Siria: chi parteciperà alla Conferenza di Ginevra cronache di Maurizio Molinari, Davide Frattini
Testata:La Stampa - Corriere della Sera Autore: Maurizio Molinari - Davide Frattini Titolo: «La partita a scacchi sulla Siria - Assad rilancia e l’Iran va alla conferenza di pace per la Siria»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 20/01/2014, a pag. 15, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " La partita a scacchi sulla Siria ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 12, l'articolo di Davide Frattini dal titolo " Assad rilancia e l’Iran va alla conferenza di pace per la Siria ". Ecco i due articoli:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " La partita a scacchi sulla Siria "
Maurizio Molinari
Si apre fra 48 ore sul Lago di Ginevra la conferenza di pace tesa a porre fine alla guerra civile siriana, che ha già causato oltre 100 mila morti. L’intento dei lavori coincide con l’accordo del 2012 fra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: nascita di un governo di transizione con la partecipazione di esponenti del regime di Assad e dei ribelli per poi andare alle urne. Ma la «road map» è tutta in salita perché i numerosi attori della partita diplomatica hanno interessi ed alleanze non solo differenti ma contrastanti. A prevalere sono i dissidi: fra Usa e Russia, all’interno dei ribelli, fra i Paesi Ue come fra quelli musulmani. Ciò si spiega con il fatto che attorno alla composizione del conflitto si gioca la partita dei nuovi equilibri in Medio Oriente. Con i sunniti anti-Assad, guidati da Riad, e gli sciiti filo-Assad, guidati da Teheran, determinati a imporsi per impedire alla controparte di dominare la regione. In questa sfida l’unico ad avere un obiettivo limpido è Assad che incontrando alcuni deputati russi dice: «Non mi faccio da parte, se avessi voluto arrendermi lo avrei fatto dall’inizio». Il calendario dei lavori riflette l’incertezza: si inizia a Montreux ma da venerdì le delegazioni si trasferiscono a Ginevra, dove i negoziati continueranno senza scadenze. Trattare a tempo indeterminato significa essere consapevoli che un fallimento potrebbe trasformare la Siria nel detonatore di un conflitto più vasto.
Aperture e segnali di disgelo per riconquistare legittimità
Bashar al Assad
Il presidente siriano vuole sfruttare Ginevra per riguadagnare legittimità internazionale, esaltare le lacerazioni dell’opposizione ed essere dunque lui il protagonista di una transizione destinata a preservare il proprio potere. Per questo alla vigilia dei lavori ha compiuto passi tesi a influenzare i lavori: ha proposto il cessate-il-fuoco ad Aleppo, lo scambio di prigionieri con i ribelli e ha facilitato l’accesso di aiuti a Yarmouk per sottolineare la necessità di corridoi umanitari. Assad giocherà a proprio favore anche la carta regionale della sicurezza anti-jihadista, erigendosi ad affidabile argine contro Al Qaeda.
Lo scopo è far cadere il regime Altrimenti ripartirà la lotta
Ribelli siriani
Divisi da strategie negoziali, tattiche militari e convinzioni politiche, i gruppi ribelli riuniti nella «Coalizione nazionale siriana» hanno accettato controvoglia di partecipare alla Conferenza di Ginevra e, pur tardando ancora a nominare la propria delegazione, si propongono di raggiungere l’accordo su una «road map» che porterà alla sostituzione di Assad con un regime di transizione destinato a guidare la Siria verso le elezioni che sentono di poter vincere. I leader del ribelli pro-occidentali ritengono però che se la conferenza non dovesse dare il benservito ad Assad il loro compito sarebbe di tornare a combattere.
Kerry punta a un governo per portare il Paese al voto
John Kerry
Il Segretario di Stato Usa, John Kerry, vuole creare un «governo transizione con pieni poteri esecutivi» che includa «membri del governo e dell’opposizione» per accompagnare la Siria a libere elezioni nella quali Bashar Assad non sarà candidato. L’amministrazione Obama ritiene che tale possibilità esista grazie alla marcia indietro intrapresa dal regime di Assad, che si è impegnato a disfarsi delle armi chimiche dimostrando la «volontà di cooperazione» con la comunità internazionale pur di non subire l’intervento militare Usa. Il più importante alleato di Kerry è Lakhdar Brahimi, l’inviato Onu sulla crisi. Il tallone d’Achille americano è la scarsa coesione fra i ribelli che arma e finanzia.
Mosca vuole porti e basi Difenderà l’alleato siriano
Vladimir Putin
Mosca è la protagonista più credibile a Ginevra. Il Cremlino è riuscito a evitare il crollo di Assad, lo ha convinto al disarmo chimico, ha scongiurato l’attacco Usa e ora ha nel ministro degli Esteri Lavrov il regista delle mosse di Assad per restare al potere. L’interesse del Cremlino è mantenere in piedi l’alleato siriano o garantirgli un’onorevole via d’uscita per consentire al partito Baath di continuare a guidare Damasco, garantendo alla Russia l’accesso a basi navali, stazioni dell’intelligence e sfruttamento di gas e petrolio nel Mediterraneo. L’unico smacco è stato il mancato invito all’Iran ma, a ben vedere, ha consentito a Putin di rafforzare il legame con Rohani.
