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Ugo Volli
Cartoline
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L'attacco alla comunità di Roma 20/01/2014

L'attacco alla comunità di Roma
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

a destra, Riccardo Pacifici

Cari amici,

sono arrivato quasi alla cartolina 1300. Chi mi legge almeno occasionalmente può testimoniare che quasi mai ho parlato qui delle vicende politiche interne all'ebraismo italiano. Penso che sia opportuno evitare di usare un sito esterno all'organizzazione comunitaria come questo per le discussioni, che secondo tradizione sono molto frequenti e animate sull'operato di consigli, presidenti, rabbini, probiviri e altre realtà istituzionali dell'ebraismo italiano.

Ma questa volta trovo necessario farlo, perché mi sembra che ci troviamo di fronte a una situazione molto grave, cioè a un attacco preciso e coordinato al cuore dell'ebraismo italiano, che è la comunità di Roma: la più antica di tutta la diaspora occidentale, essendo la presenza ebraica a Roma documentata almeno dai tempi di Giulio Cesare; la più numerosa in Italia, dato che conta quasi la metà degli ebrei italiani; e anche la sola nel nostro paese che abbia una dimensione autenticamente popolare, un baricentro anche fisico di vita comunitaria (il vecchio Ghetto), una organizzazione sociale che prosegue la coesione e la solidarietà provocata da secoli di convivenza. Roma ha anche un leader, il più popolare e lucido dirigente ebraico in Italia e il più odiato dagli antisemiti di tutte le sorte: Riccardo Pacifici. Anche per merito suo Roma è da decenni anche la comunità ebraica più vicina a Israele, la più appassionatamente sionista. E questa la realtà che si cerca di attaccare e destrutturare oggi, per ragioni essenzialmente politiche, per ambizione personale, per quel fenomeno sgradevole ma così presente nel mondo ebraico che si usa riassumere con l'etichetta dell'odio di sé, per antisionismo puro e semplice. Ma senza la forza e la vita vibrante della comunità di Roma, l'ebraismo italiano, che già è ridotto quasi dappertutto a uno stato residuale o addirittura museale, sarebbe davvero finito: un'esperienza storica consumata, senza la massa critica e l'autorevolezza per contare qualche cosa o semplicemente per riprodursi nel tempo.

Come si è realizzata quest'aggressione? Ci sono due episodi di cui si discute anche sulla stampa (e quindi siamo autorizzati a farlo anche noi qui). Il primo è accaduto qualche notte fa. Un gruppetto di persone estranee alla comunità arriva nella zona del Portico d'Ottavia, dove da sempre c'è stato il ghetto ebraico e ancora oggi si affollano i ristoranti kasher, il Tempio, le scuole ebraiche, le abitazioni di molti ebrei romani. E' stato il teatro della razzia nazifascista del 16 ottobre 1943, il luogo dove un corteo sindacale depose una bara “simbolica” nel 1982 e poco tempo dopo arrivò un commando terrorista a lanciare bombe che ferirono molti e ammazzarono un bambino di tre anni, Stefano Gay Tachè,dove neonazisti ed ultrasinistri hanno sempre provato a fare irruzione, respinti dalla sorveglianza della “piazza”. Un luogo sentito come proprio dal popolo dell'ebraismo romano e sempre difeso contro le minacce numerose che hanno cercato di devastarlo. Alle quattro di notte questo gruppetto (sulla cui appartenenza politica antisemita ho letto valutazioni molto pesanti su Facebook, che non riproduco qui perché non sono in grado di averne conferma) si mette a strappare i manifesti dedicati al lutto per la morte di Sharon. Accorrono delle persone, c'è uno scontro da cui il gruppetto dei provocatori esce respinto, rifugiandosi poi facilmente senza ostacoli presso il vicinissimo presidio di polizia che fa la guardia al Tempio (come purtroppo accade a tutti gli edifici religiosi e sociali ebraici d'Italia, sorvegliati perché minacciati). I provocatori si fanno poi visitare all'ospedale e ricevono uno la prognosi di dieci giorni fino alla guarigione, gli altri di solo due o tre. Insomma, c'è stata una scazzottatura notturna fra un gruppo entrato nel quartiere per distruggere provocatoriamente dei manifesti e un altro che li ha difesi. Nei miei anni lontani di militanza politica di cose del genere ne ho viste tante senza che nessuno ci facesse molto caso. Ma qui c'è un forte sospetto di premeditazione – una sorta di agguato al contrario - e a confermarlo c'è stata immediata l'attenzione della stampa con interviste anche filmate. Il senso di tutto questo scandalo mi sembra chiarissimo: gli ebrei romani, i ragazzi della “piazza” sono dei violenti, degli intolleranti, vanno rimessi a posto.


