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Il Giornale Rassegna Stampa
17.01.2014 Israele, la proposta di un deputato per limitare l'utilizzo di parole legate al Nazismo
ma non è ancora una legge, il dibattito è aperto. Cronaca di Rolla Scolari

Testata: Il Giornale
Data: 17 gennaio 2014
Pagina: 1
Autore: Rolla Scolari
Titolo: «Israele vuole vietare la parola 'nazista': carcere per chi la dice»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 17/01/2014, a pag. 1-15, l'articolo di Rolla Scolari dal titolo " Israele vuole vietare la parola «nazista»: carcere per chi la dice ". 


Rolla Scolari        Shimon Ohayon, deputato israeliano

Il titolo del pezzo non è corretto. Israele non vuole vietare nessuna parola.
Tutto è nato dalla proposta di un deputato che vorrebbe limitare l'utilizzo a sproposito e fuori dal contesto storico di termini legati al Nazismo e alla Shoah per delegittimare Israele.
Non c'è ancora nessuna legge e il dibattito - molto polemico-  è tutt'ora aperto.
Ecco il pezzo:

Il Parlamento israeliano ha approvato in via preliminare mercoledì un disegno di legge che vieta il termine «nazista» e la rappresentazione di simboli legati al Terzo Reich, se non uti­lizzati per propositi educativi o storici. La proposta di un depu­tat­o del partito laico di destra Yi­srael Beytenu, in coalizione con il Likud di Benjamin Netan­yahu - era stata già approvata domenica da una commissio­ne ministeriale. Ci vorrà tempo (e altre votazioni del Parlamen­to) prima che la mozione diven­ti una legge, abbastanza per far crescere il dibattito che si è aper­to in questi giorni sulla questio­ne in Israele. Nel dettaglio,il disegno di leg­ge si pro­pone di rendere un cri­mine l’utilizzo del termine «na­zista » e di bandire ogni uso, che non sia a scopo educativo o sto­rico, di ogni simbolo legati al re­gime nazista e all’Olocausto, pena una multa pari a 20mila euro e il carcere fino a sei mesi. All’origine del documento c’è un deputato, Shimon Ohayon, secondo il quale in Israele, nel­la routine politica ma anche nel gergo giovanile, il termine «na­zista » come offesa sarebbe di­ventato di uso comune. Il New York Times ha raccolto alcuni esempi: su Facebook è compar­sa recentemente la fotografia del ministro delle Finanze - ri­toccata- con indosso un’unifor­me delle SS; nel 2011 per mani­festare contro la leva militare obbligatoria, un gruppo di ul­traortodossi ha vestito alcuni bambini con le casacche a ri­ghe indossate dagli ebrei nei campi di concentramento tede­schi; un commentatore sporti­vo ha definito «Gestapo» un ar­bitro di pallacanestro; in una manifestazione al Muro del Pianto di Gerusalemme la folla arrabbiata ha gridato contro la polizia: «Tornate in Germa­nia ». La stampa israeliana, pe­rò, ricorda come non si tratti di un fenomeno recente: nel 1994, in una manifestazione comparve la fotografia di Yi­tzhak Rabin, il premier che sa­rebbe stato assassinato l’anno dopo, con un’uniforme nazi­sta. E durante i tesi giorni del riti­ro is­raeliano dalla Striscia di Ga­za del 2005, molti coloni evacua­ti hanno chiamato «nazisti»i po­liziotti che li portavano via dal­le loro case. «Sfortunatamente - è scritto nel disegno di legge-il fenome­no dell’uso di simboli ed epiteti nazisti è cresciuto negli ultimi anni.L’intollerabile leggerezza dell’utilizzo quotidiano di que­sti concetti come parte del di­scorso politico, nell’evidente mancanza di rispetto dei senti­menti dei sopravvissuti del­l’Olocausto e dei loro familiari, è riprovevole». Così, mentre la Francia si ac­capiglia sulla censura al comi­co Dieudonné e al suo contro­ve­rso spettacolo accusato di an­tisemitismo, in Israele il dise­gno di legge solleva le critiche di chi percepisce la proposta co­me un attacco alla libertà d’espressione.In Europa,alcu­ni governi hanno bandito l’uti­lizzo di simboli legati al Terzo Reich per arginare tendenze neo-naziste. Israele - scrive il New York Times - «sembra più rispondere alla trivializzazione del termine» legato a un passa­to troppo doloroso. Il Paese è spaccato: «Sono la fi­glia di un sopravvissuto del­l’Olocausto - ha detto l’ex lea­der laburista Shelly Yachimovi­ch - ma chiedo a tutti di votare contro questa legge». «Siete di­ventati pazzi- dice Zahava Gal­On, della sinistra di Meretz- set­timana dopo settimana state tentando di ridurre al silenzio la popolazione e prevenire la li­berà d’espressione». La critica che forse peserà di più sul futuro della proposta è arrivata dal procuratore gene­rale Yehuda Weinstein, secon­do il quale ci sono problemi co­stituzionali legati al disegno di legge. In una lettera ai deputati, il procuratore ha scritto:«E’ giu­sto in uno stato democratico vietare un intero mondo di im­magini dal discorso politico per proteggere i sentimenti del­la popolazione? Non tutti i com­portamenti che offendono il pubblico devono essere trattati come un crimine».

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