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Ugo Volli
Cartoline
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I meriti nascosti della propaganda antisionista 13/01/2014

I meriti nascosti della propaganda antisionista
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari lettori,

bisogna essere grati alla propaganda dei nemici, perché essa non è solo ingannevole, ma anche rivelatrice, se la sappiamo guardare. Mente inventa, altera la realtà, ma sotto sotto, senza volerlo, dice delle cose importanti su di sé.

Prendete per esempio quel comicastro di infimo livello che è diventato famoso in Francia propagandando l'antisemitismo, e in particolare il suo grottesco saluto che ha il nome di una polpetta (http://www.i-cook.it/articoli/2,10197/quenelle-significato-del-termine), ma che tutti gli imbecilli si sono affrettati a fare davanti all'ingresso di Auschwitz, alla scuola di Tolosa devastata due anni fa dalla strage antisemita di bambini, al ritratto di Anna Frank ecc. Tanto per dimostrare, come scrive in un incredibile articolo "Libero" di ieri che "non sarebbe affatto un saluto hitleriano alla rovescia ma significherebbe soltanto "C'ho una ceppa tanta!". La conferma più autorevole a questa versione dei fatti è giunta direttamente dall'ideatore della "quenelle", il comico francese (di origini africane) Dieudonné M'bala M'bala. "Sicuro: il gesto fa riferimento a degli attributi maschili particolarmente sviluppati. Quali sono i miei. Chiedete alle donne che sono state con me, se non ci credete". (http://80.241.231.25/ucei/Viewer.aspx?ID=2014011226492040 ) Per chi non crede alle favole, è evidente che il simbolo del buffone antisemita è un saluto nazista appena camuffato, con la mano tesa in basso invece che in alto. 

Già, perché? Perché un saluto nazista? E perché camuffarlo? E perché così male, in maniera cioè che non possa sfuggire? Se ci badate, c'è una verità dietro a questo camuffamento, anzi tre. La prima verità è che il palestinismo è una forma di antisemitismo, anzi di nazismo. Del resto questo lo dicono gli stessi protagonisti. Guardate qui un alto dirigente dell'Olp che dice "noi" (non i nostri padri o i nostri nonni, noi) abbiamo appoggiato Hitler - e naturalmente non ne siamo affatto pentiti (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/175316#.UtMIIvTuKSo ; oppure guardate qui il benvenuto dell'Anp a Obama: Hitler era meglio di Churchill e di Roosevelt (http://www.israele.net/hitler-era-meglio-di-roosevelt-e-di-churchill ). Dunque salutare a braccio teso è naturale i palestinisti ed Hezbollah lo fanno spesso. Guardate qui la foto di una recente dimostrazione all'università Al Quds di Gersualemme (http://matchbin-assets.s3.amazonaws.com/public/sites/268/assets/KLYV_alquds.jpg ) o qui gli Hezbollah (http://spitfirelist.com/wp-content/uploads/2009/01/hezbollahnazi.jpg ) e qui un filmato e un'analisi completa del "fascino nazista" che ha conquistato il mondo arabo. La seconda verità è che nonostante tutto questo in Europa e negli Usa non si può dire, per cui bisogna nasconderlo o camuffarlo. Non che se ne vergognino come dovrebbero, ma temono di essere isolati per questo. La terza verità è che non lo temono poi tanto, che pensano (giustamente, purtroppo) che l'antisemitismo sia sostanzialmente sdoganato e dunque non lo nascondono poi molto, solo quel tanto che basta per ribattere con una stupidaggine qualunque, come quella citata da libero, a chi cercasse di inchiodarli alle loro responsabilità.

Il secondo esempio è forse un tantino più eccentrico, anche se non sorprendente. Molto tempo fa il Manifesto aveva una grossa spocchia intellettuale, ma qualche volta era interessante da leggere perché vi si pubblicavano delle idee; idee sbagliate ma sempre idee. Ormai da un paio di decenni e sempre più negli ultimi anni, con la scomparsa della vecchia generazione irregolare che l'aveva costituito, le idee al Manifesto non hanno più diritto di cittadinanza, solo la vecchia propaganda nella forma più piatta ed ottusa. Ma proprio dall'ottusità a volte sfuggono dei lapsus, che possono riuscire interessanti. Prendete per esempio l'intervista (http://80.241.231.25/ucei/Viewer.aspx?ID=2014011226493044 ) di tal  Geraldina Colotti a talaltro Salim Tamar che ha l'immenso merito di essere "direttore dell'Istituto di Studi palestinesi", e pertanto "autore di importanti opere di sociologia politica, storia sociale e di studi sulle culture del Mediterraneo". Peccato che questi importantissimi lavori non si trovino su Amazon (né americana : http://www.amazon.com/s/ref=nb_sb_noss?url=search-alias%3Daps&field-keywords=%22Salim+Tamar%22&rh=i%3Aaps%2Ck%3A%22Salim+Tamar%22 né italiana: http://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=salim%20tamar ).


