Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/01/2014, a pag.13, con il titolo "Nasce Al Qaeda 3.0. assalto da Falluja a Beirut" il servizio di Maurizio Molinari da New York sull'avanzata in Medio Oriente dell'islam.
Scriviamo islam senza aggettivi, quello 'moderato' esisterà pure, ma in silenzio. Quello che avanza, nell'impotenza dell'Occidente, è l'islam che vuol conquistare il mondo. Pur essendoci differenze tra sunniti e sciiti, esse scompaiono di fronte al progetto globale del Califfato, come aveva profetizzato Bat Ye'or. Poi si scanneranno su chi deve interpretarlo, ma questa lotta interna all'islam scoppierà quando per gli Stati democratici sarà troppo tardi per farvi fronte. Non diamo la colpa soltanto a Obama, l'Europa si sta comportando nella stessa maniera.
Il bastione a difesa è ormai rappresentato soltanto da Israele.
Ecco l'articolo:
Maurizio Molinari, Miliziani di Al Qaeda nelle strade di Falluja
Al Qaeda riconquista Falluja, da dove l’esercito americano l’aveva espulsa nel 2006. I miliziani jihadisti con le bandiere nere dello «Stato islamico dell’Iraq e del Levante» (Isis) hanno messo in rotta le forze di sicurezza irachene, appoggiate dai clan tribali sunniti, infliggendo un’umiliazione al premier di Baghdad, lo sciita Nuri al Maliki. Era stato proprio al-Maliki, lunedì, ad ordinare un blitz a Ramadi, capoluogo della regione di Anbar a maggioranza sunnita, per porre fine a un sit in di protesta, ma la decisione si è trasformata in un boomerang: Isis è entrato in entrambe le città a sostegno dei manifestanti e Baghdad ha ritirato le truppe, affidando la risposta a polizia e clan tribali. Dopo violenti combattimenti e un bilancio - secondo fonti locali - di centinaia di vittime, venerdì Isis ha assunto il controllo di Fallujah mentre a Ramadi si combatte ancora e, per il «Washington Post», sarebbe caduto in battaglia Abu Bakr al-Baghdadi, l’«Emiro» di Isis. A Falluja fonti arabe parlano di una città «dove il governo iracheno non c’è più» con uffici pubblici e comandi di polizia dati alle fiamme mentre i miliziani girano con auto rubate agli agenti promettendo di «difendere la città dall’esercito dello sciita Maliki e dai suoi alleati iraniani». Le musiche jihadiste trasmesse dagli altoparlanti hanno suggellato la cattura della città che si trova ad appena 69 km a Ovest di Baghdad. Perderne il controllo per Maliki significa rischiare la trasformazione di Anbar - ai confini con Siria e Giordania - in un’enclave ribelle. Maliki ha finora evitato dichiarazioni, affidando all’aviazione attacchi con missili consegnati da Washington e puntando sui clan per la riconquista. Si tratta degli stessi clan con cui si alleò il generale americano David Petraeus nel 2005- 2006 riuscendo a sollevarli contro Al Qaeda ma all’epoca a fare la differenza furono 3000 marines. Fallujah d’altra parte era stata nel novembre 2004 teatro della più feroce battaglia affrontata in Iraq dalle forze Usa, che persero oltre 100 uomini. Per Isis si tratta di un successo militare che ha fatto coincidere con l’annuncio, da parte delle cellule siriane, della rivendicazione dell’autobomba esplosa sabato nei quartieri meridionali di Beirut controllati dagli Hezbollah filo-iraniani. «Siamo riusciti a violare il sistema di sicurezza del partito di Satana ed è solo l’anticipo di ciò che intendiamo fare» recita il comunicato, confermando di considerare gli attacchi a Hezbollah come un tassello della stessa campagna anti-sciita che vede Isis impeamegnato in Siria contro il regime di Assad e in Iraq contro il governo di Al-Maliki. Per Bruce Reidel, ex consigliere anti-terrorismo di Barack Obama e direttore dell’«Intelligence Project» del Brookings Istitution di Washington, ci troviamo di fronte alla «versione 3.0 di Al Qaeda» composta da «Isis in Iraq, al-Nusra in Siria e Brigata Abdullah Azzam in Libano» il cui intento è «distruggere i confini coloniali disegnati alla fine della Prima Guerra Mondiale con l’accordo Sykes-Picot» creando «un unico Stato islamico sunnita» facendo leva «sul conflitto con gli sciiti» e «l’accorrere di migliaia di volontari dall’Occidente» puntando a «fondersi con le cellule nascenti in Sinai e in Egitto» per condurre una campagna convergente contro «il loro peggiore nemico, Israele». «Due anni fa, dopo l’eliminazione di Osama bin Laden in Pakistan e Anwar Al-Awlaki in Yemen Al Qaeda sembrava in ginocchio - aggiunge Reidel - ma ora è in fase di rinascita» seppur venata da dissidi interni. Proprio il leader della Brigata Abdullah Azzam, il saudita Muhammad al Majid, è morto per una «crisi renale» mentre era detenuto a Beirut, dove era stato sottoposto a ripetuti interrogatori per identificare i responsabili del doppio attacco kamikaze all’ambasciata dell’Iran.
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