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La Repubblica Rassegna Stampa
08.01.2014 Turchia: continuano le purghe di Erdogan
ma quella turca è 'democrazia islamica', no? Cronaca di Marco Ansaldo

Testata: La Repubblica
Data: 08 gennaio 2014
Pagina: 16
Autore: Marco Ansaldo
Titolo: «Erdogan, nuova purga: rimossi 350 poliziotti»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 08/01/2014, a pag. 16, l'articolo di Marco Ansaldo dal titolo "Erdogan, nuova purga: rimossi 350 poliziotti ".


Marco Ansaldo        RecepTayyp Erdogan

In Turchia il duello è appena cominciato. Da una parte il governo del premier Tayyip Erdogan, falcidiato da uno scandalo finanziario — un «complotto» ha gridato il leader — che ha portato al rimpasto di ben 10 ministri. Dall’altra le potenti falangi mosse dall’influente teologo Fetullah Gulen, autoesiliatosi da tempo negli Stati Uniti, ma adirato per la chiusura in patria delle sue “dershane”, le scuole preparatorie all’università: un “casus belli” tale da provocargli un enorme danno economico e di potere. Ieri, nuovo scontro: con la “purga” di 350 agenti di polizia, di cui 80 di alto grado, considerati vicini al predicatore e silurati dal governo. Mentre a Smirne 25 persone venivano fermate in un’altra ondata di arresti dopo quella che aveva portato in carcere addirittura tre figli di ministri vicinissimi a Erdogan.
Se questa è l’alba del nuovo anno, il 2014 si prospetta come un periodo in cui non ci si annoierà in Turchia, fra elezioni ammini-strative a marzo, presidenziali in estate, e possibile anticipo delle legislative entro dicembre. Il primo ministro ha ormai decapitato i vertici della polizia, responsabili delle indagini, e già rimosso uno dei pm dell’inchiesta.
La battaglia si sposta infatti sul fronte giudiziario. Perché il Consiglio superiore della magistratura, accusato dal governo di infiltrazioni dal fronte “gulenista”, ha deciso di aprire un dossier sul giovane capo della polizia, nominato meno di un mese fa dopo la rimozione del suo predecessore molto attivo nelle indagini anticorruzione. Il nuovo arrivato, considerato anche privo di esperienza nell’universo investigativo, era arrivato a Istanbul sul jet privato di Erdogan.
Il premier, che ha già rovinato la sua immagine di leader democratico con le dure repressioni della rivolta laica lo scorso giugno al Gezi Park di Istanbul, sperimenta per la prima volta contestazioni e defezioni nel suo partito conservatore di origine islamica. E parla di «tentativo di assassinio » ai danni dello Stato. Sempre più distante da lui appare il presidente della Repubblica, Abdullah Gul, pure appartenente alla stessa compagine, il quale in modo pacato ha assicurato che se vi è stata corruzione, non verrànascosta. «Chi non ha fatto nulla — ha detto — non deve avere paura».
Ad Ankara è tempo di grandi giochi tattici. Se solo pochi giorni fa il governo aveva fatto sapere di non avere in programma nessuna amnistia per gli ufficiali accusati di golpismo, ieri Erdogan ci ha ripensato. E a sorpresa ha annunciato di essere a favore di un nuovo processo alle Forze armate, tendendo così la mano ai generali, in chiave anti-Gulen. Contro l’influente predicatore si è schierato pure il leader di un’altra forte confraternita musulmana, “il movimento Nur”, vicino al governo. Il tutto fa presagire uno scontro persino fra i potenti gruppi di ispirazione religiosa.

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