La pace delle tre carte
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
a destra, il futuro Stato palestinese secondo Abu Mazen: Israele è stato cancellato
Cari amici,
strani segnali si accumulano sulle trattative guidate da Kerry che secondo l'amministrazione americana dovrebbe portare a un accordo fra Israele e l'Autorità Palestinese. Da un lato, Kerry e la sinistra suonano le campane a festa: "missione non impossibile," dichiara il segretario di stato americano (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Netanyahu-to-Kerry-Doubts-rising-about-Palestinian-commitment-to-peace-336930); possiamo anticipare un progresso decisivo verso la pace, dice il neosegretario laburista Herzog, creatura, a quanto si capisce, di Peres, che non ha affatto rinunciato per il ruolo e per l'età a far politica (http://www.israelnationalnews.com/News/Flash.aspx/284289#.Usr5s_TuKSo ); sarebbe pazzesco perdere l'opportunità della pace, ribadisce l'ex premier Olmert che, dopo un brutto scandalo di corruzione concluso in maniera ambigua per lui, cerca di riemergere facendo le pulci da sinistra a Netanyahu (http://www.israelnationalnews.com/News/Flash.aspx/284289#.Usr5s_TuKSo ). Perfino Lapid, che sta nel governo, non manca di precisare che l'accordo che stabilirà un "giusto divorzio" con l'AP (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/175982#.Usuv-fTuKSp ) è "a portata di mano" (http://www.israelnationalnews.com/News/Flash.aspx/284287#.Usuv6PTuKSo ).
Il problema è che nessuno di costoro ci dice come dovrebbe essere questo accordo, questa pace, questo divorzio. Come saranno i confini? Quelli segnati dal cessate il fuoco del '49, come vorrebbe l'Anp? O diversi, come hanno sempre inteso tutti gli israeliani? Per esempio, la valle del Giordano resterà a Israele, come sembra necessario alla sicurezza del paese o sarà del nuovo Stato? Sarà pattugliata da israeliani, da forze internazionali, solo sorvegliata elettronicamente? Per quanti anni? Nessuno sa che risposta sia possibile, quel che è chiaro è che le idee degli israeliani e dell'Anp sono del tutto opposte. Il governo israeliano col voto del Likud, non solo della destra di Bennett, ha approvato una proposta di legge per la sua annessione. E dei blocchi di insediamenti e dei quartieri di Gerusalemme dove risiede la maggioranza degli israeliani che vivono oltre la linea verde, che accadrà? In un incontro col suo gruppo parlamentare Netanyahu ha detto che non intende affatto cederli e così per luoghi importanti per il popolo di Israele come Hebron e Betel ( http://www.timesofisrael.com/netanyahu-theres-no-kerry-framework-deal-yet-and-it-wont-be-binding-anyway/? ). Certamente gli arabi non sono d'accordo. il dittatore dell'Anp Abbas ha detto di volere i "confini del '67" e tutta Gerusalemme Est come capitale. Come la mettiamo? In quella stessa occasione ha detto anche che la famosa cornice negoziale che Kerry deve presentare non sarà affatto vincolante, ma solo un appunto su cui le parti potranno apporre emendamenti e comunque non è ancora pronto. (http://www.haaretz.com/news/diplomacy-defense/.premium-1.567343 ).
E, ammesso e non concesso che le linee armistiziali del '49 debbano essere la base della trattativa, il che non è affatto stabilito dal diritto internazionale - ma sembra la volontà politica americana ed europea (http://www.varimail.com/asp/broadcast/ILIST/kerry-2014.pdf ) - il possibile scambio di territori come dovrebbe avvenire? Il ministro degli esteri israeliano Lieberman ha fatto una proposta semplice e costruttiva: in cambio dei territori abitati da ebrei che l'Anp non vuole assolutamente accettare, Israele potrebbe dare quei suoi spazi dove la popolazione araba è predominante, come il cosiddetto "triangolo" a Sud Est di Haifa. Non ci sarebbero spostamenti di popolazione, cambiamenti di proprietà private, semplicemente un mutamento di Stato. Sono i palestinisti che vogliono la pulizia etnica e che rifiutano di avere "anche un solo ebreo" sul loro territorio; allora se c'è tanta pressione internazionale per accontentarli, si sposti il confine in modo da avere stati il più possibile omogenei. Peccato però che proprio gli arabi israeliani rifiutino di essere parte di uno stato palestinese (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4473953,00.html ). Quando si tratta di appoggiare Hamas o Fatah, i loro deputati sono pronti a fare comizi, ad abusare dei loro privilegi parlamentari, a salire sulle flottiglie in spregio alla legge dello stato di cui sono rappresentanti, ma chissà perché, quando viene offerta loro la possibilità di unirsi ai loro fratelli, rifiutano (http://www.gatestoneinstitute.org/4119/israeli-arabs-palestinian-state ). Che c'entri la libertà, il benessere, il sistema scolastico e quello giudiziario che l'Anp gestisce come sappiamo?
