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La Repubblica Rassegna Stampa
22.12.2013 Turchia: guerra fra islamisti, scoppia tangentopoli
La cronaca di Marco Ansaldo

Testata: La Repubblica
Data: 22 dicembre 2013
Pagina: 17
Autore: Marco Ansaldo
Titolo: «Tangentopoli turca, in cella i figli dei ministri»

Resa dei conti fra islamisti. Erdogan al potere contro il teocrate espatriato negli Usa, vittima quel che resta dello Stato laico.
Riprendiamo gli aggiornamenti di cronaca dalla REPUBBLICA di oggi, 22/12/2013, a pag.17, il servizio di Marco Ansaldo dal titolo " Tangentopoli  turca, incella i figli dei ministri".

Ecco l'articolo:

È LO scandalo dei lingotti d’oro. Un’esportazione da 84 miliardi di dollari dalla Turchia all’Iran sotto embargo internazionale. Ora il caso della corruzione del governo di Ankara comincia ad assumere contorni inquietanti. Tayyip Erdogan, il premier, attacca addirittura l’ambasciatore americano e minaccia di espellere da Ankara i diplomatici stranieri. Fethullah Gulen, il teologo turco per tutti ormai il chiaro antagonista del primo ministro, arriva persino a maledirlo dal suo auto-esilio negli Stati Uniti. E’ uno scontro durissimo, tutto interno all’Islam. Con toni che hanno già raggiunto il livello di guardia, a soli 3 mesi dalle elezioni amministrative del prossimo marzo.
Ieri due dei tre figli di ministri turchi molto vicini a Erdogan, fermati martedì scorso, sono stati definitivamente arrestati. Si tratta dei rampolli del ministro degli Interni, Muammer Guler, e di quello dell’Economia, Zafer Caglayan. Oltre a questi circa altre 22 personalità vicine all’esecutivo sono già in carcere, tra cui il direttore della banca pubblica Halk Bankasi. Le accuse: corruzione, frode e riciclaggio.
Erdogan, che già lo scorso giugno durante la dura repressione per la rivolta a Piazza Taksim e al Gezi Park di Istanbul, aveva secondo molti osservatori svelato la sua reale “agenda islamica” e inveito contro i circoli finanziari esteri, ieri ha rincarato la dose. E invitato l’ambasciatore degli Stati Uniti, Francis Ricciardone, a «pensare agli affari suoi». «Se cerca di controllare la nostra giustizia — ha detto — faremo quello che c’è da fare. Alcuni ambasciatori si comportano in modo provocatorio. Il mio messaggio a loro è: pensate agli affari vostri, comportatevi con prudenza. Noi non siamo obbligati a tenervi nel nostro Paese».
Parole che vanno a colpire gli Stati Uniti, da 14 anni rifugio del pensatore Fethullah Gulen. La vicenda è proprio da leggere sullo sfondo dello scontro tra Erdogan, autore di recente di una legge che limita le scuole private (leva dell’Islam moderato propugnato da Gulen), e il potentissimo teologo fondatore di istituti in 140 Paesi, di un gruppo editoriale spina nel fianco del premier, e influente nella magistratura e nella polizia.
La replica di Fethullah, uomo anziano e solitamente sobrio e
moderato, è stata di una durezza finora mai registrata. Senza fare il nome del premier, l’intellettuale che un tempo lo sosteneva in un video ha attaccato «chi non bada al ladro, ma persegue coloro che danno la caccia al ladro, chi non vede l’omicidio, ma diffama gli altri, accusando gente innocente ». E aggiunto: «Dio bruci le loro abitazioni, mandi in rovina le loro case, distrugga la loro unità».
L’Autorità turca per le telecomunicazioni ha poi bloccato il sito di Mehmet Baransu, giornalista del quotidiano indipendente Taraf, che conteneva articoli, documenti e foto sulla maxi inchiesta. Sulla homepage ora si legge la scritta “Misure di protezione sono state adottate per questo sito”.
Ma per Erdogan le proteste di Gezi Park della scorsa estate hanno avuto l’effetto di un vero e proprio “vaso di Pandora”. Una volta scoperchiato, non solo hanno mostrato al mondo il lato oscuro del premier, ma fatto emergere i conflitti interni, come quello con il presidente della Repubblica, Abdullah Gul o con i movimenti islamici più moderati. Erdogan, che a suo tempo ha usato l’alleanza dell’influente Gulen per staccare definitivamente la spina ai militari, un tempo veri arbitri della Turchia, ha quindi orientato il Paese verso gli affari e l’edilizia. E Gulen, dopo le proteste di Gezi Park, ha ora l’occasione per scaricare Erdogan, considerato sempre più ingombrante.
Il fatto inedito è che oggi il premier non appare più nel pieno controllo del partito, un tempo unito sotto la sua guida. E il 2014 è alle porte, con elezioni amministrative e presidenziali.

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