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Deborah Fait
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Quando basta la parola 08/12/2013

Quando basta la parola
Commento di Deborah Fait


Deborah Fait


Diciamo la prima parola: Beduini. Aggiungiamovi un aggettivo: israeliani...Beduini israeliani... perche’ nati in Israele, perche’ vivono in Israele. Con queste due parole dunque si potrebbe incominciare a parlare degli abitanti non ebrei del deserto del Neghev, gente pacifica e , per lo piu’, fedele allo Stato. Magari poterlo fare, e’ quasi impossibile! Perche’ no? Chiederete voi.
Perche’ i “soliti noti” di cui parlero’ piu’ avanti hanno avuto il colpo di genio (come capita sempre piu’ spesso) di trasformare il termine giusto –israeliano- in quello falso di –palestinese-. Il gioco e ‘fatto e “loro” lo sanno, hanno anni di esperienza di malafede sulle spalle.
Parlare dei beduini israeliani non fa nessun effetto particolare all’estero, e’ cosa nota che Israele stia cercando di sviluppare tutta l’area del Neghev e, per realizzare questo disegno, deve cambiare alcune cose, tra cui la mentalita’ di molta gente. Deve combattere, con l’educazione, l’arretratezza e la cultura arcaica, eliminarel’abusivismo, costruire nuovi insediamenti, moderni, dove trasferire la popolazione beduina, per lo piu’ consenziente e consapevole che andare ad abitare in case vere con tutti i servizi che il governo fornisce ai propri cittadini, sia meglio che vivere in tuguri di latta e tendoni rattoppati in simbiosi con capre, cammelli e galline, privi dei piu’ elementari servizi igienici, ricevendo in cambio risarcimenti fino al 50% del valore della terra .
Nell’800 i turchi classificarono la maggior parte del Neghev come Mawat (Terra morta, cioe’ non coltivabile)e i beduini che vi vivevano non vollero registrare le terre che occupavano per non risultare sudditi dell’Impero ottomano e dover cosi’ pagare lesue esose tasse.
Nel 1921 il Mandato britannico emise un altro ordine per registrare la terra occupata dai beduini che ancora una volta rifiutarono di farlo e la loro vita ando’ avanti per forza di inerzia, con le loro regole di vita arcaiche e patriarcali fino al momento in cui uno Stato moderno e sviluppato, Israele, decise di migliorarne la vita con alcune regole fondamentali.
Quest’anno il Governo israeliano promulgo’ un disegno di legge per regolarizare gli insediamenti beduini nel Neghev e trasformare un sistema di vita scomodo e miserevole in normale esistenza di cittadini di un paese moderno. La legge recita, in breve : 1. riconoscimento di alcuni villaggi ancora non riconosciuti. 2. trasferimento in nuovi villaggi ristrutturati dei 30.000 beduini che abitano in insediamenti non riconosciuti, non riconoscibili e senza servizi. 3. risarcimento per i reinsediati del 50% del valore della terra che abbandoneranno.
La nuova legge , detta Prawer-Begin dai nomi di chi l’ha redatta, ha lo scopo di sviluppare, modernizzare, fornire di tutti i servizi sociali gli insediamenti finora non riconosciuti e di eliminare quelli che , oltre ad essere illegali e abusivi, sono anche umanamente inabitabili.
Chi puo’ vivere oggi in tuguri di latta senza servizi igienici, in mezzo alla sabbia e alle immondizie di tutti i generi? Come si puo’ pensare che degli esseri umani, in un mondo sviluppato, vadano a espellere i loro bisogni corporali all’aperto, in mezzo agli animali e dove giocano i bambini, tanti bambini, ricoprendo il tutto con un pugno di sabbia? Per anni il Governo israeliano ha cercato di creare infrastrutture per i beduini che vivono sparsi nel deserto, senza grande successo perche’ quelli che vengono definiti “villaggi” non sono altro che gruppi di tende nere e capanne di latta situati a chilometri gli uni dagli altri, ogni clan per suo conto, e in continua espansione.
Impossibile collegarli fra loro costruendo fognature e acquedotti perche’ dove oggi vediamo delle tende, domani non ci sono piu’ e ne sorgono altre un po’ piu’ in la’, ogni anno nascono dal nulla piu’ di 2000 strutture illegali . Impossibile bonificarle e renderle vivibili senza contare l’anarchia inaccettabile della situazione, la difficolta’ di portare tutti i bambini a scuola con conseguenze immaginabili sul loro futuro.
L’unico modo per risolvere il problema e’ stato affrontarlo alla radice, riconoscere le proprieta’ dei beduini su parte del territorio, ristrutturare i villaggi riconosciuti, fornirli di infrastrutture e trasferire gli abusivi in altri insediamenti moderni costruiti apposta.

