Ginevra/Iran: due commenti di Giulio Meotti, Daniele Raineri
Testata: Il Foglio Data: 30 novembre 2013 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti - Daniele Raineri Titolo: «L’accordo nucleare di Ginevra? E’ peggio di Monaco ’38 - Monaco non c’entra nulla e il pre-accordo conviene. Cinque buone ragioni»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 30/11/2013, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " L’accordo nucleare di Ginevra? E’ peggio di Monaco ’38 ", l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Monaco non c’entra nulla e il pre-accordo conviene. Cinque buone ragioni ", preceduto dal nostro commento.
Giulio Meotti - " L’accordo nucleare di Ginevra? E’ peggio di Monaco ’38 "
Giulio Meotti Monaco 1938
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva visto giusto. L’occidente si è fatto ingannare dall’Iran e la minaccia militare americana non è mai stata credibile. Accordo peggiore non poteva essere firmato a Ginevra, dove a una rivoluzione messianica e antisemita è stato riconosciuto il diritto ad arricchire l’uranio sul proprio territorio. Ginevra ha fornito una grande legittimità all’Iran, banchiere del terrore e proliferatore atomico, che così ha spezzato l’assedio attorno al regime. “Ginevra 2013 è peggio di Monaco 1938”, ha scritto sul Wall Street Journal il premio Pulitzer Bret Stephens, in riferimento a quando le democrazie s’illusero d’aver domato senza combattere gli appetiti hitleriani. “Il vento di Monaco soffia a Ginevra”, scandiscono i ministri israeliani della Sicurezza. Ginevra ha garantito alla dittatura iraniana una sorta di “ambiguità nucleare”. L’architetto del tanto minacciato strike israeliano, Ehud Barak, lo aveva capito per tempo, imponendo alla comunità internazionale il termine “immunità”. E’ questo il risultato letale dell’accordo. Gli iraniani non violeranno l’accordo. Non subito, almeno. Gli ayatollah non dovevano ottenere la Bomba, ma un allentamento delle sanzioni. Prendere fiato. Entrare nel club delle potenze. Il risultato, un giorno, sarà una seconda Corea del nord nuclearizzata, non una seconda Libia che dieci anni fa accettò di smantellare il programma nucleare. Le sanzioni all’Iran non torneranno se ora vengono allentate, perché sono state il frutto di un decennio di lobbying presso le cancellerie occidentali, affamate di appalti con Teheran. E se cadono le sanzioni, l’Iran non abbandonerà i suoi piani diabolici. Le buone maniere per la Rivoluzione si sono sempre dimostrate un invito all’offensiva. Ginevra eccita il riarmo. L’accordo si basa su una menzogna. Il programma nucleare iraniano non è mai stato progettato per fini civili. Ai turbanti non interessa curare il cancro di una popolazione che massacrano da trent’anni. Perché il regime vuole arricchire l’uranio, produrre plutonio e impedire le ispezioni? Perché vuole la Bomba. Vuole dominare il medio oriente. Vuole liquidare Israele. Ginevra li spinge sulla strada giusta. Israele ha molte ragioni per denunciare Ginevra: lo smantellamento del bunker di Fordo non è stato soddisfatto; l’accordo non contempla il programma militare, la ricerca sul device atomico e la balistica; grazie a Ginevra, l’Iran conserva quattro mesi di tempo per completare lo sviluppo di un congegno atomico nel caso in cui lo volesse; l’accordo non smantella i progressi tecnologici che ha compiuto l’Iran negli ultimi cinque anni, e le centrifughe, che erano qualche migliaio quando si insediava Barack Obama, sono salite a 18 mila e non saranno smantellate. Vero, l’Iran ha accettato di non arricchire l’uranio oltre il cinque per cento, ma Teheran manterrà la capacità di produrre combustibile di livello superiore se solo lo desidera. L’Iran ha già otto tonnellate di uranio arricchito, abbastanza per cinque bombe come Hiroshima. E potrà farlo clandestinamente: nell’accordo non è previsto il monitoraggio dei siti clandestini dove Cia e Israele sospettano che l’Iran stia conducendo i test. Non è previsto lo smantellamento del reattore di Arak, impianto che ha l’unico scopo di produrre un’arma atomica. Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno creato un sistema globale di sicurezza. Obama lo sta archiviando. A Ginevra gli Stati Uniti hanno preferito una soluzione a breve termine che a lungo termine diventerà un pericolo alla pace mondiale. Intanto, sul volto di Netanyahu c’è tutto il senso di abbandono da parte del suo alleato. Israele, isolata e sorvegliata a vista nel feroce Levante, fa la voce grossa, ma dopo Ginevra è moralmente sullo stesso piano di chi vuole estinguerla. Un giornalista a Ginevra ha chiesto allo spokesman di Lady Ashton di commentare l’ayatollah Khamenei, secondo cui gli israeliani sono “cani rabbiosi e illegittimi” da sterminare. Stizzito, il giovane ha detto di non averne intenzione. Silenzio da parte del dipartimento di stato. Tira una brutta aria in occidente.
