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La Stampa Rassegna Stampa
15.12.2013 I servizi di intelligence dei paesi democratici devono combattere insieme il terrorismo islamico
Paolo Mastrolilli intervista Leon Panetta

Testata: La Stampa
Data: 15 dicembre 2013
Pagina: 19
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Sì, l'America vi ha intercettati, ma per difendervi da Al Qaeda»

Dalla STAMPA di oggi, 15/12/2013, a pag.19, con il titolo "Sì, l'America vi ha intercettati, ma per difendervi da Al Qaeda", una lunga intervista con Leon Panetta di Paolo Mastrolilli, che riprendiamo soprattutto per la parte iniziale, dove, finalmente, viene detto senza le abituali ipocrisie, che i servizi segreti dei paesi democratici devono collaborare per sconfiggere i nemici comuni, il più temibile oggi è il terrorismo islamico. E' giusto spiare, è giusto intercettare, è giusto catturare che è sospettato di preparare un attentato. E Panetta lo afferma chiaro e forte. Era ora.

Dall'alto: Leon Panetta, Paolo Mastrolilli, Bin Laden

Posso dire questo: nelle relazioni con le controparti italiane c’è stata molta trasparenza. Le ho informate di cosa facevamo, e loro hanno condiviso con me quello che facevano ». Leon Panetta non prova neanche a negare lo spionaggio americano in Italia e in Europa,ma lomette nel contesto: primo, nasceva dal bisogno di proteggere entrambi i Paesi; secondo, tutti sapevano. Poche persone hanno avuto tanto potere quanto lui a Washington: responsabile del bilancio e capo dello staff nella Casa Bianca di Clinton, direttore della Cia e segretario alla Difesa con Obama. Da qualche mese è tornato a casa, nel suo ranch in California,ma accetta di fare il bilancio della sua esperienza con «La Stampa».
Sul piano militare, l’Italia collabora con gli Stati Uniti in vari fronti. Guardando al futuro, qual è il più importante? «Siete uno dei migliori partner che abbiamo per la sicurezza. La chiave ora è il Medio Oriente, dove avete grandi entrature. Senza di voi, ad esempio, non credo sarebbe stato possibile rovesciare Gheddafi. La minaccia di Al Qaeda però continua a crescere, e combattere il terrorismo resta la priorità». L’Italia addestrerà la nuova forza libica reclutata tra le milizie: il Paese rischiadi esplodere? «Sì,è una delle preoccupazioni più gravi. Poi c’è la tremenda incertezza in Siria, che può destabilizzare l’intera regione». La Siria pare il nuovo Afghanistan: terra di reclutamento e addestramentoper i terroristi,dacuipoicolpire l’Europa. «L’intelligence indica che questa è una grave minaccia. Abbiamo avuto successo contro Al Qaeda, in Pakistan,ma ora ci sono le metastasi. Si stanno diffondendo soprattutto in Nordafrica, però anche in Yemen, Somalia e Mali. Al Qaeda influenza l’opposizione in Libia, e sta cercando di ricostruire le sue basi in Siria attraverso Al Nusra. Da qui punta a colpire l’Europa e gli Stati Uniti.Non possiamo permetterlo». La cooperazione internazionale contro il terrorismo è stata scossa dallo scandalo Nsa. Lei come lo giustifica agli italiani? «Era chiaro a tutti i membri della vostra intelligence che se volevamo proteggere i nostri Paesi, dovevamo avere operazioni di controllo che consentissero di sapere dove e quando avrebbero colpito i terroristi. Dopo l’11 settembre abbiamo sviluppato capacità più ampie, con cui abbiamo prevenuto attacchi in Italia e negli Usa. Gli italiani debbono trarre conforto dal fatto che le nostre agenzie lavoravano in stretta collaborazione, e c’era una costante condivisione delle informazioni. Sarebbe un grave errore limitare o compromettere queste capacità di controllo». Spiavate il governo italiano e anche il Vaticano? «Non ero a capo della Nsa, e quindi non ho il dettaglio delle loro operazioni. Posso dire però che c’era una stretta cooperazione tra le agenzie di intelligence, in particolare quella che io dirigevo, e una condivisione delle informazioni utili a neutralizzare le minacce contro entrambi i Paesi». Era necessario intercettare il premier o i cittadini qualunque? «C’è stata molta trasparenza reciproca. Ho la certezza che tutti abbiano operato nella massima onestà per proteggere i due Paesi». Bob Lady, capo della Cia a Milano che gestì il rapimento di Abu Omar, ha chiesto la grazia a Napolitano: è la strada giusta? «Sì. Spero che le autorità italiane considerino la clemenza, per tutti gli agenti americani e italiani coinvolti.Certamente sono stati commessi errori in quel caso, ma sono convinto che tutti lavorarono in buona fede per difendere i nostri Paesi». Lady ci ha detto che le cellule terroristiche contro cui lottava in Italia sono ancora attive. È vero? «Sì, penso sia giusto. Il problema per l’Italia è che a causa dei confini aperti nella Ue, controllare se chi entra è coinvolto in attività terroristiche è diventata una sfida molto più difficile». InSicilia ci sono molte polemiche per il Muos, le grandi antenne della Nato che sarebbero nocive alla salute degli abitanti. «Quelle basi sono così importanti per le nostre operazioni nella regione, che è assolutamente necessario lavorare con la comunità locale e rispondere alle sue preoccupazioni». L’Italia ha ridotto la partecipazione al programma dei nuovi caccia F35, e molti vorrebbero annullarlo. «Questo aereo è il futuro. Per mantenere un apparato militare forte, in grado di difenderci, dobbiamo restare all’avanguardia nella tecnologia. L’Italia deve avere queste capacità, se vuole rimanere una potenza militare efficace e utile». Le pretese avanzate dalla Cina sulle isole contese col Giappone rischiano di provocare uno scontro? «Sono passi pericolosi, perché ci espongono al pericolo di errori umani di giudizio, capaci di portare a un conflitto. Quello spazio aereo deve restare aperto, così come le rotte marittime.Se la Cina vuole far parte della comunità internazionale, deve accettare le regole e non pretendere di imporre le sue.Sonocontento che gli Usa abbiano rifiutato la decisione di Pechino». Come giudica l’accordo preliminare con l’ Iran sul nucleare? «Sono sempre scettico, perché non puoi mai fidarti di Teheran. Applaudo i negoziati, ma il vero lavoro resta da fare. Primo, l’Iran ha circa 10.000 centrifughe, servono passi significativi per limitarle e controllarle; secondo, ha promesso di ridurre il fuel atomico già prodotto,ma ciò richiede ispezioni approfondite; terzo.aveva strutture segrete per il programma nucleare: cosa ci garantisce che non ne costruirà altre dopo l’eventuale accordo, e la sua polizia segreta Irgc non continuerà il programma?». Lei come capo della Cia spinse il presidente a lanciare il blitz contro Osama bin Laden: come lo convinse? «Ricordo bene la seduta del National SecurityCouncil in cui fu presa la decisione. Molti erano scettici: in pratica solo i membri dell’intelligence e i militari erano convinti. In effetti c’erano rischi, e non avevamo la certezza assoluta che Bin Laden fosse là, però possedevamo la miglior intelligencedai tempi di Tora Bora.Quando il Presidente domandò il mio parere, gli citai la formula che usavo da deputato nelle decisioni controverse: chiediti cosa farebbe l’americano medio. Se sapesse che abbiamo ottime informazioni, e i Seals pronti ad agire, correrebbe il rischio?». Quale fu il momento più difficile? «Quando cadde l’elicottero. Nella Situation room tutti erano nervosi, e io alla Cia friggevo. Pensai che la missione fosse fallita e chiesi all’ammiraglio McRaven, capo delle forze speciali, cosa diavolo succedeva. Lui non fece una piega: tutto bene, sta già arrivando l’elicottero di scorta». Alcuni dubitano persino che abbiate preso Osama. «È stata la migliore operazione di cooperazione tra militari ed intelligence che io conosca». È vera la scena del film«ZeroDark Thirty », in cui durante il pranzo a mensa l’agente Maya la convince a lanciare l’attacco? «Quello è un film, però una riunione del genere c’è stata davvero. La determinazione di Maya, responsabile delle ricerche, e le conferme di gente di grande esperienza mi convinsero». Le è piaciuto come l’ha interpretata JamesGandolfini? «Mi scrisse, per scusarsi. Risposi che ero felice di essere stato interpretato da un bravo italiano. Lui disse che era nervoso, perché nella sceneggiatura io dicevo un sacco di parolacce: stai tranquillo - gli confessai - quella è la parte più vera del film».

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