venerdi 27 dicembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio - Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.01.2014 Gli allocchi occidentali sempre più affascinati dagli ayatollah iraniani
cronache di Daniele Raineri, Roberto Tottoli. Intervista di Paolo Conti al super allocco Pierferdinando Casini

Testata:Il Foglio - Corriere della Sera
Autore: Daniele Raineri - Roberto Tottoli - Paolo Conti
Titolo: «Ora Obama e Iran suonano lo stesso spartito in medio oriente - Dialoghi promiscui, Fatwa di Khamenei: le parole in rete fanno paura in Iran - Casini: 'Interessi comuni fra l’Iran e l’Occidente'»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/01/2014, a pag. 3, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Ora Obama e Iran suonano lo stesso spartito in medio oriente ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 36, l'articolo di Roberto Tottoli dal titolo " Dialoghi promiscui, Fatwa di Khamenei: le parole in rete fanno paura in Iran ", a pag. 13, l'intervista di Paolo Conti a Pierferdinando Casini dal titolo "Casini: «Interessi comuni fra l’Iran e l’Occidente»", preceduta dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Ora Obama e Iran suonano lo stesso spartito in medio oriente "


Daniele Raineri      Hassan Rohani con Barack Obama

Roma. L’America e l’Iran si stanno muovendo assieme su due dossier cruciali in medio oriente, Iraq e Siria. E’ come se l’accordo ad interim di novembre sull’arricchimento dell’uranio firmato a Ginevra si stesse trasformando in una sintonia più profonda – fatto il primo passo, perché non fare anche gli altri? Lunedì il governo di Teheran si è unito a quello di Washington nell’offrire aiuti militari al primo ministro dell’Iraq, Nouri al Maliki, alle prese con una rivolta in una parte del paese che è controllata per metà da al Qaida. Il vicecapo di stato maggiore iraniano, il generale Mohammed Hejazi, ha detto che “l’Iran è pronto ad aiutare il paese vicino contro i terroristi e a mandare equipaggiamento e consiglieri militari, ma non truppe” se Baghdad lo chiedesse. A dire il vero, l’opposizione iraniana sostiene che alcune unità di pasdaran sarebbero già atterrate all’aeroporto internazionale di Baghdad. La tv satellitare al Gharbiya dice che secondo quelle fonti “la 53esima brigata e un’unità delle Guardie rivoluzionarie sono atterrate nella capitale irachena perché Teheran sta entrando direttamente e senza nascondersi nella guerra che si combatte ad Anbar”. Si tratta di un’informazione che non è possibile confermare e c’è da tenere in conto il radicatissimo pregiudizio anti iraniano in Iraq, lo stesso che fa dire a molti iracheni che la rivolta contro il governo è in realtà un’operazione iraniana e che ha trasformato alcuni malcapitati camionisti iracheni con visto iraniano in spie catturate dai rivoltosi di Anbar (i loro documenti sono finiti come prova su internet, sono semplici visti temporanei – venti giorni – per passare il confine con i loro mezzi). A queste notizie si sommano anche i rumors su aerei cargo iraniani che atterrano con carichi militari. Nelle stesse ore l’America offriva sostegno militare con missili Hellfire – che arriveranno a primavera – e droni a corto raggio, e secondo notizie meno ufficiali anche con una vasta gamma di aiuti sotto forma di intelligence e consiglieri militari. Il sito israeliano Debka, che racconta il medio oriente con informazioni spesso non verificabili, la settimana scorsa aveva un titolo difficile da contestare: America e Iran assieme nella loro prima impresa militare contro al Qaida in Iraq. Vali Nasr, ex consulente della Casa Bianca sotto Obama e uno degli esperti più rispettati (scrisse un classico sul potere sciita e iraniano: “The Shia Revival”) si chiede: “Al Qaida sta creando un terreno d’incontro per Stati Uniti e Iran?”. Domenica, il segretario di stato americano, John Kerry, ha detto che l’Iran dovrebbe prendere parte all’imminente Conferenza di pace di Montreux, in Svizzera, sulla Siria – dove in teoria si dovrebbe discutere di un piano per la transizione del paese al dopo Assad. L’Amministrazione Obama per lungo tempo si è schierata a fianco dei ribelli e contro il presidente siriano, ma dopo la strage con il gas nervino di agosto e l’accordo per lo smantellamento dell’arsenale chimico siriano ha preso una posizione assai più vicina a quella dell’asse Mosca-Teheran. Ha ritirato l’appoggio ai ribelli, anche gli aiuti non letali, e concentra i suoi sforzi sulla possibilità di far raggiungere alle parti un accordo politico. L’Iran in parte ha scritto il patto di disarmo e lo appoggia pienamente (ieri le prime armi chimiche hanno lasciato le coste della Siria). Thomas Erdbrink, corrispondente da Teheran del New York Times, scrive che per alcuni va tutto spiegato con il pragmatismo del nuovo presidente Hassan Rohani, entrato in carica ad agosto, e del suo ministro degli Esteri, Mohammed Javad Zarif. Altri che si tratta di una finta intesa per cullare l’occidente in un falso senso di tranquillità, in attesa dei veri negoziati sul nucleare. Un falco come Aziz Shahmohammadi, ex consulente del Consiglio per la sicurezza nazionale iraniano, ammette che ci sono interessi in comune: “Nessun paese può avere un nemico in eterno, né noi né gli Stati Uniti”. Un giornalista iraniano riformista, Mashallah Shamsolvaezin, ricorda che nel 2001 i servizi segreti iraniani passarono informazioni alle forze speciali americane impegnate contro un nemico comune, i talebani afghani. Alleati furiosi
L’Amministrazione Obama ha già postulato la non necessità del coinvolgimento in medio oriente. Vuole mettere distanza e occuparsi più del Pacifico, dove vede più opportunità, più futuro, forse anche minacce maggiori. Su Bloomberg Businessweek il vice del dipartimento di stato, Benjamin Rhodes, dice: “Gli Stati Uniti prendono decisioni in politica estera che sono basate sui propri interessi. Non è nel nostro interesse essere coinvolti permanentemente in guerre infinite nel medio oriente. E’ invece nostro interesse spenderci in sforzi diplomatici significativi per tentare di risolvere i conflitti e aiutare i nostri partner – che è esattamente quello che stiamo facendo”. Questa nuova linea d’intesa però, sebbene comoda, rischia di sottovalutare troppo lo scontento dei tradizionali alleati dell’America nell’area, Israele e Arabia Saudita, che danno segnali importanti di malcontento e anche, che è peggio, di non arrivare a risultati reali, come potrebbe essere l’interruzione dei combattimenti in Siria.

