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La vertenza contro Ariel Sharon in Belgio: Analisi di una causa (Traduzione di Angelo Pezzana) Irit Kohn ha diretto il Dipartimento Internazionale del Ministero della Giustizia di Israele nel 1982. Ha poi guidato la delegazione israeliana in questa vertenza. Nel 2011 è stata eletta Presidente della Associazione Internazionale degli avvocai e giuristi ebrei. “ Nel 1982, durante la Guerra del Libano, le milizie cristiane libanesi uccisero centinaia di palestinesi nei campi rifugiati di Sabra e Shatila. Nel giugno 2001, diversi sopravvissuti e famigliari delle vittime denunciarono a un tribunale belga non coloro che erano stati diretti responsabili del crimine, molti dei quali erano noti. La denuncia citava invece il Primo Ministro israeliano Ariel Sharon, il Capo di Stato maggiore nel 1982 Rafael Eitan e l’allora Capo del Comando Nord, il general Amos Yaron” “ In quell’anno- racconta Irit Khon- la legge belga aveva giurisdizione universale sui crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidi, non importa qual’era il Paese coinvolto. Qualunque privato cittadino in Belgio o in qualunque altra parte del mondo, poteva denunciare chiunque a un tribunale belga, il cui sistema consentiva l’apertura di un processo per atti criminali. “ Anche se da quel crimine di massa delle milizie cristiane libanesi erano passati molti anni, le denunce erano ovviamente motivate politicamente. Avevano infatti atteso che Sharon diventasse Primo Ministro di Israele per poterlo accusare di crimini di guerra. Sharon, in qualità di Ministro della Difesa nel 1982, alleato delle milizie cristiane, avrebbe dovuto sapere che se fossero riuscite ad entrare nei campi rifugio palestinese, ci sarebbe stato un massacro, recitava la denuncia. “ Io avevo sostenuto con forza che avremmo dovuto difendere il nostro Primo Ministro, perchè le leggi europee sull’estradizione stabilivano che se Sharon avesse voluto visitare un Paese europeo, il Belgio avrebbe potuto emettere un mandato di cattura contro di lui. Dato che molti Paesi europei avevano dei trattati di estradizione con il Belgio, questo significava in pratica che Sharon non avrebbe più potuto mettere piede in Europa. Se l’affare diventava dominio di un tribunale belga senza che noi l’avessimo impedito, i giudici si sarebbero basati solo sui fatti presentati dall’accusa. “ All’inizio noi ritenevamo, come in ogni Stato democratico, che il prosecutore di Stato agisse con discrezione nel decidere se era il caso di rubricare l’accusa come atto criminale. Poi divenne chiaro come in questo caso quel principio democratico non era stato accolto. “ Noi abbiamo sostenuto che l’accusa era motivate politicamente.Il massacro di Sabra e Shatila è stato oggetto di indagine in Israele da parte di un comitato con a capo il Presidente della Corte Suprema, il giudice Yitzhak Kahan. Sapevamo che a Sabra e Shatina non c’era nessun soldato israeliano durante il massacro. “ Il giudice belga che guidava l’indagine aveva accettato la nostra posizione e decise che non vi erano motivi per proseguire. Concluse che i responsabili erano le milizie cristiano libanesi, che invece non erano state denunciate. “ Le denunce vennero allora portate alla Corte d’Appello belga. Il Procuratore Generale del Belgio, si espresse in nostro favore davanti alla Corte d’Appello. Nel 99% dei casi l’opinione del procuratore generale viene accolta davanti alla Corte d’Appello. Invece il 12 febbraio 2003, il tribunale si schierò contro di noi. Un verdetto politico, così fu il nostro giudizio. “ Nel preparare la causa, ho consultato le varie giurisdizioni di molti paesi, inclusi quelli europei. Tutti, tranne il Belgio, prevedevano la presenza del Paese a cui si riferiva la denuncia prima ancora che iniziasse l’indagine. “ Questo convinse I belgi a chiudere la partita. Finalmente avevano capito che stavano agendo contro i loro propri interessi. Il parlamento si decise a cambiare la legge, approvando degli emendamenti che avrebbero poi creato dei problemi a future denunce. Per esempio, il denunciante doveva aver vissuto in Belgio almeno per tre anni, e avere dei fondati legami con crimine avvenuto e i danni causati agli interessi del Belgio. “ All’inizio ci fu un tentativo a livello parlamentare di non escludere i tre israeliani dalla legislazione internazionale, ma solo i tre americani. Ma questo non avrebbe escluso che il processo contro Sharon era politico. Infine, venne deciso che un passo simile non avrebbe avuto alcun supporto giuridico”. L’edizione integrale di questa intervista è stata pubblicata nel libro di Manfred Gerstenfeld “ European- Israeli relations: tra confusione e cambiamento” (Jerusalem Center for Public Affairs, Konrad Adenauer-Stiftung, 2006) Manfred Gerstenfeld è presidente emerito del “Jerusalem Center for Public Affairs” di Gerusalemme. Ha pubblicato più di 20 libri. E’ stato di recente ristampato il suo libro “ Israel’s New Future” con una nuova introduzione e il nuovo titolo di “Israel’s New Future Revisited”. |
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