Viva la naftalina !
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Abu Mazen
Cari amici,
permettetemi innanzitutto una piccola cerimonia. E' proprio il caso di festeggiare una specie di di compleanno. Proprio in questi giorni, esattamente il 9 gennaio, infatti ricorre il quinto anniversario della non-rielezione di Mahmoud Abbas, ex presidente in carica dell'Autorità Palestinese, che è scaduto il 9 gennaio del 2009 e non si è mai sognato di mettere più in palio la sua carica. Da cinque anni, dunque, ricopre un incarico cui non ha più alcun diritto - salvo il suo stesso decreto di proroga. Come se l'Inter fosse riuscita a sospendere il campionato a partire dal 2009 e girasse ancora con lo scudetto sulla maglia. Come se negli Stati Uniti Bush avesse deciso che non bisognasse fare le elezioni e nessuno avesse mai sentito parlare di un giovane senatore chiamato Barack Obama (questo in realtà forse non sarebbe stato un danno, ma la democrazia è fatta di principi e procedure, il giudizio sugli uomini viene dopo); o in Francia comandasse non Hollande né Sarkozy, ma ancora Chirac, in Gran Bretagna Gordon Brown o addirittura Blair, in Italia Berlusconi o forse persino Prodi eccetera eccetera. Un altro mondo, diciamo sotto naftalina. Anche il parlamento in realtà è scaduto da un'intera legislatura, ma almeno non viene mai convocato, è una entità illegittima ma anche inseistente. Mentre lui, Naftalina, il presidente lo fa, anche se non ha alcun titolo per pretenderlo.
Ci vuole un bell'attaccamento alla poltrona e una bella faccia tosta a dirsi "presidenti" in questa condizione, anche di più se si governa solo metà del territorio (Gaza è in mano a Hamas da prima che Abbas scadesse). Comunque, complimenti a lui, chapeau, e anche a quelli che gli danno credito, magari lamentandosi che in Egitto c'è un potere non democratico, come fa il mancato presidente degli Usa Obama e il suo non segretario di stato Kerry (http://thisongoingwar.blogspot.it/2014/01/12-jan-14-mr-abbas-some-words-to-mark.html ). Magari ce lo terremo fino alla morte, quel grigio burocrate che dicono abbia curato la logistica per alcuni dei più sanguinosi attentati, compreso quello di Monaco e che certamente è autore di un libro (si fa per dire, l'edizione di una tesi di laurea all'università Lumumba di Mosca, che non è esattamente Harvard, pubblicata da editori arabi compiacenti) il cui contenuto sono tesi negazioniste della Shoà che in buona parte d'Europa gli costerebbero un bel processo. E dopo di lui, secondo lo stile arabo della democrazia, magari verrà suo figlio, che nel frattempo si sta facendo i soldi per poter servire dopo la patria con francescana umiltà... Ma comunque, un presidente usurpato per fare uno stato con un nome e una storia usurpata (http://elderofziyon.blogspot.it/2014/01/i-was-wrong-there-really-are.html? ) ha una sua logica, non vi pare?
Nel frattempo però l'usurpatore si dà da fare, naturalmente sotto il titolo che non merita. Leggete questa notizia pubblicata da Israele.net: "Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha ribadito sabato il suo rifiuto di riconoscere Israele come stato nazionale del popolo ebraico. “Noi non riconosceremo né accetteremo l’ebraicità di Israele – ha detto in un incontro nel suo ufficio con decine di residenti di Gerusalemme est – e abbiamo molte ragioni per non farlo. Noi non amiamo la morte – ha aggiunto – ma accogliamo con favore il martirio, se accade. Noi marceremo su Gerusalemme a milioni come persone libere ed eroi”. Sui colloqui di pace in corso, Abu Mazen ha detto che i negoziati continueranno solo fino alla scadenza dei nove mesi (fine aprile), “dopo di che siamo liberi di fare quello che vogliamo: i colloqui sono limitati a questo periodo”."
