Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/12/2013, a pag.15, con il titolo "Islamico tenta di ammazzare la figlia 'libera'. Per la Cassazione merita lo sconto di pena", l'incredibile sentenza della Cassazione, nell'articolo di Andrea Morigi.
La Corte di Cassazione
Non hanno insegnato nulla gli omicidi di Hina Saleem e Sanaa Dafani. Da ieri è come se fossero stati massacri inutili, compiuti nel nome della legge coranica sul territorio italiano. Anzi, il sospetto è che siano serviti addirittura a infiltrare il nostro ordinamento giuridico con elementi di sharia, vista la sentenza con cui la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che non si deve applicare l’aggravante dei futili motivi per il padre islamico che tenta di uccidere la figlia. Lo si evince dalla sentenza con cui è stata annullata con rinvio la condanna a sette anni di reclusione, inflitta dalla Corte d’appello di Milano a un uomo di origine egiziana, accusato di tentato omicidio ai danni della figlia, all’epoca dei fatti - settembre 2011 - ancora minorenne. Hamed Ahamed dopo aver scoperto che, ancora minorenne e non sposata, aveva avuto rapporti sessuali con un ragazzo italiano, non poteva transigere. Dover lavare l’onta. Perché nei Paesi islamici un infedele non può sposare una musulmana. Un musulmano può sposare una donna infedele, però. E, nel caso specifico, si trattava di una circostanza ancora peggiore, il concubinato. Se l’avessero saputo al Paese d’origine, la reputazione della famiglia sarebbe stata distrutta per sempre. A scatenare la furia dell’uomo era stata inizialmente una fotografia che ritraeva la figlia, allora 17enne, in atteggiamenti intimi con il fidanzato, un ragazzo italiano. Il giorno prima dell’episodio oggetto del processo, il padre, rientrato a casa, aveva sorpreso la ragazza, con indosso solo un asciugamano, e il fidanzato nascosto sul balcone, il quale, quindi, era statomesso alla porta. Quella stessa sera la figlia aveva ammesso, durante una discussione con il padre, di non essere più illibata. La mattina dopo, secondo l’accusa, l’uomo aveva cercato di soffocare la figlia con un sacchetto di plastica, ma la ragazza era riuscita a scappare. «Nel caso in esame - si legge nella sentenza depositata ieri - l’imputato ha agito perché si è sentito disonorato dalla figlia, la quale non solo aveva avuto rapporti sessuali senza essere sposata e da minore, ma aveva avuto tali rapporti con un giovane di fede religiosa diversa, violando quindi anche i precetti dell’Islam». Dunque, «per quanto i motivi che hanno mosso l’imputato non siano assolutamente condivisibili nella moderna società occidentale - scrivono i giudici della Suprema Corte - gli stessi non possono essere definiti futili, non potendosi definire né lieve né banale la spinta che ha mosso l’imputato ad agire ». La Corte d’appello di Milano, dunque, dovrà riesaminare il caso limitatamente alle contestate aggravanti dei futili motivi e della premeditazione. E magari concedere le attenuanti culturali, per segnalare che l’Italia è pronta a piegarsi all’inciviltà giuridica.
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