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La Stampa Rassegna Stampa
18.12.2013 Romania: dopo i canti antisemiti aderisce al boicottaggio economico
e il premier olandese si augura la fine del blocco di Gaza. Cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 18 dicembre 2013
Pagina: 1
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Svolta di Bucarest: 'Stop all’impiego di lavoratori nelle colonie israeliane'»

Riportiamo dal sito internet della STAMPA, l'articolo di Francesca Paci dal titolo " Svolta di Bucarest: 'Stop all’impiego di lavoratori nelle colonie israeliane' ". La nota positiva sta nel fatto che non  è uscito anche sul cartaceo.


Francesca Paci   Una manifestazione contro Israele in Romania


 Mark Rutte stringe la mano ad Abu Mazen

Francesca Paci scrive : " la Romania è stato l’unico paese comunista a non rompere le relazioni diplomatiche con Israele durante la guerra fredda e che i reciproci scambi sono tuttora molto intensi". Non avrà rotto i rapporti diplomatici, ma, proprio in questi giorni, ha diffuso attraverso la tv di Stato canti natalizi antisemiti (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=51675). Francesca Paci prima di descrivere in maniera idilliaca l'atteggiamento della Romania nei confronti di Israele, forse avrebbe potuto informarsi meglio.
Paci continua : "
Un paio di settimane fa doveva essere installato al confine tra Israele e Gaza un nuovo scanner di fabbricazione olandese e il primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte era stato invitato alla cerimonia. Peccato che a poche ore dall’incontro Rutte abbia auspicato di veder utilizzato lo scanner per incrementare gli scambi commerciali tra Israele Gaza e rompere in parte il blocco imposto da anni alla Striscia. Israele non ha gradito e ha accusato l’Olanda di voler imporre “condizioni politiche”. ". Le dichiarazioni di Rutte sull'intensificarsi degli scambi commerciali tra Israele e Gaza sono del tutto fuori luogo. Se Israele controlla attentamente tutto ciò che entra ed esce dalla Striscia c'è un motivo: il terrorismo di Hamas, associazione terroristica che controlla Gaza. Non è possibile pensare di aprire il confine tra Gaza e Israele, perché questo comporterebbe l'ingresso nello Stato ebraico dei terroristi della Striscia. Rutte terrebbe le frontiere aperte se avesse un vicino che lancia quotidianamenti razzi su Amsterdam ?
Paci continua : "
Il tema è caldissimo, soprattutto a ridosso dei funerali di Mandela e della rivendicazione palestinese di vivere in un regime di apartheid simile a quello sudafricano (messo di fatto in scacco dal boicottaggio economico). ". I palestinesi non vivono in nessun regime di apartheid. La dimostrazione è data dal fatto che i cittadini arabi israeliani godono di tutti i diritti, gli stessi accordati a tutti gli altri cittadini. Sono rappresentati persino in Parlamento e uno dei giudici della Corte Suprema di Israele è arabo.Per quanto riguarda le condizioni dei palestinesi a Gaza e nell'Anp, la responsabilità non è israeliana, ma delle dittature che loro stessi hanno votato. Se non ci fosse il terrorismo palestinese contro Israele, non sarebbero necessari blocchi, controlli, barriera di sicurezza.
Uno Stato ha il dovere di garantire la sicurezza dei propri cittadini, per quale motivo Israele dovrebbe essere diverso ?
Paci scrive "
Giovedì il quotidiano israeliano liberal Haaretz ammoniva il proprio governo dal rischio d’incappare nella sorte sudafricana ". Con tutti i quotidiani israeliani esistenti, perchè citare solo Haaretz ?
Il rischio di incappare "
nella sorte sudafricana " e venire, quindi, boicottato, non ha nulla a che vedere con l'attuale governo. Israele è una democrazia, l'unica in Medio Oriente. La propaganda palestinese è responsabile dei boicottaggi. E, come dimostrato da tutti i negoziati passati, ai palestinesi mon interessa la fondazione di uno Stato, quanto la cancellazione di Israele. E poi appropriarsene.
Ecco l'articolo:

L’ultimo in ordine di tempo è stato il governo di Bucarest. Le altalenanti relazioni tra l’Unione Europea e Israele ricevono un nuovo colpo dalla decisione della Romania di impedire ai propri connazionali di lavorare alla costruzione di nuove colonie nei territori palestinesi occupati. Un indicatore importante del clima di tensione creatosi dopo il giro di vite di Bruxelles sugli insediamenti, considerando che la Romania è stato l’unico paese comunista a non rompere le relazioni diplomatiche con Israele durante la guerra fredda e che i reciproci scambi sono tuttora molto intensi.

Fino ad alcuni mesi fa, ricostruisce l’Istituto di Studi per la Politica Internazionale, Bucarest si era detta disponibile all’impiego di imprese rumene nei cantieri edilizi israeliani in Cisgiordania sia pur chiedendo garanzie sul fatto che non avrebbero lavorato in aree considerate illegali dal diritto internazionale. Poi l’Unione europea ha pubblicato le nuove guide-line che impongono da gennaio l’interruzione di ogni finanziamento governativo a favore di ditte israeliane impiegate nei territori palestinesi occupati. E, nonostante l’assenza di una politica estera europea comune, la Romania si è di fatto adeguata.

Israele fa sapere che se la Romania rinuncia si rivolgerà alla Moldavia e alla Bulgaria (nel frattempo sta allargando i propri orizzonti commerciali all’India, la Cina e l’America Latina), ma l’atmosfera è cupa. Quello con Bucarest arriva poco dopo un altro “disguido” europeo. Un paio di settimane fa doveva essere installato al confine tra Israele e Gaza un nuovo scanner di fabbricazione olandese e il primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte era stato invitato alla cerimonia. Peccato che a poche ore dall’incontro Rutte abbia auspicato di veder utilizzato lo scanner per incrementare gli scambi commerciali tra Israele Gaza e rompere in parte il blocco imposto da anni alla Striscia. Israele non ha gradito e ha accusato l’Olanda di voler imporre “condizioni politiche”. Risultato: Rutte ha disertato la cerimonia e il suo ministro degli esteri Frans Timmermans è andato in visita alla città palestinese di Hebron rifiutando la scorta militare israeliana.

Il tema è caldissimo, soprattutto a ridosso dei funerali di Mandela e della rivendicazione palestinese di vivere in un regime di apartheid simile a quello sudafricano (messo di fatto in scacco dal boicottaggio economico). Pochi giorni fa, cedendo alle pressioni di attivisti pro boicottaggio degli insediamenti israeliani, la compagnia olandese di acqua potabile Vitens ha tagliato i ponti la Mekorot, la compagnia nazionale israeliana dell’acqua, per la sua presenza nei territori palestinesi occupati. Nello stesso tempo la UK Trade & Investment ha pubblicato una guida mettendo in guardia le aziende dal fare affari con le colonie israeliane.

Giovedì il quotidiano israeliano liberal Haaretz ammoniva il proprio governo dal rischio d’incappare nella sorte sudafricana mentre il ministro delle finanze Yair Lapid ha ripetuto anche recentemente che se i colloqui di pace con i palestinesi dovessero fallire Israele rischierebbe “sanzioni”. L’Unione Europea, divisa su quasi tutto, sembra in questo caso piuttosto compatta.

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