 E’ a questo punto che, come dicevo all’inizio, “arrivano i nostri”, le ONG , quelle famose organizzazioni antisraeliane pagate profumatamente dall’Europa, parliamo di Adalah, ACRI, BIMKOM, Rabbini per i diritti umani, e varie altre che si oppongono alla legge che migliorera’ le condizioni di vita della popolazione beduina e di conseguenza quella di tutti gli abitanti del Neghev.
Ed ecco che queste ONG, con la furbizia degli imbroglioni, per meglio combattere una legge giusta ma, ahiloro, israeliana, si inventano la parolina magica , quella che fa la differenza e che richiamera’ l’attenzione di tutti i combattenti per i “diritti umani” del mondo.
Scommetto che avete gia’ indovinato la parola. Si? No? Basta un po’ di fantasia, amici miei. Cancellata la parola “israeliani” ecco che i beduini del Neghev sono diventati come per miracolo beduini “palestinesi” E’ fatta no? Il mondo rizza subito le orecchie alla parola “palestinese”, esercita i muscoli, fa i gargarismi e si mette a gridare “Israele fa una pulizia etnica dei beduini palestinesi”!!! Allora via colle strumentalizzazioni, la sanatoria degli abusivismi diventa “deportazione, pulizia etnica, cittadini di serie zeta, “ e l’eco continua, instancabile: “beduini palestinesi ....palestinesi....palestinesi....esi...esi...”.
I governi del mondo occidentale, assolutamente muti sul Tibet occupato dalla Cina, Cipro occupato per meta’ dai turchi, sui cristiani decapitati in Nigeria dagli islamisti di Boko Haram, sui Kurdi e sulle centinaia di popolazioni vessate, perseguitate; ecco che fanno gia’ interrogazioni riguardanti i beduini “palestinesi” destinati alla “pulizia etnica” da parte del solito perfido e razzista Israele. Ne parlano gia’ i media di buona parte del mondo.
Il Guardian scrive:” Gli inglesi protestano per il piano di Israele di spostare 70.000 (in realta’ d30.000) “Palestinian Beduin”!!!!
Si sono scomodati persino all’ONU, sezione “Diritti Umani” a Ginevra, per i beduini e l’idea spudorata di farli vivere meglio! Una vergogna, anziche’ ammazzarli come buona parte dei paesi islamici fa colle proprie esigue minoranze, nel silenzio di tutti, Israele vuole dargli belle case, posti di lavoro e istruzione: INACCETTABILE. Una cinquantina di intellettuali britannici, sempre in testa nell’odio per Israele, hanno firmato una lettera aperta contro il “piano israeliano di deportare i “Palestinian Beduin” “.
A questo punto faccio mia l’idea di Lawrence Rifkin che sul Jerusalem Post suggerisce a tutte le popolazioni interessate del mondo di aggiungere alla loro etnicita’ l’aggettivo ”palestinese” , i loro problemi troveranno una magica soluzione e la totale attenzione del mondo “civile”:
Tibetani palestinesi. Greco- ciprioti palestinesi, Nigeriano-cristiani palestinesi, Kurdi palestinesi e cosi’ via, il mondo e’ pieno di gente disgraziata che vorrebbe avere un decimo dell’attenzione che suscitano i fortunati palestinesi che solo ad essere nominati vengono ricoperti di soldi, comprensione per le loro malefatte e simpatia.
La cosa interessante e’ che i veri protagonisti, cioe’ i beduini ISRAELIANI quasi non partecipano, se non in minimissima parte, alle manifestazioni antiisraeliane, con tanto di bandiere palestinesi e di Hamas sventolanti nel cuore di Israele, organizzate dalle ONG di sinistra estrema composte da arabi e ebrei israeliani , un numero esiguo di fanatici estremisti che, incitati vilmente dai deputati arabi della Knesset, si occupano principalmente di creare odio e far casino auspicando una terza intifada.
I nostri beduini, quelli israeliani intendo, quelli che vanno all’Esercito, che sono fedeli allo Stato, che si sentono parte della popolazione del Paese, capiscono che l’anarchia non puo’ e non deve avere il sopravvento in uno Stato di diritto e sono i primi a condannare le organizzazioni sovversive che li vorrebbero confinati tra capre e cammelli anziche’ far parte di un’operazione da 300 milioni di dollari che creera’ per loro abitazioni, sanita’, servizi pubblici, scuole di ogni ordine e grado, posti di lavoro, villaggi a energia solare come Drijiat, villaggio beduino modello trasformato dal governo israeliano in un insediamento moderno con case, scuole, moschee, infrastrutture alimentate da pannelli solari.

Quale e’ la morale di questa storia? Semplice, “Israeliano” e’ sinonimo di progresso, democrazia, ecologia, modernita’. “Palestinese” significa arretratezza e miseria, anarchia e poverta’ e gli oppositori di Israele che incoraggiano a vivere in questo modo, dimostrando di fregarsene di quelli che loro chiamano, bugiardamente, “palestinesi”, vogliono manifestare semplicemente, come sempre, il loro odio per Israele. Il nocciolo della questione e’ tutto qui.


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