lunedi` 21 ottobre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
30.11.2013 Le trattative falliscono ancora
Analisi di Mordechai Nisan

Testata: Informazione Corretta
Data: 30 novembre 2013
Pagina: 1
Autore: Mordechai Nisan
Titolo: «Le trattative falliscono ancora»

Le trattative falliscono ancora
Analisi di Mordechai Nisan

(Traduzione di Giovanni Quer)

http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/14095#.UpjMpOLqWS0


Mordechai Nisan

Quando le trattative israelo-palestinesi falliscono e le accuse rimbalzano sui muri dell’ostilità diplomatica, si può semplicemente dire la verità? L’acredine delle recriminazioni e le controversie su responsabilità e colpe richiamano i fallimenti diplomatici passati, come nel 2000 e nel 2007.

Tzipi Livni e Saeb Erekat si mostreranno avviliti, Netanyahu e Abbas forzatamente controllati. John Kerry dichiarerà che il fallimento non è che una pausa sulla lunga via che porterà ad altre inutili negoziazioni. 

Questo rituale sciocco ed esasperante è un insulto al buon senso e all’orgoglio nazionale. Israele, sempre vincitore dal 1967, non ha alcuna ragione di ritirarsi (ulteriormente) dai territori che costituiscono la piccola patria ebraica; e i palestinesi, che hanno fatto del terrorismo un’arte diplomatica, non si aspettano altre vittorie future. Non c’è nemmeno più Arafat, lo sciamano alchimista, a raggirare gli ingenui e ostacolare la via della pace. 

Il sacro mantra “due stati ad ovest del Giordano” è una formula che porta a conflitti e guerre, non alla riconciliazione e alla stabilità. Non ci sono abbastanza terra e acqua; ci sono troppe strade che di congiungono e troppi punti in cui è impossibile garantire la sicurezza; non ci sono accordi possibili sulla questione dei rifugiati e di Gerusalemme; e del resto non c’è nemmeno una briciola dell’ingrediente necessario: mutua fiducia. 

Gli ultimi tre presidenti americani in particolare, nel loro sostegno alla creazione di uno Stato palestinese e nel tentativo di applicare la soluzione di due Stati, sembrano guidati più dall’ossessione che da una politica razionale. 

Nella storia dei conflitti internazionali non c’è mai stata alcuna garanzia che gli accordi e le intese possano esser permanenti. Il Medio Oriente e il mondo arabo si sono dimostrati terreno fertile per una costante violazione delle intese e di promesse disattese, come dimostrano le numerose dispute tra i membri della Lega Araba. Da notare qui l’aforisma: “tratta il tuo amico come se potesse diventare il tuo nemico, e il tuo nemico come se potesse diventare tuo amico”.

Un nuovo paradigma per la pace

Quando le trattative falliscono dovremmo riflettere sulle profonde fratture religiose e le incompatibilità politiche tra ebrei e arabi.

 Israele non dovrebbe perder di vista il territorio costiero, stretto e vulnerabile, e l’importanza strategica della Valle del Giordano; non dovrebbe sottovalutare la possibilità di attacchi al suo unico aeroporto internazionale e il disgusto che molti dei suoi cittadini arabi provano per il loro Stato e soprattutto non dovrebbe dimenticare la questione più importante, ossia il fatto che questa è la patria ebraica che l’identità ebraica, la dignità e la storia destinano a rimanere in mani ebraiche. 

I palestinesi, per loro parte, si costruiscono una patetica immagine basata sul vittimismo, mentre rafforzano la cultura della vendetta. Si prodigano a glorificare i loro martiri-assassini e cancellano Israele dalle mappe della Palestina. Perse tutte le loro battaglie, credono ancora di poter vincere la guerra.

Il loro orgoglio tribale non lascia spazio al compromesso politico; i palestinesi sono un popolo, o un popolo inventato, destinato a dare una visione romantica della propria storia e a soccombere al peso dei propri sogni deliranti. I palestinesi non potranno “liberare la Palestina”  e anche se mai avranno uno Stato - uno Stato canaglia, terrorista, irredentista e islamico, non potrà mai durare a lungo poiché arriverebbe il momento in cui provocheranno Israele minacciandone l'integrità territoriale e politica.

Al momento opportuno, la risposta più franca di Israele sarà di mettere fine al progetto palestinese ritornando punto e a capo.

Questo vicolo cieco politico potrà portare a un pensiero più ragionevole. L’opzione “la Giordania è la Palestina”, l’unica soluzione al pantano di alternative ormai esauste, dovrebbe essere finalmente presa in considerazione. La stessa soluzione è stata proposta molti anni fa quando la Transgiordania è stata designata come il territorio su cui far nascere uno Stato arabo di Palestina. Questo è il pezzo mancante del puzzle politico e del caotico processo di pace: la Giordania come Palestina e solo Israele a ovest del Giordano.

Quando le attuali negoziazioni falliranno, come durante gli ultimi vent’anni, politici, statisti, mediatori e negoziatori potranno ancora portare un cambiamento decisivo alla storia, adottando un paradigma di pace equo e realistico.

Mordechai Nisan, già professore all’Università Ebraica di Gerusalemme di storia di Israele e del Medio Oriente, è autore di  "Only Israel West of the River”.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT