IC ha pubblicato sabato 07/12/2013 un articolo di Giulio Meotti uscito sul FOGLIO: (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=51613).
Era preceduto da un nostro commento, che ha suscitato molti interventi fra i nostri lettori. Dedichiamo due pagine, divise tra chi è critico nei confronti di Meotti (la maggior parte) e chi (pochi) lo giustifica.
In questa pagina le opinioni contrarie a Giulio Meotti:
E’ un pezzo spietato nel vero senso originario del termine: totale assenza di pietas. Che dovrebbe essere la capacità di mettersi nei panni degli altri. Poi naturalmente c’è la questione del raccogliere pezzi di frasi qua e là. E’ indice della disinvoltura con cui si sta ormai trattando il tema di quella memoria. tutto si può capovolgere, distruggere.
Elena Loewenthal
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Giulio Meotti pare aver assimilato perfettamente il modo di fare giornalismo che piaceva al Minculpop italico ed al Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda diretto da Joseph Goebbels. "Calunniate, calunniate, qualcosa resterà". Si meriterebbe epiteti sanguinosi, che qui non scrivo perché potrebbero leggermi delle signore. Per inciso, non ho letto il volume, appena uscito, di Guri Schwarz e Arturo Marzano, ma conosco bene i due autori, di cui, oltre ad essere amico personale, apprezzo la finezza interpretativa, l'acume analitico e l'acribia storiografica; sono quindi certo che han parlato di Primo e delle sue posizioni verso Israele in modo puntuale, accurato e rispettoso della statura dell'uomo. Il tentativo di Meotti di usare il loro testo per calunniare un grande scrittore, un grande testimone, un grande italiano ed un grande ebreo è ignobile.
Brunello Mantelli
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L'articolo di Giulio Meotti, falsa totalmente la verità dei fatti: ho conosciuto personalmente Primo Levi e ricordo perfettamente le sue espressioni di ammirazione e di affetto per l'allora giovane Stato d'Israele. Giulio Meotti non è solo un falsario è anche un ripugnante esempio di manipolatore che, per propri inconfessabili fini, manipola dati storici incontrovertibili.
Arturo Schwarz
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L'ho trovato terrificante. Non solo per quello che riguarda Primo Levi, ma anche tutti gli altri che si erano diligentemente accodati. Pavidi sepolcri imbiancati, soprattutto quelli che l'ebraismo l'avevano riscoperto in tarda età - chissà, forse avevano paura di andare all'inferno - reinventandolo a loro uso e consumo, purché fosse consonante con il loro pensiero politicamente corretto. Per me erano cose già risapute, e che qualcuno ne riparli oggi non mi sembra un delitto, anche se è come sparare alla Croce Rossa. Che tristezza però, quando l'intelligenza obbedisce all'ideologia corrente, illudendosi per giunta di fare la cosa giusta...eppure tutti quanti quegli eroi in poltrona qualche libro di storia l'avevano pur letto!
Nicoletta Laudi Levi
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Delegittimare Primo Levi affermando che lo scrittore era contro Israele? La summa di affermazioni ritenute semplicisticamente antisraeliane trascura tutta la complessità della situazione politica e culturale in cui tali affermazioni trovarono luogo, oltre a non tener conto dell'onestà intellettuale di Levi.Si dovrebbe poi compiere la prima e semplice operazione che chiunque lavora sul passato considera preliminare: la contestualizzazione. Tale operazione sarebbe sommamente necessaria ogni qual volta si utilizzano dichiarazioni, riflessioni, dialoghi.
Non si dovrebbe mai dimenticare il tormento emotivo e intellettuale che le grandi questioni pongono e hanno posto, e che non potranno mai essere ridotte a slogan più o meno articolati, impedendo dialogo e incontro, e che mai dovrebbero significare delegittimizzazione ed esclusione.
Elisabetta Massera
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Scambiare il dubbio metodico di un intellettuale, la sofferenza di un uomo buono che non comprende i mali del mondo nonostante li abbia subiti nella loro massima espressione, lo stupore dinanzi a scelte politiche, in quanto tali, spesso incoerenti, ottuse o disperate agli occhi del pensatore profondo, lo sfogo umanissimo per razionale dichiarazione di intenti o sentimenti, fa parte di quella cultura compilativa da primini della classe che vedono e analizzano ogni singolo albero senza aver mai percezione della foresta. Se a questo aggiungiamo quel cinismo tipico di certi pseudo-intellettuali che, per stupire e accreditarsi, prima costruiscono patchwork improbabili e poi ne traggono tesi aberranti, la frittata è fatta: ecco servito un Primo Levi antisionista e anti israeliano!
Davide Perazzelli
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Stupefatta, arrabbiata. Il libro di Berel Lang non dice questo!