Ci sono poi i problemi più duri. Se si facesse uno stato palestinese e in esso affluissero i tre milioni o i cinque o i sei che dicono di essere "rifugiati" avendo magari un bisnonno che abitava al di qua del Giordano, la nuova entità statale come gestirebbe questa immigrazione (http://jcpa.org/article/the-palestinian-refugees-on-the-day-after-independence-3/ )? Con che soldi, con che lavoro, in che spazi? Con che garanzia che gente abituata a vivere di carità (e di terrorismo) sarebbe in grado e avrebbe voglia di costruire l'economia e la struttura di uno stato? O continuerebbero a fare, come già capita non solo in Siria e in Giordania ma anche nei territori già amministrati dall'Anp, una massa di disoccupati e il serbatoio di riserva dei gruppi terroristi?
E ancora, è disposta l'Anp, in cambio del nuovo Stato dei palestinesi a riconoscere Israele come stato del popolo ebraico? E a dichiarare con l'accordo chiusa la vertenza ed esaurita ogni rivendicazione, come è accaduto per le paci europee dopo la seconda guerra mondiale, che spesso si prendono ad esempio? E' una condizione essenziale posta da Netanyahu e approvata perfino da Herzog. Ma di nuovo, l'Anp non è affatto d'accordo. Circolano fra i quadri dell'Anp numerose rivendicazioni che dicono che un eventuale accordo non sarebbe che il "primo stadio" (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/175990 ) del grande progetto della distruzione di Israele e della conquista dell'intero territorio, secondo il modello "a fette di salame" (http://elderofziyon.blogspot.it/2014/01/plos-phased-plan-to-destroy-israel-is.html? ) già evocato da Arafat e alla legge coranica per cui i trattati con gli infedeli valgono solamente fino al momento in cui sono convenienti per i musulmani, poi si possono tranquillamente buttare nella spazzatura. Certo, su tutte queste cose ci sarebbe una garanzia americana, ma tutti oggi in Medio Oriente sanno che della parola di Obama non ci si può fidare e che gli impegni che ha preso (l'amicizia con Mubarak, l'intervento in Siria, la distruzione del nucleare iraniano) sono stati scritti sulla sabbia e non l'hanno affatto legato, e così sarebbe per il futuro. Aggiungete che lo stesso vale per Mahmoud Abbas, che fa tanto il "presidente" della Palestina (naturalmente ormai scaduto da cinque o sei anni secondo la legge e mai più rieletto), ma quanto a potere è poco più del sindaco di Ramallah; e Hamas ha più volte messo in chiaro che non si ritiene affatto impegnato da qualunque firma lui possa apporre a qualunque documento, figuriamoci un trattato di pace con Israele.
Insomma sulla carta tutti esaltano l'accordo, ma l'accordo non c'è. Paradossi della politica, in cui chi è interessato si sforza di fingere reale l'inesistente per utilizzarlo: qualche volta funziona, come è il caso dei "territori palestinesi occupati" che sono una finzione, perché non sono né palestinesi né occupati. Ma il gioco delle tre carte, la cui base consiste nel far vedere quel che non c'è come sa chi frequenta i mercati rionali e i loro piccoli imbroglioni, non si può vincere ed è molto pericoloso se non altro per le finanze di chi ci prova. Così sembra che sia oggi il discorso della pace. Magari Netanyahu crede che bisogna fingere di credere ai truffatori che dicono "carta vince/carta perde" per evitare di essere aggredito. L'importante è che sia lucido abbastanza da sapere che in questo gioco ogni puntata è persa.