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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.12.2013 Russia: attentato islamista delle vedove nere a Volgograd
Commento di Guido Olimpio, cronaca di Fabrizio Dragosei

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 dicembre 2013
Pagina: 13
Autore: Guido Olimpio - Fabrizio Dragosei
Titolo: «Quel battaglione di venti vedove nere pronte al martirio - Kamikaze alla stazione di Volgograd. Incubo terrorismo sui Giochi di Putin»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/12/2013, a pag. 13, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Quel battaglione di venti vedove nere pronte al martirio ", a pag. 12, la cronaca di Fabrizio Dragosei dal titolo "Kamikaze alla stazione di Volgograd. Incubo terrorismo sui Giochi di Putin".
Ecco i pezzi:

Guido Olimpio - " Quel battaglione di venti vedove nere pronte al martirio "


Guido Olimpio

Per infliggere i loro colpi, gli estremisti del Caucaso hanno creato una piccola armata. Giovani militanti, determinati e senza remore nel mietere vite di innocenti. Spesso, al loro fianco, le vedove nere. Una delle prime ricostruzioni ha indicato in Oksana Aslenova la responsabile dell’attacco a Volgograd. Altre fonti hanno poi parlato della presenza di un giovane, con uno zaino sulle spalle, e di un’altra donna tutti dilaniati dalla bomba. Se fosse confermato il ruolo di Oksana sarebbe la ripetizione di un modus operandi. Lei, che ha visto morire i suoi mariti negli scontri con i soldati, ha deciso di trasformarsi in una bomba che cammina. Ha indossato la carica esplosiva e si è fatta saltare ieri nella stazione. Lo stesso percorso di una sua amica Naida Asiyalova, responsabile di un attentato su un bus sempre nella stessa città, e di Madina Aliyeva, 25 anni, legata a due compagni «martiri» vendicati facendo strage di militari. In altri casi sono stati i mujaheddin a portare a termine la missione distruttrice o a piazzare un ordigno.
Storie di uomini e donne che si aggiungono a quelle di 46 ragazze protagoniste di attacchi suicidi nell’arco di un ventennio. Un elenco incompleto, in quanto altre sono morte senza che vi fossero testimoni o cronache a raccontarlo. Una falange strumento di lotta e simbolo di chi ritiene di non aver più speranza o futuro. Talvolta manipolate, altre volte fermamente convinte che sia giusto obbedire agli ordini di Doku Umarov, capo dell’Emirato del Caucaso, il movimento che minaccia la regione cerniera ed è deciso a sabotare i giochi olimpici a Sochi.
Gli attacchi non sono certo una sorpresa. Umarov, in estate, dopo mesi di contrasti con altri dirigenti separatisti sull’opportunità di colpire o meno i civili, ha lanciato il suo messaggio. E via Internet ha chiesto di mandare un «segnale forte» per impedire lo svolgimento delle Olimpiadi.
Alla sfida locale si è aggiunta quella internazionale. I ceceni vogliono far pagare al Cremlino l’appoggio incondizionato e decisivo in favore del regime di Damasco. I separatisti sostengono la rivolta dei fratelli siriani e non solo con le parole. Sono centinaia i volontari caucasici presenti nelle file dell’insurrezione. Una saldatura temuta da Mosca che da mesi ha mobilitato risorse importanti per proteggere i Giochi pur consapevole della difficoltà dello scontro. Così è iniziata una partita mortale. Vladimir Putin ha dato carta bianca ai servizi segreti, autorizzando l’Fsb ad una massiccia attività di controllo. Intercettazioni a tappeto, raccolta indiscriminata di dati, fermi, arresti. In Cecenia e Daghestan, oggi punto focale della tensione, hanno fatto lo stesso. Pochi giorni fa, il vice ministro degli Interni ceceno Apti Alaudinov ha esortato i suoi uomini ha usare ogni metodo: «Se avete possibilità di infilare nella tasca di un sospetto false prove, fatelo. Se volete eliminare qualcuno, uccidetelo». Repressione feroce che non porta soluzioni ma solo altro odio. Il dittatore pro-russo che regna a Grozny, Ramzan Kadyrov, è tornato a sostenere(come in passato) che Umarov fosse morto. Sortita alla quale gli avversari hanno risposto diffondendo un video, di difficile datazione, per provare il contrario.
Schermaglie ininfluenti sul corso della sfida dei militanti. Insieme ai colpi di mano, gli estremisti hanno curato l’addestramento di altri kamikaze e «vedove», forse in un centro creato lontano dalla zona operativa. Informazioni non confermate parlano di almeno venti ragazze «diplomate». In un’altra base avrebbero preparato gli uomini. È molto probabile che il massacro di Volgograd sia l’inizio della campagna. Mancando ancora più di un mese ai giochi i militanti dell’Emirato vogliono accentuare la pressione e, al tempo stesso, lanciare un messaggio ai Paesi che parteciperanno alla competizione. Mossa propagandistica e terroristica che potrebbe costare molto. A tutti.