La Ue avanti in ordine sparso Spunta l’asse Parigi-Riad
Francia/Arabia Saudita
Fra i 30 Paesi inviati alla conferenza 7 appartengono all’Unione europea ma le loro posizioni non coincidono. Londra appoggia la linea di Washington, Berlino e Madrid sono favorevoli ad un compromesso, Parigi è la più determinata sostenitrice dei ribelli sulla linea anti-Assad e l’Italia avrebbe visto di buon occhio una partecipazione dell’Iran ai lavori. Anche gli 11 Paesi arabi presenti si presentano in ordine sparso ma fra loro quello più determinato a sostenere le ragioni dei ribelli è l’Arabia Saudita. Da qui la possibilità che dalla conferenza esca un asse strategico Parigi-Riad destinato a inaugurare nuovi equilibri nel Golfo.
Isis e al-Nusra convitati di pietra L’obiettivo è uno stato islamico
Terroristi di Jabhat al Nusra
Nessuno li ha voluti a Ginevra e loro non hanno desiderato andarci ma potrebbero trasformarsi nei protagonisti della settimana che si apre perché tenteranno di conquistare la ribalta con la forza delle armi. Nemici di Assad, spietati avversari degli altri gruppi ribelli e pure in guerra fra loro - basti pensare alla faida fra Al Nusra e Isis - i jihadisti che si richiamano all’ideologia di Al Qaeda perseguono il fallimento di «Ginevra 2» per potersi avvicinare all’obiettivo ideologico più desiderato: la nascita di uno Stato jihadista sunnita fra Siria e Iraq per archiviare ciò che resta dei confini del Medio Oriente tracciati dopo la Prima Guerra Mondiale.
CORRIERE della SERA - Davide Frattini : " Assad rilancia e l’Iran va alla conferenza di pace per la Siria "
Davide Frattini
GERUSALEMME — Blindati, radar, sistemi per la guerra elettronica, ricambi per gli elicotteri, bombe a guida laser, armi leggere. I generali di Bashar Assad chiedono, gli aerei Antonov recapitano. La lista della spesa militare (recente) è stata rivelata dall’agenzia Reuters senza che Mosca smentisse. I russi vogliono rinvigorire il regime adesso che c’è da discutere il cessate il fuoco. E vogliono proteggere il loro investimento bellico-strategico al punto da forzare le parole del presidente siriano. «Se avessimo voluto abbandonare, ce ne saremmo andati all’inizio. Proteggiamo il nostro Paese, la questione è fuori discussione», gli fa dire l’agenzia Interfax . Assad avrebbe espresso la volontà di rimanere al potere a una delegazione di deputati e leader religiosi russi. Il proposito è inaccettabile per gli americani e per l’opposizione, soprattutto se proclamato a pochi giorni dal vertice di Ginevra che comincia mercoledì. Così i portavoce del leader hanno preferito smentire gli alleati più fedeli: la frase di Bashar è stata riportata in modo «inaccurato» e il presidente «non ha concesso alcuna intervista a Interfax ». La posizione di Bashar si rafforza alla vigilia dell’incontro: l’Iran alla fine è stato invitato — l’annuncio è di Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite — e ha accettato. Poche settimane fa un diplomatico di Teheran aveva ripetuto: «Dovrebbero far parlare le nazioni che hanno influenza nel Paese. Escluderci è dannoso». Le fessure nell’intesa tra Damasco e Mosca — mai messa in discussione durante i quasi tre anni di conflitto e i 150 mila morti — non sono paragonabili alle crepe con cui la coalizione dei rivoltosi si presenta in Svizzera. Dei 120 delegati invitati sabato a decidere se partecipare o meno alla Conferenza se ne sono presentati 75 e di questi ha votato a favore solo 58. Per Washington è comunque un successo e John Kerry, il segretario di Stato americano, prova a incoraggiare: «La mediazione sarà difficile, resteremo al fianco del popolo siriano». L’apertura agli iraniani non può essere arrivata senza il consenso degli Stati Uniti. Per convincere l’opposizione Kerry ha ribadito che «qualsiasi soluzione politica non comprende Assad. Se pensa di far parte del futuro, deve sapere che non succederà». Adesso la presenza di Teheran sembra rimettere in discussione la partecipazione e il Consiglio nazionale in esilio minaccia di rinunciare. Il regime prova a dimostrare di essere a disposto a concessioni e per la prima volta in cinque mesi ha permesso a qualche aiuto umanitario di raggiungere il campo per i rifugiati palestinesi di Yarmuk, nella capitale, sotto assedio e bombardato dall’esercito perché in parte controllato dai ribelli. Sarebbero anche stati evacuati gli anziani e i malati. Eppure — raccontano gli attivisti al New York Times — queste mini-tregue localizzate sembrano solo diversivi per cercare di guadagnare terreno: in altre zone per ottenere il cibo gli abitanti affamati e stremati hanno dovuto permettere ai soldati «lealisti» di issare la bandiera del regime sulle loro case, una resa filmata dalle telecamere della televisione di Stato. Tutti accelerano le operazioni prima di Ginevra. Nelle province a nord, verso il confine con la Turchia, dal 3 gennaio i ribelli locali stanno cercando di sloggiare i miliziani fondamentalisti dell’Esercito islamico dell’Iraq e del Levante e stanno sorprendendo gli analisti militari perché sembrano aver riconquistato le aree dove spadroneggiavano gli «stranieri» (jihadisti arrivati dai Paesi del Golfo, dalla Cecenia, dall’Europa e dal Nord-Africa). Al punto che lo sceicco alla guida dell’Isil avrebbe invocato la fine degli scontri per «concentrarsi contro il regime».
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