Se volete approfondire in maniera articolata la posizione dell'Anp su questi punti, guardate qui (http://jcpa.org/abbas-denies-his-authority-to-make-decisions-for-a-lasting-peace/ ) troverete che il nostro presidente Naftalina ha fatto anche una legge per proibire ogni "cedimento" sul "ritorno" dei "rifugiati", sullo status di Gerusalemme e sull'ebraicità di Israele. E' vero che le leggi dell'AP imporrebbero anche di eleggere il presidente e il parlamento ogni quattro anni... e in genere sono carta straccia, ma il fatto è che queste cose sono continuamente ribadite e molto probabilmente se pure un giorno Abbas diventasse ragionevole qualcuno provvederebbe a ricordargli i suoi impegni, armi alla mano.
Interessante questo negazionismo non solo sulla Shoà ma anche sulle trattative, no? Bella notizia per tutti i cantori dei magnifici destini e progressivi della missione di Kerry per la "pace in Medio Oriente", non credete? Peccato, proprio peccato che nessun giornale perbene ne parli... Ancora meglio, il presidente Naftalina ha chiesto e ottenuto il consenso della lega araba su questa scelta. Operazione non difficile, dato che riprende la tradizionale posizione araba riguardo a Israele dei "tre no": No alla pace, no alla trattativa, no al riconoscimento, come a Khartoum dopo la guerra dei sei giorni (www.sixdaywar.org/content/khartoum.asp ). Adesso il rifiuto principale consiste nel negare che Israele sia la patria del popolo ebraico (http://www.timesofisrael.com/arab-ministers-back-abbas-in-rejecting-jewish-israel/ ) ed è buffo, dato che i vari poilitici e media arabi pur di non pronunciarne il nome sono abituati a darne proprio una definizione equivalente a stato ebraico, chiamano cioè Israele "entità sionista". Riconoscessero almeno che Israele è l'entità sionista, visto che ne parlano sempre così... ma questo vorrebbe dire rinunciare a distruggere gli ebrei di Israele, cioè rinunciare all'antisemitismo eliminazionista che è la loro ideologia politica di fondo: impossibile.
Ed è Mr. Naftalina il primo a non volerlo. Se non fosse così, potrebbe bloccare o almeno rallentare il continuo incitamento all'odio razziale e al genocidio degli ebrei che domina i media dell'Anp (http://www.israelbehindthenews.com/bin/content.cgi?ID=7062&q=1 ): una ininterrotta educazione all'omicidio che costituisce anche l'ostacolo più grande a una pace futura, quando fosse politicamente possibile. E' anche un limite evidente per la sua azione politica, che gli impedisce anche di volere accordi tattici con Israele che potrebbero convenire alla classica politica del salame da mangiare a fette che è l'approccio ereditato da Arafat; ma lui, per ideologia o per viltà, continua ad accumulare i massi di questa montagna di odio che i palestinisti hanno costruito ininterrottamente da cent'anni. Per esempio è sotto la sua presidenza con lifting che si è sviluppata la campagna di massa che nega l'esistenza della storia ebraica in Israele (e dunque i dati dell'archeologia, della bibbia, degli storici antichi...) E magari, se volesse anche un po' la pace non mentirebbe anche sulle piccole cose, come quell'episodio di Esh Kodesh di cui vi ho parlato domenica (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/176228 ), per cui ha negato perfino che gli arabi avessero aggredito i ragazzi di Esh Kodesh. Così come ha sempre negato solidarietà alle vittime della "resistenza popolare", accoltellate, colpite da sassi sul finestrino guidando l'automobile o magari uccise a casa loro da "eroi" che la sua stampa celebra e di cui egli negozia la liberazione.
Chi pensa e dice che il nostro presidente Naftalina sia un "partner per la pace" si illude, come si illude Kerry di trovare un accordo (o forse vuole solo mostrare di averci provato e poi magari dare la colpa a Israele della rottura che ci sarà). Non ci potrà essere pace prima che la democrazia e il rispetto della legge oltre che un minimo di realismo e di accettazione dei diritti altrui. Ma a Naftalina e ai suoi non elettori, evidentemente piace così. E dunque facciamo festa, signor ex presidente. Tanti auguri di non rielezione, cento anni senza il fastidio delle schede e del parlamento. In nome della democrazia araba, naturalmente.
Ugo Volli