Geraldina Colotti, giornalista del Manifesto

Ma non importa. Il signor Tamar (o devo dire dottor Tamar? O professor Tamar? mah, con tutte quelle opere...) comunque Tamar sta alla Casa internazionale delle donne a Roma, ospite della campagna «Cultura è Libertà»: promossa per «sostenere e diffondere la ricchezza della cultura palestinese, la sua bellezza, la sua forza», tenace e viva nonostante l'occupazione israeliana" - già, una cultura importantissima, di cui tutti conoscete, spero, romanzieri ed economisti, neuroscienziati e filosofi - oltre naturalmente a qualche terrorista. Per l'occasione dice le solite banalità sui "muri", "l'occupazione", "l'apartheid" eccetera, senza dubbio troppo sublimi perché il mio intelletto limitato le colga. La risposta più intelligente dell'intervista è quella che dà sollecitato sul tema della morte di Ariel Sharon: "Su Sharon non mi sento di dire niente." Bene, bravo, bis.

La cosa più interessante la dice però, certamente senza volere, la devota intervistatrice,  che vista quella che ai miei poveri occhi (e forse anche ai suoi di vera credente) pare una certa evasività del suo interlocutore, si mette a suggerirgli le risposte. E invece di chiedergli "come vanno le cose a Ramallah?" si lascia scappare una dichiarazione che probabilmente le pare tanto assiomatica da essere ovvia, e che a me ha fatto scattare una scintilla. Eccola: "Dopo la scomparsa dell'Unione sovietica la bandiera dell'antimperialismo e della questione sociale è stata ripresa dai movimenti islamici. Come stanno le cose in Palestina?". Lasciamo stare la domanda e rileggiamo con cura l'assioma: "Dopo la scomparsa dell'Unione sovietica la bandiera dell'antimperialismo e della questione sociale è stata ripresa dai movimenti islamici." Avete capito come la pensano quello del Manifesto e probabilmente non solo loro? Una volta c'erano l'antimperialismo e la questione sociale, che avevano le loro bandiere, anzi per risparmiare una bandiera sola. Questa bandiera era in mano all'Unione Sovietica. Che l'Urss avesse il suo impero in Europa Orientale, per esempio, e lo tenesse sottomesso coi carri armati come a Budapest nel '56, a Praga nel '68, a Berlino nel '53 (e poi magari anche l'Afghanistan, le repubbliche asiatiche, e magari anche la Cina con cui sfiorò la guerra sull'Ussuri quando Mao decise di averne abbastanza, Cuba usata come piattaforma per le armi nucleari)... Be' tutto questo alla compagna Colotti non importa. Come non le importa che la "questione sociale" in Unione Sovietica e nei paesi del suo blocco non fosse propriamente risolta in maniera brillante, fra stragi dei contadini, miseria e coabitazione in città, Siberia per i dissidenti e anche per chi avesse voluto organizzare una sindacato vero... Figuriamoci: la bandiera rossa dell'antimperialismo e della questione sociale stava saldamente in mano di Lenin, immaginiamo anche di Stalin, che regnò prima della fine dell'Urss, e dei loro discendenti fino a Breznev incluso... Ve lo vedete Breznev con la bandiera dell'antimperialismo?

Be', poi però la storia fa strani scherzi e l'Unione Sovietica disgraziatamente è caduta come certi sciatori poco abili. Colotti è abbastanza avveduta per non assegnare alla Cina la bandiera dell'antimperialismo o alla Corea del Nord quella della questione sociale... sarebbe interessante però sapere cosa pensa esattamente del dittatore coreano Kim Jong-Un e dello zio Jang Song Thaek giustiziato secondo il copione stalinista, forse fatto sbranare vivo da un branco di cani (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/03/corea-del-nord-lo-zio-del-dittatore-kim-jong-un-sbranato-vivo-dai-cani/831179/ ) forse più banalmente fucilato (http://www.repubblica.it/esteri/2014/01/07/news/corea_nord_cani_jang_song_thaek-75354470/ ). E sarebbe interessante anche capire se il capitalismo senza garanzie politiche o sociali della Cina o il grande bordello di Cuba sembrano al Manifesto più o meno socialisti: forse sì, dato che non c'è quella fastidiosa abitudine di scegliere fra partiti diversi...

Ma lasciamo stare. La bandiera è caduta con l'Urss e chi l'ha "ripresa"? I movimenti islamici. Quelli che obbligano le donne al velo, tagliano la mano ai ladri, impiccano gli omosessuali, lapidano le adultere e non hanno nessuno scrupolo a far fuori che non è abbastanza fedele a Maometto, che sia cristiano o comunista (non parliamo degli ebrei). La mano che ha raccolto la famosa bandiera è certamente bella tosta, da fare invidia a Stalin, diciamo pure callosa per via delle esecuzioni. E questo che piace al Manifesto? Temo proprio di sì, se gli arabi hanno il fascino del nazismo, i nostalgici del comunismo, intellettuali o giornalisti che siano, sentono la mancanza nel nostro mondo banale di un po' di tribunali segreti, torture, esecuzioni, guerre civili. E giustamente hanno individuato nei "movimenti islamici" chi può colmare la loro nostalgia di violenza (e anche banalmente di mancanza di senso del ridicolo). Devo ammettere che l'avevo sempre sospettato, ma non l'avevo mai letto col nitido sobrio potere di sintesi della signora Colotti. Le esprimo la mia gratitudine: lei certamente pensava solo di fare la sua dose del quotidiano lip service che il Manifesto offre alla causa palestinista: grigia propaganda. E invece, senza volere, ci ha rivelato una bellissima verità:  "Dopo la scomparsa dell'Unione sovietica la bandiera dell'antimperialismo e della questione sociale è stata ripresa dai movimenti islamici." Grande!

Ugo Volli


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