CORRIERE della SERA - Roberto Tottoli : " Dialoghi promiscui, Fatwa di Khamenei: le parole in rete fanno paura in Iran "


Roberto Tottoli     Ali Khamenei

Le possibilità di comunicare e interagire su Internet con l’alfabeto arabo non hanno ancora vent’anni, eppure la rete è divenuta in tempi molto rapidi un mezzo diffuso e importante per il mondo islamico. Ha permesso la circolazione di informazioni in società dominate da censure. Ha messo in comunicazione musulmani sparsi in giro per il mondo. Ha sinistramente aperto una vetrina immensa per messaggi e appelli jihadisti. Ha dischiuso un mondo di socialità nuovo e antico allo stesso tempo.
Non stupisce che questa novità possa essere invisa a molte autorità religiose che hanno a volte espresso diffidenze e cautela. Proprio dall’Iran nei mesi passati non sono poi mancate condanne di social network e di applicazioni in grado di oltrepassare confini e vincoli. È invece di ieri la notizia che la guida suprema Khamenei avrebbe emesso una fatwa contro l’uso di chat-line tra uomini e donne, e quindi contro la promiscuità virtuale diffusa anche tra musulmani. Si tratterebbe di un pronunciamento ufficiale e vincolante. Lo avrebbe fatto per raccogliere le critiche di molti altri sheykh in questi anni e anche per contrastare la crescente diffusione dell’uso della rete tra i giovani persiani che leggono, scrivono e vivono di contatti virtuali lontano dagli occhi del regime. Da qui le condanne di Facebook e di tutti quei siti che conterebbero, a detta loro, pagine contrarie alla morale musulmana, e quindi, ora, anche delle chat-line che mettono in comunicazione uomini e donne.
Ogni regime autoritario vive a disagio con le possibilità offerte da Internet e censure emergono frequentemente. Dopo le primavere arabe si sono aggiunte, nei Paesi musulmani, diffidenze e timori per le insidie politiche rappresentate da chat e social network , usate soprattutto dai più giovani. Ora si aggiunge anche la proibizione religiosa. Parlare online con persone dell’altro sesso equivale a un cercare e creare un contatto peccaminoso. Nulla di nuovo, forse, ma sinistramente poco utile per i primi segni di disgelo tra Iran e Occidente.