Tobia Zevi

Qualche giorno prima era accaduto un altro episodio, anch'esso riportato dalla stampa, su cui l'informazione ebraica aveva dato un'informazione pochissimo chiara (http://moked.it/blog/2014/01/15/sinistra-e-israele-forte-tensione-allincontro/) che molti hanno giudicata scorretta, anche sulla stessa testata (http://moked.it/blog/2014/01/16/time-out-le-ragioni-della-protesta/). Che cosa era successo? Un giovane ambizioso politico che appartiene a una nota famiglia ebraica, Tobia Zevi, recente candidato alla segreteria provinciale del PD arrivato al terzo posto, aveva prenotato una sede comunitaria, più esattamente la sinagoga di Via Balbo, per un'attività legata alla sua associazione. Naturalmente la struttura gli era stata concessa, dato il suo ruolo comunitario. Si trattava della ri-presentazione di un libro, peraltro uscito da tempo e già presentato a Roma, “La sinistra e Israele”. 



Giorgio Gomel, Moni Ovadia, Gad Lerner, Renzo Gattegna

Quel che Zevi aveva tralasciato di comunicare ai vertici comunitari, a quel che si è capito, è che intendeva far intervenire alla sua presentazione Giorgio Gomel, una persona che aveva suscitato grande scandalo  nella comunità ebraica un paio d'anni fa polemizzando contro la partecipazione di Riccardo Pacifici al lutto delle vittime di Itamar (vi ricordo, una famiglia intera sterminata nel sonno da due terroristi arabi, compresi tre bambini, il più piccolo di pochi mesi: era passato inosservato, ma poi si mise a piangere per paura e i terroristi che erano già fuori dalla casa tornarono indietro per tagliare la gola anche a lui). Gomel scrisse allora che non poteva considerare le vittime, “coloni” in quanto abitanti oltre le linee armistiziali del '49, in alcun modo “suoi fratelli” e che dunque non vedeva la ragione per compiangerli.  Un punto di vista agghiacciante, di totale cinismo, intollerabile anche sotto il profilo puramente umanitario e soprattutto inaccettabile per il sentire comune degli ebrei italiani, che ha messo Gomel ai margini della comunità romana: sgradito in tutte le circostanze comuni e persino sui media, molto sbilanciati a sinistra, dell'Unione delle comunità ebraiche. Farlo parlare in una sinagoga su “Sinistra e Israele” era una provocazione chiarissima, uno schiaffo in faccia alla comunità –  un po' più grave, per intenderci, che l'invito di Renzi a Berlusconi nella sede del PD, che ha suscitato numerose contestazioni ad opera dei compagni di partito di Renzi, senza che nessuno se ne sia scandalizzato.  Il che era perfettamente noto al giovane ambizioso politico Zevi. Aggiungeteci che un altro relatore era Caracciolo, direttore di Limes, noto per le sue posizioni antisraeliane. E che Zevi era arrivato, a quanto pare a incoraggiare la presenza di un tale che aveva impersonato la presenza ebraica nella flottiglia pro-Hamas, anche se la sua appartenenza all'ebraismo non risulta e di esponenti del gruppuscolo “ebrei contro l'occupazione” (se vi interessa un esempio del loro delirio, leggete qui: http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=95548&typeb=0&-Sono-un-ebrea-che-critica-Israele-e-combatte-per-la-Palestina- ) .


Riccardo Pacifici

Insomma, una manifestazione antisraeliana bella e buona nella sede della comunità più sionista d'Italia: una provocazione intollerabile, come era stato preannunciato da moltissimi interventi nel gruppo Facebook cui lo stesso Zevi partecipa. Il problema non era dato dalla libertà di espressione di Zevi o di Gomel, che nessuno ha mai cercato di impedire, ma sull'agibilità politica di una sede simbolica dell'ebraismo per una manifestazione che era percepita come antisionista e antisraeliana. Come quando in molte università si respingono le manifestazioni fasciste. Zevi era liberissimo di organizzare tutte le presentazioni (o ri-presentazioni) di libri in tutte le sedi che gli fossero piaciute, sezioni del PD, librerie, sedi istituzionali cui ha libero accesso; ma nonostante le richieste di rinunciare a farla nella sinagoga, ha voluto tenerla lì. Perché in questa maniera - da politico giovane ma esperto non poteva non saperlo - se fosse riuscito a tenere l'incontro avrebbe dimostrato che la maggioranza sionista della comunità non teneva; se non ci fosse riuscito avrebbe potuto fare la vittima con il suo partito, con la stampa, con la dirigenza dell'Unione delle Comunità Ebraiche e con la stampa che ne dipende. In effetti ne è sorta una contestazione che, almeno a me che sono abituato alla vita universitaria, è sembrata sostanzialmente moderata. Zevi è stato zitto, ma molti hanno parlato per lui, dando la colpa a Pacifici che non era presente. Anche questa volta lo scopo era una delegittimazione politica della principale comunità ebraica italiana e del suo presidente, che appoggiano per davvero Israele e non sono tiepidi sul tema come gli organismi nazionali.

