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Il Manifesto Rassegna Stampa
16.01.2014 Anche quando Israele non c'entra un tubo, Giorgio ce lo ficca
il quotidiano di Rocca Cannuccia sempre in prima linea contro lo Stato ebraico

Testata: Il Manifesto
Data: 16 gennaio 2014
Pagina: 1
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Per Hariri 'giustizia' ad hoc»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 16/01/2014, a pag. 1-6, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "Per Hariri «giustizia» ad hoc".


Michele Giorgio

Come si può leggere dalle prime righe del pezzo, "Si apre oggi all'Aja il Tribunale speciale dell'Onu che accusa il movimento sciita Hezbollah per l'uccisione nove anni fa in un attentato a Beirut del primo ministro Hariri. ".
Ovviamente, essendo implicato nell'omicidio, il capo di Hezbollah, Nasrallah, ha già lanciato diverse accuse al tribunale, che sarebbe "
uno strumento degli Stati uniti e di Israele contro la resistenza libanese".
Una dichiarazione talmente ridicola da poter trovare posto solo sulle pagine del quotidiano comunista, sempre pronto a puntare il dito su Israele.
Giorgio, infatti, non nasconde di condividere la posizione di Nasrallah e scrive "
tanto impiego di risorse ed energie da parte del Libano (o di una parte di esso), tanto sostegno occidentale (americano e francese), non si è visto per stragi e altri omicidi eccellenti (...) il Libano non ha mai seriamente insistito perché fossero portati davanti a un giudice internazionale i responsabili (si conoscono) del massacro di tremila palestinesi nei campi profughi di Sabra e Shatila compiuto nel settembre 1982 a Beirut.".
E chi è responsabile del massacro di Sabra e Shatila?
Giorgio non ne fa il nome in questo articolo, ma l'ha fatto nei giorni scorsi in un articolo ripreso da IC (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=52018). Ariel Sharon, ovviamente.
Una commissione ha indagato al riguardo, arrivando alla conclusione che Sharon non fu responsabile dei massacro, ma questo che cosa c'entra?
Israele e i suoi politici sono sempre colpevoli.
Israele c'entra sempre, anche quando non c'entra. 

Si apre oggi all'Aja il Tribunale speciale dell'Onu che accusa il movimento sciita Hezbollah per l'uccisione nove anni fa in un attentato a Beirut del primo ministro Hariri. Per il leader Hassan Hezbollah Nasrallah l'assise è « uno strumento degli Stati uniti e di Israele contro la resistenza libanese». Qualcuno, come l'agenzia francese Afp, ha scritto che il processo al Tribunale Special per il Libano (Tsl) che si apre oggi all'Aja, per l'uccisione nove anni fa in un attentato dell'ex premier anti-siriano Rafiq Hariri, sarà un'opportunità «rara» per «fare chiarezza» e giustizia in un Paese dove stragi e attentati politici rimangono sempre impuniti. Ecco il punto. Perché proprio nel caso dell'assassinio di Hariri è stata creata una corte internazionale ad hoc? Certo, è diritto della famiglia Hariri e dei libanesi vedere assicurati alla giustizia i responsabili di un attentato sanguinoso (14 febbraio 2005) costato la vita all'ex premier e ad altre 22 persone. Tuttavia tanto impiego di risorse ed energie da parte del Libano (o di una parte di esso), tanto sostegno occidentale (americano e francese), non si è visto per stragi e altri omicidi eccellenti del Paese dei Cedri. Il Libano non ha mai seriamente insistito perché fossero portati davanti a un giudice internazionale i responsabili (si conoscono) del massacro di tremila palestinesi nei campi profughi di Sabra e Shatila compiuto nel settembre 1982 a Beirut. La risposta all'interrogativo è che il processo all'Aja non serve tanto a «fare giustizia» ma a conseguire obiettivi nella politica interna libanese. Per Saad Hariri, figlio di Rafiq e leader sunnita, e per il fronte filo-occidentale «14 marzo» (sostenuto dall'Arabia saudita), il processo sarà un formidabile atto d'accusa contro avversari politici e nemici. Gli imputati infatti sono militanti del movimento sciita Hezbollah (alleato della Siria di Bashar Assad e dell'Iran, «l'asse del male»). Si tratta di Salim Ayyash, Mustafa Badreddin, Hussein Oneissi e Assad Sabra (è latitante Hassan Merhi, l'ultimo a essere incriminato). Non compariranno davanti al Tsl perché il movimento sciita si rifiuta di consegnarli. Il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, afferma che il Tsl è uno «strumento delle politiche americane e israeliane» per colpire disarmare la resistenza libanese, ossia i combattenti sciiti. Anche Nasrallah gioca la sua partita sullo scacchiere politico interno e regionale e, al momento, nessuno può ragionevolmente escludere che i cinque imputati siano i responsabili effettivi dell'attentato ad Hariri. Tuttavia è arduo dare torto al leader di Hezbollah quando ricorda la genesi «politica» del Tsl e lo sviluppo certo poco lineare delle indagini. L'assassinio di Hariri avvenne al culmine di una campagna di attentati in cui rimasero uccisi esponenti politici e giornalisti schierati contro la Siria. Per questo i libanesi nemici di Damasco puntarono subito, con il pieno appoggio di Washington e Parigi, l'indice contro Assad che fu costretto qualche, mese dopo a ritirare le migliaia di soldati che la Siria manteneva in Libano a presidio formale degli accordi di Taif che nel 1990 avevamo messo fine alla guerra civile. Il Tribunale, istituito dall'Onu (su forte pressione Usa) ha iniziato i lavori il 1 marzo 2009 ma le indagini andavano avanti da tempo, sempre sulla pista del coinvolgimento di forze uomini dei servizi legati alla Siria. Lo stesso Tsl però fu costretto ad ordinare, poco dopo la sua nascita, la clamorosa scarcerazione per totale mancanza di prove di quattro ex generali libanesi - Jarnil Sayyed, ex capo della sicurezza, Ali Hajj, ex capo della polizia, Raymond Azar, ex capo dell'intelligence militare, Mustafa Hamdan, ex capo della guardia presidenziale — sbattuti in carcere dopo l'assassinio di Hariri solo perché erano vicini a Damasco. Qualche settimana dopo, con l'effetto di una bomba, il settimanale tedesco Der Spiegel scriveva di aver appreso che i responsabili dell'assassinio di Hariri «sono membri di Hezbollah» scatenando la reazione furibonda di Nasrallah che denunciò un «complotto» avvertendo che il movimento sciita non avrebbe consegnato. Da allora è scambio di accuse. La guerra civile in Siria e le ricadute in Libano, l'appoggio di Hezbollah a Damasco e la presenza di tanti sunniti libanesi tra i ribelli antiAssad, aggiungono benzina al fuoco dello scontro. Mentre gli attentati dilaniano il Libano sull'orlo di una nuova guerra civile. Il processo che si apre oggi all'Aja non potrà che accrescere lo scontro interno tra Hariri e Hezbollah in nome di una giustizia una tantum al servizio di interessi locali e regionali.

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