Daniele Raineri - " Monaco non c’entra nulla e il pre-accordo conviene. Cinque buone ragioni "
Daniele Raineri non condivide il paragone tra Monaco 1938 e GInevra 2013 e spiega il suo punto di vista con cinque motivazioni. Quella più convincente è senza dubbio la numero quattro, che contiene le dichiarazioni di Amos Yadlin, ex capo dell'intelligence militare israeliana, il quale non usa toni allarmistici per descrivere l'accordo con l'Iran nucleare. Tutte e cinque le motivazioni espresse da Raineri, però, si basano sul fatto di prendere sul serio l'Iran e dare per scontato che abbia buone intenzioni. Si può essere così ottimisti con uno Stato governato da ayatollah che descrivono Israele come 'cancro da estirpare' ? Ecco il pezzo:
Daniele Raineri Ginevra 2013
Punto primo, il paragone storico con Monaco 1938 è il grido d’allarme più abusato del repertorio ma non ci aiuta a capire nemmeno un grammo in più di cosa sta succedendo davvero. Stiamo parlando di Israele, che è uno stato sovrano e anche la potenza militare più avanzata di tutto il medio oriente, e stiamo parlando di armi atomiche, di Repubblica islamica iraniana e di sanzioni internazionali che colpiscono soprattutto il mercato del greggio. Queste cose nel 1938 non esistevano e oggi si dovrebbe poterne parlare senza per forza essere costretti a passare di nuovo dai Sudeti. Se poi andiamo a vedere nello specifico, l’accordo di Monaco fu firmato dalle grandi potenze il 30 settembre e il giorno dopo le truppe naziste entrarono marciando in Cecoslovacchia provocando la fuga di almeno centomila persone – tra loro molti ebrei e oppositori politici degli hitleriani. Il pre-accordo di Ginevra è stato raggiunto domenica scorsa e l’effetto è questo: da gennaio ci saranno ottomila centrifughe in funzione in Iran invece che diciannovemila. Si vede la differenza tra i due? Punto secondo, questo non è l’accordo con l’Iran. E’ un pre-accordo. Nulla è stato deciso. Si è trattato di un patto preliminare tra le potenze mondiali e l’Iran per rallentare il programma atomico da una parte e alleggerire di poco le sanzioni dall’altra e andare in questo modo ai negoziati reali che cominceranno fra sei mesi. Le decisioni che contano saranno prese allora. Qual era l’alternativa a questo pre-accordo di Ginevra? Erano due: non fare ancora nulla oppure fare la guerra. Se la guerra fosse stata un’opzione in grado di offrire esiti più certi di questo pre-accordo ginevrino sarebbe stata già consumata. Per uguagliare il tanto disprezzato pre-accordo con Teheran, un attacco con le bombe dovrebbe riuscire a bloccare l’arricchimento di tutto l’uranio iraniano oltre la soglia del 5 per cento, dovrebbe eliminare tutte le scorte di uranio già arricchito al 20 per cento (destinate ora a essere convertite o diluite) e dovrebbe sospendere i lavori di costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, e in più ottenere anche ispezioni quotidiane ai siti iraniani e negoziati fra sei mesi. Punto terzo, Mark Fitzpatrick, dell’International Institute for Strategic Studies, scrive che il tempo di break-out dell’Iran, ovvero il tempo che lo separa dalla produzione di una bomba atomica, domenica scorsa è stato raddoppiato. Le sanzioni internazionali costano all’Iran cento miliardi di dollari ogni anno, questo alleggerimento concesso a Ginevra vale sette miliardi. Il doppio contro il sette per cento. Punto quarto, si nota la differenza tra i pundit, che sono gli opinionisti sui giornali, e i capi militari di Israele, che sono gli specialisti tenuti per mestiere a conoscere più cose di chiunque altro al mondo sul rischio di un attacco atomico dell’Iran contro Israele. Quindi, se Bret Stephens scrive sul Wall Street Journal che l’accordo “è peggio di Monaco 1938” e Charles Krauthammer sul Washington Post che è “il peggiore accordo da Monaco 1938” (appena meno drastico), su Channel 2 della tv israeliana si vede Amos Yadlin, ex direttore dell’intelligence militare di Israele, dire beffardo il giorno dopo: “Dalle reazioni dei nostri politici di questa mattina veniva da pensare che l’Iran avesse ottenuto il permesso di costruire una bomba atomica”. Yadlin sostiene che l’Iran non violerà il pre-accordo: “Non lo hanno firmato per romperlo. Gli iraniani sono venuti a Ginevra per farsi alleggerire le sanzioni. Capiscono che si tratta di un test. Sarebbe illogico violarlo nei prossimi sei mesi, sarebbe più logico se provassero a eluderlo in seguito”. Per Yadlin “l’accordo con l’Iran ottenuto dal secondo round è molto meglio di quello fallito due settimane prima a Ginevra”. Bret Stephens vinse un premio Pulitzer, ma non c’è ragione per dubitare della competenza del generale Yadlin. Punto quinto, arriva la notizia che Israele farà una grande esercitazione militare con l’America a maggio, proprio fra sei mesi, come monito all’Iran. Che è quello che fareste anche voi con il governo che vi ha venduto a Teheran con un accordo peggiore di Monaco 1938. Giusto?
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