Che il piano fosse questo si è visto quando il giorno dopo è uscito un post di Gad Lerner (altro esponente del fronte che chiamerò “diversamente ebraico”) sul suo blog, (http://www.gadlerner.it/2014/01/15/clima-da-rissa-alla-comunita-ebraica-di-roma-scissione-in-vista), in cui dopo un violento attacco personale a Pacifici (“ipocrita”), si legge: “ Lo scontro aperto, neanche troppo letterale, svoltosi ieri potrebbe segnare l’inizio di una scissione all’interno della Comunità ebraica della capitale, la più grande del nostro paese. L’anima progressista dell’ebraismo romano, vista l’intolleranza subita a più riprese, potrebbe formare una nuova Beit Hillel, una Keillah per ora piccola, ma plurale, che ha un lato religioso – un rabbino, regolare funzioni – con il proposito di organizzare anche attività culturali. Una nuova struttura che però potrà nascere solo dopo un atto di dissociazione collettivo rispetto all’attuale organizzazione dell’ebraismo di Roma.”  Andate a vedere il link che vi ho segnato, per capire come i fan di Lerner vedono la questione e capirete perché non è improprio chiamare uno che dà luogo a questa gazzarra “diversamente ebreo”.

 La proposta di scissione è stata prontamente ripresa da un altro della stessa tendenza, più estremista antisraeliano o meno ipocrita di Lerner:  Moni Ovadia, che dopo aver annunciato un paio di mesi fa il suo abbandono della comunità ebraica di Milano (operazione già compiuta da Lerner che si è ritirato a Casale, nel cui territorio ha peraltro casa), ha usato un'intervista sul “Fatto quotidiano” (http://80.241.231.25/ucei/Viewer.aspx?Mode=S&ID=2014011926548825) per dare dei “fascisti” alla maggioranza degli ebrei romani e per appoggiare la scissione, che peraltro per ora sembra assolutamente priva di basi.

Io sarò troppo sospettoso, ma mi sembra abbastanza chiaro che tutta l'operazione è stata combinata come un tentativo non tanto di scindere l'ebraismo romano (se ne andrebbero in quattro gatti), quanto di delegittimare Pacifici e quella maggioranza degli ebrei italiani che appoggiano Israele e il suo governo, sono preoccupati del terrorismo a bassa intensità dei palestinesi contro lo stato ebraico e anche del pregiudizio antisraeliano che domina le politiche americane ed europee sul Medio Oriente – una maggioranza che non governa le istituzioni ebraiche a livello nazionale solo per un sistema elettorale particolarmente bizzarro e che non ha quasi diritto di parola suglio organi dell'Ucei. E' probabile che questa operazione, ultimo esempio di una lotta senza esclusioni di colpi che la sinistra ha fatto contro Pacifici e la sua maggioranza, non ottenga i suoi risultati pieni. Ma certo serve a logorare, delegittimare, indebolire. E' una storia su cui bisogna riflettere, un piccolo esempio del modo in cui si può fare politica senza scrupoli per fare del male al gruppo cui, nonostante tutto, si appartiene per amore o per forza. E lo dimostra bene il fatto che Lerner, nonostante tutta la sua correttezza politica e la sua lontananza da Israele, che lui stesso aveva fatto vantare da chi a suo tempo lo aveva raccomandato agli Assad come un giornalista da fare lavorare in Siria “benché ebreo” (http://www.ilgiornale.it/news/mail-repubblicaal-tiranno-siriano-assad.html)  continui ad essere insultato dai suoi nemici politici proprio in quanto ebreo ( http://www.focusonisrael.org/2014/01/17/dichiarazioni-antisemite-bonano-lerner/ ). Questa storia non è conclusa e non mi sento io di trarne la morale, come altri all'interno del mondo ebraico hanno fatto in maniera molto superficiale (http://moked.it/blog/2014/01/19/sbigottite-e-preoccupate/). Concludo solo così: c'è una battaglia in corso all'interno della comunità ebraica italiana per delegittimare il sionismo, innanzitutto nella persona di Riccardo Pacifici. E' una lotta incurante delle conseguenze e anche della plausibilità, che fa uso di mezzi giornalistici, politici e anche di provocazioni vere e proprie. La speranza che nutro è che prevalga il buon senso e l'attaccamento degli ebrei alla loro identità e a Israele. Speriamo che invece di scindere la comunità di Roma, cambi il vertice dell'Ucei e la sua stampa.

Ugo Volli


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