Riportiamo da LIBERO di oggi, 08/01/2014, a pag. 17, l'articolo di Mirko Molteni dal titolo "Lezioni di islam ai bambini tedeschi fin dalle elementari".
Non è ben chiaro come un'ora di islam a scuola possa favorire l'integrazione.
Forse servirebbe di più allo scopo l'esatto contrario, un'ora di cultura tedesca per gli immigrati.
Ecco il pezzo:
Nel cuore d’Europa, ecco l’ora di islam a scuola, a fianco delle lezioni sulla religione cristiana maggioritaria. È in Germania che inizia l’esperimento, nelle scuole elementari dello Stato dell’Assia, dove per decisione del locale ministero dell’Educa - zione i genitori sceglieranno se iscrivere i loro figli, musulmani e non, alle lezioni integrative. Il fine sarebbe quello di spiegare l’islam sia ai figli degli stranieri, sia ai bambini tedeschi «doc», per favorire la comprensionereciproca, ma soprattutto per tutelare dalla predicazione degli imam oltranzisti i giovani islamici. L’insegnamento è garantito da un primo nucleo di 18 docenti preparati grazie a programmi istituzionali e usando testi approvati dalle autorità locali. Le lezioni, edulcorate per bambini di 6 anni, inneggiano a pace e tolleranza anche con il gioco. Così uno degli insegnanti, il turco Timur Kumlu, ha esordito in aula aiutandosi con un gomitolo di lana per dimostrare ai bambini che «siamo tutti legati fra di noi». Stando a quanto emerso finora, l’adesione nelle 29 classi in cui l’iniziativa è stata proposta in distretti a forte presenza di immigrati è stata altissima. È chiaro però che messaggi del genere poco hanno a che fare col Corano e con la tradizione, fin dai tempi di Maometto, di privilegiare nei territori soggetti al califfato i «veri» credenti facendo pagare una tassa agli infedeli cristiani ed ebrei, comunque sopportati in quanto «popoli del libro» e del Dio unico, ma disprezzando «idolatri » come indù e buddisti. In Germania ognuno dei 16 stati pianifica il proprio sistema educativo e decide se e come offrire corsi non obbligatori di religione o etica. Forme di istruzione islamica sono previste in tutti gli ex stati tedeschi occidentali, mentre non ve ne sono in quelli della ex Germania orientale. La particolarità dello stato dell’Assia sta nel fatto che le autorità hanno messo a punto un particolare programma universitario e si sono assunte l’incarico di formare gli insegnanti. È probabile però che un’ora di lezione, quantunque estesa a tutte le scuole tedesche, ben poco serva a creare ponti, tantopiù se si dovesse raccontare la vera storia di confronti (anche armati) fra i due mondi. In molte moschee si continuerebbe non solo ad assumere toni antisemiti e antisraeliani dall’effetto moltiplicato dato il burrascoso passato tedesco, ma anche a fomentare una crescente partecipazione di musulmani cresciuti in Germania ai movimenti jihadisti internazionali. Così, la rete di reclutamento allestita da predicatori salafiti di Francoforte assicura rinforzi ai «fratelli» che combattono in Siria contro Assad. Proprio dall’Assia venivano duegiovani combattenti uccisi nella guerra siriana e in totale si calcola che dalla Germania almeno 240 volontari, forse di più, si siano recati a guerreggiare contro i carri armati di Damasco. Accumulando esperienza militare che un domani potrebbe essere riutilizzata per attentati su suolo tedesco o europeo. In tutta la Germania gli esponenti della corrente salafita sotto sorveglianzasonoalmeno 5500.Forse prima di varare la lezione di islam sarebbe stato meglio attuare qualche espulsione in più. Oggi su 83 milioni di abitanti, gli immigrati o loro figli sono 6 milioni. Di essi i musulmani ammontano a 4 milioni, per oltre tre quarti turchi, organizzati in una rete di 2500 moschee e 300.000 associazioni. Di questi tempi i tedeschi sono preoccupati dall’immigrazione anche europea. Così, si teme un’ulteriore invasione di bulgari e rumenidopoche daCapodannosonocadute le restrizioni residue, mentre il 2013 è stato un anno record con 400.000 ingressi di immigrati, vicino al massimo di 426.000 registrato nel 1993, e con ai primi tre posti per provenienza Polonia, Romania e Italia.
Per inviare la propria opinione a Libero, cliccare sull'e-mail sottostante