Il ministro Emma Bonino rilascia alla Stampa un’intervista stralunata per elencare le tappe imminenti della road map per la Siria. Il 15 gennaio c’è la conferenza dei paesi donatori, il 17 si riunisce la coalizione siriana per discutere la partecipazione alla Conferenza di pace, il 22 gennaio c’è la Conferenza di pace a Montreux, il 3 febbraio a Roma c’è un’altra conferenza, questa volta umanitaria, sempre sulla Siria. Attivismo lodevole, se ci fosse corrispondenza con quello che succede sul terreno. Quello che non viene detto è che gli interlocutori della comunità internazionale non hanno alcuna presa sui combattimenti nel paese arabo, sono il gruppo più debole, e i loro rappresentanti – quelli che stiamo corteggiando con estenuanti trattative perché si siedano al tavolo di Montreux – in Siria non riuscirebbero a garantire nemmeno la loro sopravvivenza, altro che un cessate il fuoco. Tanto che il loro generale, Salim Idriss, è dovuto scappare in fretta dal quartier generale che prudentemente aveva sistemato vicino al confine con la Turchia, vale a dire molto lontano dalla linea del fronte, ed è dovuto fuggire perché minacciato da altri gruppi anti Assad. Sono questi, definiti “i generali da hotel” dai siriani che invece sono ancora dentro al paese, che dovrebbero trattare con un blocco determinato formato da Bashar el Assad e i suoi sponsor, Russia e Iran (quest’ultimo ancora non si sa se sarà presente, ma la sostanza non cambia)? I gruppi ribelli che contano qualcosa, come il Fronte islamico su nel nord o l’Esercito dell’islam nel governatorato di Damasco hanno rifiutato platealmente di intervenire ai negoziati di Montreux. Chi conta qualcosa non partecipa; chi partecipa non conta nulla. E se la situazione è questa è perché la comunità internazionale dopo tanti annunci ha ritirato l’appoggio ai ribelli che accettavano aiuto, perché temeva di rafforzare gruppi legati ad al Qaida. E’ finita che i gruppi legati ad al Qaida sono diventati fortissimi da soli e che i ribelli meno estremisti sono diventati una caricatura, una testa ipertrofica all’estero e nessun corpo in Siria. Avanti con il prossimo giro di conferenze speranzose, allora, ma vale la pena ricordare: la sola volta in cui Bashar el Assad ha concesso un cessate il fuoco temporaneo è stato quando si è trovato vicino ai bombardamenti di Stati Uniti e Francia.
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