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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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Corriere della Sera-IlSole24Ore Rassegna Stampa
24.11.2013 Iran: l'accordo è un 'errore storico', dichiara Netanyahu
Le opinioni- precedenti - di Guido Olimpio e gli applausi di Aberto Negri (Confindustria)

Testata:Corriere della Sera-IlSole24Ore
Autore: Guido Olimpio-Alberto Negri
Titolo: «Nucleare, si litiga su ogni parola, molto vicini all'intesa con l'Iran-Negoziato alla stretta finale-Sono 'interni' i veri avversari dell'accordo Usa e Iran»

L'accordo con l'Iran è malauguratamente andato in porto. La firma è avvenuta dopo che i quotidiani di oggi erano già in stampa. Il commento di IC è invece nella aggiornata Cartolina di Ugo Volli in altra pagina di oggi 24/11/2013.
Riprendiamo  l'utima cronaca di Guido Olimpio sul CORRIERE della SERA, a pag.12. mentre dal SOLE24ORE  i due articoli di Alberto Negri, interessanti per capire la posizione di Confindustria, gli affari prima di tutto, meglio un Iran con i danè, poco importa se poi avrà l'arma nucleare. E a questo genere di articoli, chi meglio di Negri poteva interpretarli ?
Il Primo Ministro di Israele Bibi Netanyahu, a nome dell'intero governo, ha dichiarato: " E' stato commesso un errore storico"

Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Nucleare, si litiga su ogni parola, molto vicini all'intesa con l'Iran "

Ore di discussioni, poi un'altra riunione nella notte per superare gli ultimi ostacoli. La trattativa sul nucleare iraniano ha vissuto ieri a Ginevra una giornata intensa, tra blocchi previsti e speranze. Un negoziato estenuante che potrebbe allungarsi fino ad oggi, magari senza la presenza del segretario di Stato americano John Kerry. Il capo della diplomazia ha in programma una visita a Londra, però può sempre tornare nella città svizzera per l'eventuale firma. La nuova tornata di colloqui che ha messo l'Iran davanti ai ministri degli esteri dei 5 1 (Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, Germania) si è subito rivelata complicata. Con una battaglia su «ogni parola» della bozza finale. Molto duro lo scontro sull'arricchimento dell'uranio. Teheran ha chiesto che i Grandi riconoscano pubblicamente il diritto a condurlo. Nero su bianco. Impegno che i diplomatici non vogliono prendere, almeno in questa fase. E, per superare lo scoglio, si è pensato ad una formula vaga, senza riferimenti precisi. Braccio di ferro anche sull'impianto di Arak dove i lavori dovrebbero essere fermati per mostrare concretamente l'impegno di Teheran che però non vuole piegarsi a «eccessive concessioni». Da qui la trattativa notturna con la ricerca di una formula soddisfacente. Un pacchetto che le parti possano vendere anche in chiave interna per placare i rispettivi avversari. Nel piano delineato dagli Stati Uniti è previsto un periodo di sei mesi durante il quale gli iraniani riducono sensibilmente l'attività nucleare e in cambio ricevono un alleggerimento delle sanzioni. Trascorso questo segmento temporale si può passare alla fase finale per chiudere il contenzioso. Se però l'Iran non dovesse rispettare i punti fissati, la diplomazia è libera di rispondere in modo adeguato reintroducendo le misure punitive. Molto severi, come in precedenza, i francesi protagonisti del meeting all'inizio di novembre quando si opposero all'accordo. Anche ieri il ministro degli Esteri Laurent Fabius ha ribadito come l'intesa debba essere «solida» e non di facciata. II fronte del no all'intesa resta comunque ampio. Negli Usa e in campo internazionale. II Congresso americano ha solo sospeso il voto per nuove sanzioni ed è possibile che la questione venga riproposta tra una decina di giorni. Ben più dura la resistenza di Israele e dell'Arabia Saudita, due buoni alleati di Washington convinti che questa situazione vada a vantaggio dell'Iran. Ieri il principe Mohamed Abdul Aziz, ambasciatore saudita a Londra, ha avvisato che il regno non resterà a guardare e troverà il modo per migliore per difendersi. Parole che si legano non solo alla questione nucleare, ma al duello regionale che oppone la monarchia a Teheran. Commentatori piuttosto critici verso le aperture di Obama, hanno indicato in modo netto come l'Iran abbia solo da guadagnare da una possibile svolta. A loro giudizio se i mullah hanno deciso di trattare è perché hanno disperato bisogno di un allentamento delle sanzioni internazionali. L'economia iraniana soffre da tempo, l'inflazione corre veloce, i contraccolpi commerciali sono pesanti. Ora in caso di un'intesa — sottolineano gli stessi analisti — Teheran potrebbe ricevere fondi consistenti dallo sblocco di alcune misure punitive: circa 7 miliardi di dollari. Inoltre l'Iran mantiene intatto l'apparato creato per sviluppare il programma nucleare. In particolare le 19 mila centrifughe — tra cui 3 mila di nuova concezione — che possono permettere al paese di fare ciò che vuole per arrivare alla Bomba. Meno pessimisti altri osservatori per i quali la via diplomatica resta l'unica soluzione possibile, a patto che sia dotata di meccanismi di verifica nei confronti dell'Iran.

