono di Assad iniziava davvero a vacillare. Nel giro di poche ore, però, questa potenziale svolta si è trasformata in imbarazzante retromarcia, per la furbizia degli iraniani e l’avventatezza di Ban.
Secondo fonti che hanno seguito dall’interno tutto il negoziato, domenica sono avvenute consultazioni dell’ultima ora per definire la lista degli invitati. Gli Usa avevano premuto per includere il Bahrain, allo scopo di soddisfare una richiesta dell’Arabia Saudita. Ban aveva accettato, ma aveva colto l’occasione per rilanciare, proponendo di aggiungere anche l’Iran. La Russia aveva spinto fin dall’inizio per coinvolgere la Repubblica islamica, anche alla luce di quanto stava avvenendo nel negoziato sul nucleare. Se Teheran sceglieva davvero la strada della responsabilità, della potenza regionale costruttiva, invitarla poteva essere la scelta giusta nell’interesse di tutti.
L’ostacolo era soprattutto il comunicato della conferenza chiamata Ginevra 1, che chiedeva di proseguire le trattative fra il governo e l’opposizione siriana sulla base del piano che prevede la creazione di un governo di transizione condiviso, e quindi senza Assad. L’Iran non si era mai impegnato su questo punto, e ciò lo escludeva automaticamente dal processo. Però Ban, appoggiato dai russi, pensava di poter risolvere il problema. Si era messo al telefono col ministro degli Esteri Zarif, considerato leader della corrente dialogante nella Repubblica islamica, e poco alla volta lo aveva convinto. In cambio del riconoscimento di essere inserita nel gruppo delle potenze regionali responsabili, che poi è il suo obiettivo di lungo termine, Teheran avrebbe fatto un comunicato con cui accettava le condizioni di Ginevra 1.
Il piano, elaborato a quel punto con il consenso dello stesso segretario di Stato americano Kerry, prevedeva che lo scambio sarebbe avvenuto ieri: invito a Montreux da parte dell’Onu, e dichiarazione conciliante da parte dell’Iran. Allora Ban, in genere molto prudente, ha deciso che era inutile continuare ad aspettare. Forte delle rassicurazioni verbali ricevute da Zarif, ha annunciato che anche la Repubblica islamica avrebbe partecipato alla conferenza, sulla base del riconoscimento di Ginevra 1.
Una volta incassato l’invito, però, Teheran non aveva più alcun incentivo a fare la sua parte. I minuti sono cominciati a passare, e poi le ore, senza che dall’Iran arrivasse la dichiarazione attesa da Ban. Gli americani si sono innervositi e hanno messo le mani avanti, pubblicando un comunicato con cui precisavano che la partecipazione della Repubblica islamica sarebbe stata utile solo se avesse riconosciuto la necessità di far nascere in Siria un governo di transizione senza Assad. Dall’altra parte, però, è continuato il silenzio. Qualcuno più in alto aveva bloccato Zarif, oppure gli iraniani si erano semplicemente convinti che potevano vincere la partita senza mettere la loro chip sul tavolo.
Quando a New York è arrivata la mattina di lunedì, pomeriggio in Iran, è diventato evidente che Ban era stato giocato. Gli Usa hanno chiesto il ritiro dell’invito, e un incontro del segretario generale con i giornalisti previsto alle 11 è stato annullato. Un’ora dopo è comparso invece il suo portavoce, Martin Nesirky, per dire che Ban stava valutando le opzioni: gli Usa erano stati informati della sua mossa, ma gli iraniani non avevano mantenuto le promesse. Telefonate frenetiche non sono bastate a smuovere Teheran, e alle 4 del pomeriggio Nesirky ha annunciato che l’invito per Montreux era stato cancellato. Una lezione, anche per il negoziato sul nucleare.
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