Anna Bravo
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Il tentativo di legittimare una posizione ideologica componendo e distorcendo parti estrapolate da contesti vari e variegati a proprio piacimento è come il tentativo di fondere una statua di bronzo in uno stampo di cartone: per fortuna, direi, perché è molto facile vedere il risultato in entrambi i casi. Trascinare un grande personaggio come Primo Levi in una legittimazione dello stato di Israele, “impreziosita” da una cronaca basata sul copione del ripensamento, della presa di coscienza “nonostante” l’essere ebreo contro lo stato degli ebrei è purtroppo un copione non nuovo. Fa sempre effetto, perché se le critiche fatte a Israele sono sempre da rilanciare, quelle provenienti da un ebreo democratico devono essere tenute in ancor migliore consideranzione. Questioni di marketing, piú che di storia. Non mi dilungo. Segnalo, piuttosto, che mi ha colpito una frase a proposito della cronaca della Guerra dei sei giorni: «“Parecchi vorrebbero aprire le loro case ai bimbi israeliani”, recita un articolo della Stampa, oggi impensabile». È vero, purtroppo. Perché? Non è cambiata Israele, che continua a essere una democrazia vera, l’unica della regione, se possibile ancora piú rafforzata nelle sue strutture fondamentali come il parlamento e la Corte suprema. Non sono cambiati i suoi nemici, se non nel raffinarsi nelle strategie sia belliche sia di propaganda. È peggiorata per modi, metodi e violenza una stampa che abbandona la minima oggetività dovuta al lettore e alla lettrice per lanciarsi, con sistemi sempre piú subdoli, nel solito feroce odio contro gli ebrei, contro la differenza, contro la vera democrazia. Spero soltanto di non essere mai l’unico a spaventarmi, a temere e a reagire di fronte a simili tentativi. Spero di non essere mai l’unico a capire la differenza tra una società totalitaria, che si può criticare solo da fuori, e una democrazia reale e compiuta, dove le critiche non solo possono, ma devono esistere per il funzionamento della stessa. Perché è in quest’ultima che voglio vivere.
Mario Moisio
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Non sono una grande conoscitrice dell'opera di Primo Levi, tuttavia ne so abbastanza per immaginare che si stia rigirando nella tomba. Non capisco lo scopo di quell'articolo.
Jocelyne Cohen Mosseri
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Non me la sento di chiudere con un aggettivo una cosa che non conosco a sufficienza. Che ci siano ebrei antisionisti é un fatto, perfino in Israele, perfino tra gli ultrareligiosi. Non é la mia posizione, ma ne prendo atto. Conosco cittadini israeliani i cui figli erano militari, che temevano chè loro, dopo quelle esperienze, potessero perdere lo spirito originario del sionismo. Pur stando istintivamente dalla parte di Israele ( non perchè right or wrong...) capisco chi dice che l'ebraismo è la diaspora. Che Primo Levi si sia accostato a queste posizioni, mi sembra dimostrato dalle citazioni , che ritengo letterali e non penso siano false. Quello che mi ha colpito e a cui non posso credere, sono certe "forzature" ( apposta lo metto tra virgolette) tipo gli accostameni al nazismo. Dovrei rileggere il testo ( e francamente mi dà un po' fastidio) ma ci sono mi pare un po' prima della metà, cose che non tornano, non possono tornare, che sono di Meotti (che non conosco affatto) e non di Levi ( che non conosco abbastanza). Quindi credo che la vostra indignazione sia giustificata, e sostenibile senza entrare nel merito della politica dello Stato di Israele.
Stavo ancora pensando alla frase di Primo Levi ( non la conoscevo: presumiamo che sia autentica….) che l’ebraismo è nella diaspora.
In effetti nel momento in cui Israele è uno stato, acquista il diritto di avere una sua politica, che chiunque ha il diritto di criticare, esattamente come quella degli USA o dell’Iran.
Il contrario sarebbe conferire a Israele uno status diverso, ovviamente a causa della sua storia. Questo sì che sarebbe “sacrilego” in quanto la strumentalizzerebbe a fini politici contingenti.
Ci fa sobbalzare, troviamo scandaloso e repellente qualificare di “nazista” la politica di Israele verso i suoi vicini. Ma la ragione per cui la metafora è scandalosa, è che banalizza il nazismo e quindi nega l’unicità della Shoah. Si deve reagire a ogni suo uso metaforico, non solo quando viene detta a proposito di Israele, facendo leva sul fatto che è patria anche di coloro che il nazismo lo soffrirono davvero.
Questo non è in contraddizione con chi sostiene, secondo me perlopiù a ragione, che l’antisionismo è la versione “presentabile” dell’antisemitismo. Però che l’antisionismo, nella forma di critica anche pesante nei confronti della politica israeliana, sia usato strumentalmente dagli antisemiti veri, non significa che quelle critiche non siano legittime. Ma proprio per questo chi lo usa lo fa a suo rischio e pericolo, e deve pesare bene le parole se non vuole essere confuso con gli antisemiti. A meno che non sia proprio quello che vuole: come forse è il caso di quel tale (ho rimosso il nome) che ha scritto sul Foglio.
Franco Debenedetti
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Cosa è successo a Giulio Meotti? E’ in cerca di popolarità tra gli odiatori d’Israele?
Che articolo triste!
