Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 29/11/2013, a pag. 1-27, l'articolo di Umberto Gentiloni dal titolo "Io, ebreo cacciato da scuola ho la laurea 75 anni dopo".
Sami Modiano
«Ero tra i primi della classe, tra i più bravi, benvoluto dall’insegnante che non teneva conto della religione. Che fossi ebreo non importava a nessuno, almeno fino a quel giorno del 1938». L’infanzia negata in un tempo lontano, nell’isola di Rodi, passata sotto il controllo italiano nel 1912.
Sami Modiano ha otto anni e mezzo, frequenta la scuola elementare maschile. «L’anno scolastico era appena iniziato quando una mattina il maestro mi chiamò. Ero contento, mi ero preparato all’interrogazione, convinto che mi avessero chiamato per questo. Invece il maestro mi disse che ero stato espulso dalla scuola.
Non capii, rimasi senza parole. Mi mise una mano sulla testa dicendomi che mio padre mi avrebbe spiegato i motivi dell’espulsione. Ricordo come fosse oggi la mano sul capo, il tentativo di rassicurarmi e la successiva conversazione con mio padre che mi parlò di Mussolini e dell’esistenza di una razza ebraica di cui facevamo parte. Ero troppo piccolo per capire, provai a consolarmi così.
Ma il dispiacere era enorme. Fino a quel momento ero contento, libero, sereno. Non mi sentivo diverso dagli altri bambini, dai miei amici. Ora era finita l’infanzia. Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero svegliato come un bambino. La sera mi addormentai come un ebreo».
Attimi scolpiti nella memoria in un tornante della sua esistenza. Un punto di non ritorno che condurrà quel bambino in un lungo viaggio attraverso le tenebre del Novecento. Con la sua comunità viene deportato il 23 luglio 1944: destinazione Auschwitz. In pochi degli oltre duemila sopravvivono. Sami è solo al mondo, riesce a ricominciare: prima alle porte di Roma, poi in Congo belga per tornare a Rodi molti anni dopo, quando l’isola delle rose aveva cancellato le tracce dell’antica comunità ebraica.
Il rammarico più grande è di non aver potuto studiare, «di non avere conseguito un’educazione, una cultura degna di questo nome». Questa mattina, settant’anni dopo quella espulsione la Sapienza Università di Roma ha deciso di inaugurare l’anno accademico 2013-2014 conferendo a Samuel Modiano il Diploma di Dottorato di ricerca honoris causa «Storia, Antropologia, Religioni».
La motivazione dà conto della fatica e del senso di una vita: «Per l’instancabile impegno con cui si dedica a testimoniare la sua tragica esperienza, segnata dall’espulsione da scuola, a Rodi, all’età di otto anni - ordinata in ottemperanza al dettato delle Leggi razziste - e dalla deportazione ad Auschwitz-Birkenau nell’estate del 1944, nella ricorrenza del Settantacinquesimo anniversario dell’emanazione delle Leggi del 1938; per proseguire al più alto livello l’azione di promozione della Memoria e di sostegno alla ricerca storica». Il dottorato di norma viene attribuito per alti meriti scientifici nel campo della ricerca o dell’innovazione. Per chi non ha finito la scuola elementare e non si è potuto avvicinare a un corso universitario il titolo di studio più elevato a livello internazionale è un segnale preciso, un sigillo a una instancabile attività di testimone e maestro per le giovani generazioni.
Certo un debito di riconoscenza dell’Italia tutta nei confronti di chi pagò il prezzo più alto alle logiche dell’odio, ma anche un riconoscimento a un impegno incessante nelle scuole, nelle università nei luoghi dove si formano i nuovi italiani. Sami Modiano diviene così un illustre membro della comunità scientifica, impegnato a diffondere saperi e costruire conoscenze. «Non mi sento pronto né adeguato» aggiunge sorridendo, colto da un’emozione che non immaginava: «Dico sempre ai ragazzi di non perdere tempo, o buttare via anni preziosi. Nessuno può restituirli; lo studio costruisce libertà, ci aiuta a guardare al futuro con fiducia».
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