Fabrizio Dragosei - " Kamikaze alla stazione di Volgograd. Incubo terrorismo sui Giochi di Putin "


Fabrizio Dragosei     La stazione di Volgograd

MOSCA — È l’incubo peggiore che torna a stringere la Russia in una morsa a quaranta giorni dalle Olimpiadi di Sochi. Quello del terrorismo che punta ad ammazzare i civili nei luoghi meno vigilati, nelle situazioni più «normali», nelle città che nulla hanno a che fare con le battaglie dei gruppi estremisti islamici o con la preparazione per la Grande Manifestazione che Vladimir Putin ha voluto a tutti i costi.
Ieri a Volgograd, l’ex Stalingrado, ha colpito un commando formato da una delle ormai tristemente celebri vedove nere, e da due uomini. Uno di questi avrebbe portato l’esplosivo nello zaino. L’esplosione è avvenuta all’ingresso della stazione ferroviaria, affollata di gente in viaggio per il Capodanno.
I tre non sono riusciti ad entrare nel salone dove si erano ammassate centinaia di persone, ma hanno attivato l’innesco proprio di fronte ai metal detector posti subito dietro le porte, mentre alcuni poliziotti si stavano avvicinando per controllarli. Una esplosione fortissima, che è stata anche registrata dalle telecamere di sorveglianza situate all’esterno dell’edificio. Alcuni viaggiatori che erano ancora fuori della stazione sono stati scagliati lontano dallo spostamento d’aria provocato dall’equivalente di 10 chili di Tnt.
Nell’area dello scoppio c’è stata una carneficina, con pezzi di metallo inseriti nella bomba che partivano in tutte le direzioni come proiettili. Almeno sedici morti, una cinquantina di feriti tra i quali anche diversi bambini. Morti, secondo la polizia, anche i tre attentatori, Oksana Aslenova, 26 anni, per due volte sposata a terroristi eliminati dalle forze di sicurezza russe, e i due accompagnatori.
Quello di ieri è il secondo attentato della settimana, dopo la bomba piazzata tre giorni fa in un’auto a Pyatigorsk, capitale del distretto del Caucaso del Nord. In quella occasione i morti erano stati tre. Sempre ieri, in tarda serata, altri due attentati, fortunatamente senza vittime, nella repubblica del Daghestan, quella dalla quale proveniva la Aslenova e che è diventata il principale centro operativo dei terroristi.
La Cecenia oramai è stata pacificata, in un modo o nell’altro, ed è gestita con pugno di ferro dall’ex guerrigliero passato nelle file governative Ramzan Kadyrov. Gli irriducibili, guidati da Doku Umarov, che si fa chiamare emiro del Caucaso, operano adesso nelle altre repubbliche a maggioranza islamica della regione. Daghestan in primo luogo, ma anche Kabardino-Balkaria. A luglio Umarov ha lanciato un appello ai guerriglieri superstiti per organizzare attentati contro civili in tutta la Russia allo scopo di far deragliare le Olimpiadi di Putin.
A Sochi e nelle zone limitrofe sarà assai difficile per i terroristi riuscire a fare alcunché, visto che la vigilanza è già altissima e che fra dieci giorni l’intera area verrà praticamente sigillata. Allora si colpiscono i punti deboli, quelli dove diventa quasi impossibile in un Paese grande come la Russia organizzare controlli adeguati. Intanto le città del Daghestan, con la capitale Makhachkala dove quasi ogni giorno vengono attaccati esponenti delle forze dell’ordine. Poi i grandi centri vicini, quelli più facilmente raggiungibili, come appunto Volgograd che si trova a circa 600 chilometri dalla Cecenia. Mosca, almeno per ora, sembra un obiettivo non raggiungibile.

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