Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/12/2013. a pag.17, con il titolo "La Mani Pulite turca su Erdogan, lui vacilla e risponde epurando", il commento di Carlo Panella.
Fetullah Gülen
Tayyp Erdogan rischia di capire a sue spese che chi di magistrati ferisce di magistrati perisce. Forte di uno straordinario successo in politica economica (il Pil turco è raddoppiato in valore monetario in 10 anni) e di un solido consenso elettorale, il premier turco ha fatto largo uso dei processi politici su due fronti. Innanzitutto ha letteralmente sbriciolato quel presidio della laicità dello Stato che era rappresentato dai vertici delle Forze Armate, sbattendo in galera i più prestigiosi generali, a partire dall’autorevolissimo Ilker Basbug, capo di stato Maggiore. L’accusa era gravissima: avere costituito una organizzazione segreta dal nome Ergenekon che tramava con attentati per sovvertire l’odine democratico. Ma Erdogan ha usato largamente delle sue influenze sulla magistratura, anche contro il movimento di piazza nato per difendere gli alberi di Gezi park. Sentenze a lui favorevoli sul piano urbanistico e dure condanne ai manifestanti arrestati gli hanno consegnato la vittoria a tavolino sulla spinosa questione. Ma evidentemente ha esagerato, ha suscitato sospetti di eccesso di protagonismo e di autoritarismo nei suoi più stretti alleati e la reazione non si è fatta attendere.
Due giorni fa la magistratura ha ordinato gli arresti di 52 personaggi, legati a doppio filo a Erdogan e al suo governo, con accuse di peculato, corruzione e persino di film porno, il tutto accompagnato da testimonianze su milioni di dollari di mazzette consegnati in scatole di cartone. Tra gli arrestati eccellenti, Ali Agaoglu, il più grande palazzinaro di Istanbul, amico personale e finanziatore del premier e i figli dei ministri degli Interni, dell’Ambiente e dell’Economia. Rabbiosa la reazione del premier, che ha ben chiaro che rischia il disastro politico ed elettorale e che ha subito dimissionato il capo della polizia di Istanbul e la decina di funzionari che hanno operato gli arresti.
Clima da «notte dei lunghi coltelli» dunque, e dagli esiti imprevedibili. Perché è chiaro a tutti che il presidente della Repubblica Abdullah Gül e Fetullah Gülen, grande ideologo musulmano a capo di una fondazione che controlla centinaia di moschee e larga parte dei media turchi, sono, se non i mandanti e gli ispiratori dello scandalo, quantomeno i principali beneficiari. Gül e Gülen da mesi hanno preso le distanze dalla spirale autoritaria in cui Erdogan si è sempre più involuto. Hanno chiesto risposte soft al movimento di Gezi park, non hanno supportato la pratica di decimazione per via giudiziaria dei generali laici. Alcuni osservatori, a Istanbul, sostengono pubblicamente che i magistrati che hanno ordinato gli arresti di corrotti e corruttori sono direttamente manovrati da Gülen (che vive in volontario esilio dal 1997 negli Usa).
Immediata, naturalmente, la sua smentita, non del tutto convincente. È chiaro comunque che questo è solo il primo atto di una «resa dei conti» che colpirà a destra e a manca e che avvelenerà la scena politica turca, una sorta di «Mani Pulite » in salsa ottomana, da qui alle eleIoni politiche e presidenziali imminenti. Elezioni in cui Gül, a oggi è favorito e Erdogan, da ieri, rischia una fine impietosa.
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