Astrit Sukni
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Scrive a un certo punto Meotti, a proposito delle idee di Levi su Israele e dell’uso che ne è stato fatto: “magari forzando il senso delle sue parole e del suo pensiero”. Ecco, appunto. Meotti manca di spiegare cosa è verità nei giudizi di Levi e cosa forzatura. Dunque il suo giudizio su Levi resta fortemente ambiguo e la questione irrisolta.
Alessandro Litta Modignani
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Devo dire. in premessa, che non sono un appassionato di narrativa, ho letto poco di Primo Levi e conosco a malapena la sua vicenda storica. Peraltro, da decenni mi sono appassionato alla storia di Israele, come popolo e come Stato. Non so se a quante volte Levi sia stato in Israele. Soprattutto, il suo black-out non gli ha consentito di rendersi conto della deriva del Medio Oriente, soprattutto del conflitto israelo-palestinese. Un altro aspetto che, a mio modo di vedere va considerato, gli ebrei italiani dal dopoguerra in poi sono sempre stati politicamente appiattiti, salvo alcune eccezioni, sulle posizioni della sinistra, anche estrema. Quella sinistra-giano bifronte che, da un lato, ha sempre blandito opportunisticamente il modo ebraico (che si è lasciato blandire) e dall'altro si è sempre dichiarata paladina delle cause degli oppressi ritenendo, a mio modo di vedere manicheisticamente, che quella palestinese rientrasse nel novero di quelle meritevoli di sostegno contro Israele Stato oppressivo ed egemonico. Un ragionamento troppo semplice, troppo facile e soprattutto troppo sbrigativo: una clamorosa distorsione della realtà. Levi ha respirato quell'atmosfera da ebreo sui generis, dalle gracili radici ebraiche. Marchiato nell'anima più che ne corpo dall'esperienza della Shoàh, secondo me non era in grado di guardare la realtà dei fatti e la loro evoluzione con la lucidità necessaria a cogliere i dettagli, le sfumature, gli orientamenti di una strategia, quella araba e palestinese in particolare, troppo sottile per essere sbrigativamente abbozzata con quattro colpi d'accetta. Un parere sull'articolo? Squallido.
Maurizio Del Maschio
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Sentirsi ebrei in diaspora è cosa complessa e Primo Levi è un testimone sensibile di questa ricchezza di emozioni contradditorie, per questo è molto amato in Israele. Cos'ha capito Giulio Meotti di questa complessità?
Giulia Linussio
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Non so se è ripugnante (o forse sì), comunque mi sembra che Meotti voglia fare l'accademico a tutti i costi (dotte citazioni, una specie di esegesi del pensiero di Levi su Israele, ecc.) mascherando in realtà una gran dose di ipocrisia.
Certo, è vero che Levi si candidò con Democrazia Proletaria, ma se ne pentì presto.
Ancora più chiaro l'appello, firmato da Levi, contro la degenerazione della politica italiana di appoggio all'OLP.
Primo Levi era un grandissimo intellettuale, con un pensiero articolato e complesso. Usare questa complessità andando a recuperare affermazioni per costruire una tesi è operazione facile, ma intellettualmente disonesta. Ancora di più se si utilizza per dire che Levi ha di fatto contribuito ad alcune tesi della propaganda antisionista, senza dire che ciò non è avvenuto affatto per volontà o con l'appoggio di Levi, ma con "appropriazioni indebite" (nel migliore dei casi) quando non con vere e proprie falsificazioni, come ho indicato all'inizio.
Sorvolare su tutto questo, su come questa propaganda abbia voluto distorcere e mistificare il pensiero di Levi, è un' operazione ipocrita. E anche piuttosto ripugnante.
Dario Peirone
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L’articolo è molto sgradevole: narra la difficoltà di Levi e di tanti ebrei della diaspora a conciliare le parti diverse della propria identità – ma narra i fatti in modo contorto, il pensiero (di Levi) in modo frammentario, privo di significato. Se ne trae l’impressione che accusi Levi di essere un capo-fazione anti-Israele. Mi piacerebbe sentire che cosa ha da dire in proposito David Meghnagi. La mia personale spiegazione è che Meotti scrive anche in questo caso senza ‘compassione’ (nel senso etimologico della parola) per le persone di cui parla, ma andando alla ricerca di chi ha ragione e chi ha torto, chi è buono e chi è cattivo. Come se ci dovessimo schierare o contro Levi o contro Israele. E’ la sua costante caratteristica - e non è apprezzabile.
Laura Camis de Fonseca
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Meotti come Fouché ?
Il ministro di polizia napoleonico soleva dire che gli bastava una frase qualsiasi per distorcerla e condannare a morte una persona.
Ritagliare frasi dal contesto e' sempre un'operazione squallida.
Dante Dalessandro
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Però le citazioni sono numerose e imbarazzanti. Tuttavia Meotti, per scrivere un articolo equilibrato, avrebbe dovuto anche riportare, con la stessa abbondanza e precisione, gli articoli nei quali Primo Levi si esprime su Israele in maniera del tutto diversa.
Valentino Baldacci