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Corriere della Sera Sette Rassegna Stampa
29.11.2013 Viaggio in Israele, tra antico e moderno
cronaca di Maria Egizia Fiaschetti

Testata: Corriere della Sera Sette
Data: 29 novembre 2013
Pagina: 56
Autore: Maria Egizia Fiaschetti
Titolo: «Boschi nel deserto e 'antichi' grattacieli. E' la culla dei contrasti»

Riportiamo da SETTE del CORRIERE della SERA di oggi, 29/11/2013, a pag. 56, l'articolo di Maria Egizia Fiaschetti dal titolo " Boschi nel deserto e 'antichi' grattacieli. E' la culla dei contrasti ".

Per chi fosse interessato a visitare in maniera più approfondita Israele, cliccare sull'immagine sottostante per vedere l'itinerario proposto dall'Associazione Italia Israele di Torino e Informazione Corretta 



Ecco il pezzo:

Prima volta in Israele. Cinque giorni tra la città santa e quella che non dorme mai. City break, nel gergo turistico: per viaggiatori a budget ridotto e con poco tempo. Potrebbe sembrare un condensato di esperienze superficiali, neanche il tempo di fermarsi a "respirare" la magia dei luoghi. Gli stimoli, in realtà, sono così tanti e diversi che l'unico modo di approfondire è tornare. La settimana corta, forse, aiuta a distillare la complessità, le contraddizioni di un Paese dalle mille sfaccettature. E il "viaggio a puntate" si concilia con la sensazione che ci sia ancora molto da scoprire. Arriviamo a Gerusalemme di sera. Nel tragitto in auto da Tel Aviv, si rimane subito colpiti dalla vegetazione lussureggiante. Siamo nel deserto, ma attraversiamo un'ampia distesa boschiva. Natura e storia si intrecciano di continuo, nei luoghi più insospettabili. Se ogni angolo è un frammento dl memoria, con una breve passeggiata raggiungiamo la zona della 'ecxhia Stazione, trasformata in una lunga teoria di locali. Ma anche qui, tra i banconi gremiti di giovani all'ora dell'aperitivo, vince la tradizione. Riletta in chiave contemporanea: gourmand e alla moda. La visita di Gerusalemme inizia con un fuori-programma: il Temple Mount Sitting Project al quale, dal 2004, lavora una squadra di archeologi coordinata dal professori Gabriel Barkay e Zachi Dnira, dell'Università di Bar-Ilan. Si tratta di un'imponente campagna di recupero dei detriti accumulatisi durante gli sciavi sotto la moschea di AI-Aqsa, per portare alla luce le stalle di Salomone e trasformarle in un nuovo luogo di culto. Secondo gli israeliani, gli arabi avrebbero smantellato circa 400 camion di terra proveniente dal Monte del Tempio e li avrebbero gettati nel fiume Cedron. Dopo una lunga, e controversa, trattativa con l'autorità islamica, gli israeliani sono riusciti a ottenere il permesso di "cercare nella spazzatura". Il laboratorio, un mini parco archeologico, sorge all'interno del Parco Nazionale di Emek Tiurlm. Al progetto lavorano giovani studiosi, tra cui molte donne. Con pazienza certosina separano i frammenti dal terriccio, li lavano e li contrassegnano con la zona di provenienza una vota inviati al Museo d'Israele, potrebbero essere ricomposti e restituire il manufatto originale. Dopo l'excursus archeologico, ci addentriamo nella città vecchia. Il Muro del Pianto si dispiega davanti a noi nella sua imponente semplicità. Ci separiamo: donne da una parte, uomini dall'altra. Fedeli di ogni nazionalità, quasi in trance, sussurrano le loro litanie. Intorno si crea il vuoto, silenzio assoluto malgrado la folla. La flànerie prosegue In direzione della Via Dolorosa, inglobata nella parte araba della città, tra il caos e il folclore del stil. Ecco la stazione del Cireneo, pochi metri più avanti  l'incavo su una parete che, si narra, sarebbe il segno lasciato dalla mano di Gesù mentre portava la croce al Calvario. Il sacro si fonde con l'aroma di pane al sesamo, la scia inebriante delle spezie e dei succhi di melograno. Pranziamo in un piccolo ristorante, Abu Sbukri, tra la VII e I'VIII stazione: hummus, baba ganoush, fetafel, serviti con la classica focaccia. Riprendiamo Il cammino in direzione del Santo Sepolcro, dove convivono francescani, ortodossi, armeni e musulmani. La penombra e l'odore dei ceri accompagnano la lunga processione per entrare, uno alla volta, nell'edicola che custodisce la tomba di Cristo. Dalla parte araba, senza soluzione di continuità, ci ritroviamo in quella ebraica. Pochi passi e sembra di essere stati catapultati su un altro pianeta, regolato dall'ordine: sinagoghe, centri per lo studio della cabala e giovani soldati, molte donne in mimetica d tour, la mattina seguente, riparte da un luogo che mette alla prova più di qualunque altro: Yad Vashem, il Museo dell'Olocausto. Difficile immaginare come si possa raccontarlo senza retorica. Però, il capolavoro assoluto di Yad 'ashem è proprio questo: far conoscere (comprendere è impossibile) il male assoluto della Shoah. Un percorso di catarsi, dal buio alla luce. Troviamo la stessa cura e qualità degli allestimenti al Museo d'Israele: le collezioni spaziano dall'antico al contemporaneo, ma decidiamo di concentrarci su Shrine of the book», dove sono esposti i rotoli del Mar Morto. I manoscritti, circa 850, ritrovati tra gli Anni 40 e 150, riportano in massima parte testi biblici risalenti a duemila anni fa. La Bibbia è il fulcro di un'altra mostra, ospitata fino al 14 maggio al Bible Lands Museum: The Book of Books, percorso multimedlale che attraversa duemila anni di storia del testo sacro a ebrei e cristiani. Desiderio d'amore. Il tragitto in auto per raggiungere Tel Aviv è breve, un'ora scarsa. La prima tappa è sul lungomare: di giorno meta di bagnanti e sportivi, la sera popolato di nottambuli. Il nuovo porto brulica di locali, negozi alla moda (tra gli altri, il marchio fashion Comme-il-faut, fondato dalla femminista Sybil Goldfiner) e un farmer's market che raccoglie oltre 70 produttori da tutto il Paese. deserto;  Dalla parte moderna, punteggiata di grattacieli, ci spostiamo a Giara, dove ci perdiamo tra il mercato delle pulci e le botteghe artigiane. Da un rigattiere, incontriamo un italiano che cd accompagna sul suo Magglolino cabrio al Museo di Dana Goor, scultrice di fama Internazionale che vive tra Tel Aviv e New York. 11 paiano fortificato con vista sull'antico porto di Giaffa, dove Rana ci inviterà a mangiare frittura di pesce e spiedini di gamberi al ristorante Fishermen's, raccoglie le sue opere in ferro battuto. L'ultima serata nell'ombelico della movida medlorientale, dove tutto scorre velocissimo come se la festa dovesse finire di colpo, saltiamo da un locale all'altro: dal night dub Nanuchka (all'ingresso, incontriamo una nana in stile «la Grande Bellezza») al Rotschild 12 (caffè-pub con palco per concerti dal vivo). Nell'intreccio di stili musicali, contaminazioni culinarie, orientamenti sessuali respiriamo fame di vita. E di ahava (amore).

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