CORRIERE della SERA - Paolo Conti : " Casini: «Interessi comuni fra l’Iran e l’Occidente» "


Paolo Conti                   Pierferdinando Casini

Dopo Emma Bonino che chiedeva a gran voce di smetterla di "ficcare le dita negli occhi all'Iran", arriva Pierferdinando Casini con questa intervista, tutta pro ayatollah. Alla fine, Casini cerca di metterci una pezza e sostiene che, in Italia, non esistano forze politiche sfavorevoli a Israele. Basta rileggere le sue dichiarazioni e ascoltare un qualunque discorso di Emma Bonino per rendersi conto della realtà.
Ecco l'intervista:

ROMA — «Sarebbe un errore, anzi un gravissimo errore, non portare l’Iran al tavolo per la conferenza internazionale sulla Siria. Nessuna pace potrà dirsi durevole, nell’intera area del Medio Oriente, senza il supporto e il sostegno di Teheran. Qualsiasi strategia regionale rischia il fallimento senza l’Iran».
Pier Ferdinando Casini in questi giorni è nella capitale iraniana come presidente della commissione Affari esteri del Senato. Sta incontrando molti protagonisti della scena politica iraniana, incluso il ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif.
L’Italia continua a credere nel dialogo con l’Iran. Pochi giorni fa la visita del ministro Emma Bonino, primo ministro degli Esteri dell’Unione Europea a raggiungere Teheran da dieci anni a questa parte. Ora lei, Casini. ..
«L’Italia vanta un credito nei confronti dell’Iran. La visita del ministro Bonino, l’incontro di Enrico Letta alle Nazioni Unite col presidente iraniano Rouhani, ora noi del Parlamento... Non nascondiamoci dietro a un dito, stiamo subendo il pregiudizio negativo di non essere al tavolo di Ginevra. Nonostante questo, l’Italia è vista come un interlocutore privilegiato. In Iran abbiamo sia grandi che medie e piccole imprese italiane molto attive, tutte nei settori non colpiti dall’embargo».
Intanto l’Iran non appare nella prima lista dei Paesi convocati al tavolo di Ginevra sulla Siria. E Teheran non intende accettare comunque un «ruolo secondario».
«La verità è che l’Occidente ha un grandissimo bisogno dell’Iran per una strategia regionale convincente. In Afghanistan siamo alla vigilia del ritiro delle truppe e c’è un serio rischio di ritorno al passato, con oltretutto un preoccupante aumento della coltivazione e produzione di oppiacei e in generale delle droghe: l’aiuto dell’Iran sarà essenziale. In quanto alla stabilizzazione dell’Iraq, unico altro Paese sciita dell’area, è ovvio dover contare su Teheran: pure qui l’Iran e l’Occidente hanno un interesse comune, battere i militanti sunniti di Al Qaeda. Hezbollah è un attore ormai globale, sia per la Siria che per il Libano. E la stessa questione palestinese trova nell’Iran un interlocutore obbligato».
Lei crede che gli Stati Uniti la pensino così? Cioè che arrivino alle sue stesse conclusioni?
«Il disgelo tra Iran e Occidente, quindi con gli Stati Uniti, non è frutto di un sentimento generico ma, appunto, di interessi comuni. E se l’Occidente ha le sue esigenze di stabilità in quel quadrante geografico, l’Iran subisce pesantemente gli effetti delle sanzioni soprattutto nei settori di alta tecnologia. In quanto agli Usa, io credo che se l’amministrazione Obama ha deciso di impegnarsi nei negoziati sul nucleare, sa che non possono fallire. E lo stesso vale per la dirigenza iraniana: e qui bisogna tenere conto che molti settori interni, soprattutto quelli più conservatori, prosperano anche economicamente proprio sulle sanzioni».
In tutto questo quadro internazionale, però, Israele appare duramente ostile verso qualsiasi accordo con l’Iran. Cosa ne pensa?
«Credo che Israele svolga ottimamente il suo ruolo e faccia bene a mettere in guardia l’Occidente da qualsiasi eccesso di ingenuità. Ma Israele sa con altrettanta chiarezza che la sua difesa è imperniata sul realismo. Una volta garantito che il processo di intesa sul nucleare è una cosa seria, anche Israele capirà. Avremo, come Italia, il nostro ruolo, in questo chiarimento: nel nostro Paese non c’è una sola forza politica che possa essere considerata in alcun modo anti-israeliana....».

Per inviare la propria opinione a Foglio e Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it
lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT