Una nuova speranza per l’Egitto ?
Analisi di Zvi Mazel
(Traduzione di Angelo Pezzana)
http://www.jpost.com/Egypt/Outcome-of-constitutional-referendum-New-hope-for-Egypt-338606
in alto: Abdel Fattah Al Sissi
L’Egitto ha superato il primo ostacolo della road map disegnata da Abdel Fattah Al Sissi dando vita al governo provvisorio dopo la cacciata del presidente Morsi. In base ai risultati del referendum sulla nuova costituzione ( votanti 38,6 %, ha votato sì il 95%) , Sissi ha intascato le legittimazione di cui aveva bisogno, non solo in Egitto, ma anche in Occidente, dove l’essersi liberato del regime della Fratellanza Musulmana e del suo “eletto” presidente veniva giudicato nient’altro che un inaccettabile colpo di stato militare. Il 95% di sì non è una impresa da poco, anche se non ci riporta ai tempi sciagurati delle maggioranze bulgare ottenute da leader come Mubarak, Gheddafi e altri, che non esitavano a gonfiare i numeri che ne rendevano dubbi i risultati nei Paesi democratici.
Qui però la situazione è alquanto differente. Ciò che è accaduto è più una dimostrazione di fiducia in Sissi che non una approvazione della costituzione, che la maggioranza degli egiziani non ha nemmeno letto, né l’avrebbe capita.
Probabilmente è la costituzione meno islamica e più democratica che l’Egitto ha avuto dai tempi di Sadat. In ogni caso la valanga di “sì” è un segnale per Sissi nella corsa alla presidenza.
Il Paese ha attraversato tre anni di turbolenze e insicurezze sin da quando Mubarak era caduto. La rivolta ha procurato più di 3.000 vittime e un grande numero di feriti, l’economia è allo sbando, di turisti non se ne vedono più e la disoccupazione è altissima. Ancora peggio era la perdita della speranza, la sensazione che la rivoluzione che avrebbe dovuto portare un regime democratico e il rifiorire dell’economia dando un futuro migliore agli egiziani aveva fallito.
Oggi il generale Abdel Fattah al Sissi appare come l’ultima risorsa. Rappresenta l’esercito, l’istituzione più rispettata e amata nel Paese perché simbolo dell’unità e della difesa della sicurezza. E’ anche vero che, malgrado il fatto che il Consiglio supremo delle Forze Armate che prese nelle proprie mani il potere dopo la caduta di Mubarak, ha dimostratola sua incapacità di restaurare la stabilità e la rinascita dell’economia. Ancora una volta gli egiziani cercano un uomo forte che metta fine all’anarchia, ridia vita ad una stabilità risolvendo i problemi scottanti che tormentano il Paese.
Ma c’è ben altro, e Sissi ha delle buone ragioni per preoccuparsi. Aveva sperato in una maggiore affluenza alle urne, almeno sopra il 50%, per dimostrare il sostegno di una base popolare più vasta. Ha ottenuto il 38,8% dei votanti, ma rispetto al 62% dei sì alla costituzione dei Fratelli Musulmani, ha ottenuto il 95% dei consensi. Molti egiziani sono stati infatti riluttanti ad affidarsi ad un altro generale, dopo Mubarak e Nasser. Anche se, in base alla costituzione, Sissi dovrebbe lasciare l’esercito per presentarsi quale candidato.
Va anche detto che la Fratellanza e i suoi alleati, i partiti Gama’a al Islamiiya, Al Watan e Al Wasat, hanno boicottato il referendum, sperando che una forte astensione avrebbe dimostrato che il nuovo regime non godeva di quel vasto sostegno propagandato dai media. M si è rivelato un calcolo sbagliato, se avessero partecipato al referendum avrebbero probabilmente ottenuto dal 20 al 25% dei voti, dando visibilità alla loro forza in vista delle prossime elezioni parlamentari in un momento in cui i partiti non islamici sono ancora frammentati.
Nemmeno il settore islamico è unanime: il movimento Al Dawa al Salafiya, attraverso il partito Al Nour, ha raccolto il 23% dei voti nelle elezioni parlamentari del 2012, dove era per il “sì”. Erano in contrasto con i Fratelli, che li ignorarono quando arrivarono al potere non assegnandogli nessun posto di governo.
La Fratellanza vinse una insperata possibilità di governare il Paese, ma non colse l’occasione. Secondo il libro appena pubblicato “ Intihar Al Ikwan”- il suicidio dei Fratelli- di Amar Ali Hassan, devono soltanto dire mea culpa.
Sissi e i suoi alleati hanno ottenuto una vittoria significativa, ma devono dare prova di saperla sfruttare. Il generale annuncerà con ogni probabilità la sua candidatura, e sarà sicuramente eletto. Malgrado ciò, sa che la fiducia popolare è condizionata. Deve dimostrare che dedicherà ogni energia a risolvere i mali dell’Egitto; se dovesse riproporre un’altra dittatura militare, la gente scenderebbe di nuovo in strada, sprofondando l’Egitto di nuovo nell’anarchia.
I Fratelli Musulmani non gli renderanno la vita facile. Continueranno a lottare, anche fino alla morte. Per ora rifiutano di accettare il loro fallimento, malgrado il referendum abbia trasferito il potere dalle loro mani a quelle del nuovo regime. Adesso è sempre più difficile per loro trascinare i militanti nelle strade, stanno ricorrendo alla violenza, non esitano a ricorrere alle armi, provocando la reazione delle forze di sicurezza con sempre più vittime da entrambe le parti.
I movimenti jihadisti e salafiti si stanno unendo alla rivolta, lanciando attacchi terroristici secondo la migliore tradizione islamica.
Questo renderà più difficile il ritorno alla stabilità e al progresso in economia e nei problemi legati al sociale, ma si prevede un calo progressivo della violenza. Va ricordato che il terrorismo islamico non si era mai fermato durante i lunghi anni di Mubarak; nel 1997, per esempio, più di 57 turisti vennero trucidati in un attentato a Luxor. Nella Penisola del Sinai gli estremisti salafiti e altri gruppi jihadisti continueranno gli attentati contro obiettivi civili e militari, ma l’esercito sta prendendo il sopravvento anche se per ora non riesce a sradicarli completamente.
Negli ultimi mesi l’esercito ha inviato nell’area sempre più soldati, con il via libera da parte di Israele, causando serie perdite ai ribelli. L’Egitto sta minacciando di rivolgere la propria ira su Hamas a Gaza, che aiuta e favorisce i movimenti terroristici che minacciano la sicurezza dell’Egitto.
Secondo la road map, le elezioni presidenziali e parlamentari si dovranno tenere entro sei mesi, dopo che vera ratificata la costituzione.
Ma prima ci sarà l’ elezione del presidente. Se Sissi verrà eletto, come si prevede, i partiti non islamici verranno incoraggiati a lavorare insieme, per presentarsi in un unico fronte per bloccare i partiti islamici prima delle elezioni. Non sarà comunque facile,nei prossimi mesi ci saranno più dimostrazioni e più violenze. Ma alla fine, le elezioni parlamentari introdurranno una nuova era. Toccherà allora a Sissi e ai nuovi governanti dimostrare agli egiziani che la loro fiducia non gli era stata data invano.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. I suoi editoriali escono sul Jerusalem Post. Collabora con Informazione Corretta