 IlSole24Ore-Alberto Negri: " Negoziato alla stretta finale"

 

 

Dopo dieci annidi negoziati sul nucleare, non si può dire che americani e iraniani non si conoscano. Del ministro degli Esteri di Teheran, il cordiale e assai educato Javad Zarif, 53 anni, a Washington sanno tutto: è stato ambasciatore all'Onu, ha studiato a San Francisco e a Denver dove nell'88 si è guadagnato un dottorato in legge e relazioni internazionali. E non è l'unico con questo curriculum nello staff del presidente Hassan Rohani, anche lui laureato in giurisprudenza ma a Glasgow negli anni'7o, prima di diventare un seguace di Khomeini. Le sue opinioni Zarif le mette su Facebook: a novembre, con un successo travolgente che insospettisce i suoi avversari ultraconservatori, registra 600mila "like" e in un post tale Moigan lo incita: «All'estero ci disprezzano, faccia qualcosa». È molto popolare ma la diplomazia sui social network piace poco all'ala dura dei Pasdaran, già irritati dal fatto che gli iraniani sono dei fenomeni ad aggirare i filtri della censura. Forse pochi ci fanno caso ma lo studioso Pejman Abdolmohammadi fa notare che in Iran ci sono 5o milioni di giovani sotto i 34 anni nati dopo la rivoluzione: la stragrande maggioranza della popolazione non ha mai coltivato l'illusione dell'utopia khomeinista. Anche se poi sappiamo che circa il io% dei 75 milioni di abitanti condivide, per vari motivi, la politica militante della repubblica islamica, come sottolinea il professor Mahamoud Sarioghalam, uno dei tanti consiglieri di Rohani che deve proprio ai giovani la sua impetuosa vittoria elettorale. La buona volontà ce la mette Zarif ma stamane, dopo il nulla di fatto di ieri, si gioca tutto nell'ultimo round a Ginevra del Cinque più Uno (i membri del Consiglio di Sicurezza Onu con la Germania). Qualche giorno fa dopo l'incontro a Roma con il ministro degli Esteri Emma Borino, Zarif ha confidato: «Lunedì devo essere per forza Teheran», indicando una sorta di scadenza, come se questa finestra di opportunità fosse destinata a chiudersi o a lasciare aperti soltanto angusti spiragli. Ma anche questa può essere una tattica negoziale. Quanto al segretario di Stato John Kerry, questa sera vola a Londra dove incontra, con il ministro degli Esteri britannico William Hague, Ali Zeidan,Il premier libico sotto pressione dopo che nelle ultime settimane a Tripoli sono state uccise più di 4o persone negli scontri tra le milizie. Mentre non è chiaro se Kerry tornerà ancora a Ginevra dove sarebbe previsto un meeting sulla Siria con il ministro russo Serghei Lavrov e l'inviato dell'Onu Lakhdar Brahimi. Il Medio Oriente è un vortice dove tutto si tiene, anche perché l'Iran,alleato di ferro insieme a Mosca di Damasco, è essenziale per tentare una soluzione negoziata della guerra civile siriana. Se il ministro iraniano e suoi colleghi fallissero non è dato sapere quando ci sarà la prossima puntata di questo negoziato che tiene il mondo con il fiato sospeso, quasi una suspense studiata a tavolino: perché se arriva l'accordo si intravede lo sdoganamento dell'Iran, una svolta storica per il Medio Oriente e la politica internazionale. In caso contrario saremo di nuovo avviluppati in un'estenuante trattativa sulla trattativa. Anche se un navigato analista come Mark Fitzpatrick, veterano del dipartimento di Stato ed esperto dell'Istituto di Studi Strategici di Londra, è ottimista: «Penso che avremo due regali sotto l'albero di Natale: il disarmo chimico della Siria e l'accordo sul nucleare iraniano». Vedremo. In realtà l'accordo, destinato a fermare per almeno sei mesi la lancetta che può portare l'Iran (che ha sempre negato di avere scopi militari) ad avere tanto uranio arricchito per fabbricare un'atomica, sarebbe vicino: il dia-volo, dicono a Ginevra, si nasconde nei dettagli, nelle ulteriori concessioni richieste agli ayatollah o forse nelle accresciute pretese di Teheran per ottenere un consistente alleggerimento delle sanzioni. Ma quello che ancora manca, probabilmente, è la più rara delle materie prime, non soltanto in diplomazia: la fiducia. *** 2 DOMANDE RISPOSTE • Perché le sanzioni all'Iran? Ne[ 2002, dopo che il programma nucleare iraniano è diventato pubblico, il governo non ha sciolto i dubbi, e [ Iaea di Vienna non è riuscita a chiarire se [e attività di arricchimento di uranio erano davvero riservate ai soli usi pacifici di produzione di energia. di sicurezza Onu ha emanato sei risoluzioni, quattro delle quali erano accompagnate da sanzioni, per ottenere [o stop al programma. Teheran ha sempre sostenuto di agire in osservanza del Trattato di non proliferazione delle armi nucleare. • Quali sanzioni sono oggi applicate? L'Onu ha adottato un divieto di vendere ai Pase armi pesanti e tecnologie legate ai n uc[eare, ha vietato [e esportazioni di armi iraniane e ogni forma di interscambio a favore dei Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione. Gli assets di individui e imprese sono stati bloccati. L'Unione europea ha ulteriormente rafforzato [e sanzioni, bloccando anche [e tecnologie[egatea[gas natura [e, ['import di petrolio iraniano e [e attività a[[ estero della Banca centrale di Teheran. Altri singoli paesi, a cominciare dagli Usa, hanno imposto sanzioni unilaterali. • Quale è stato l'impatto sull'economia iraniana? Gli effetti sono stati graduali. Le sanzioni Ue sul petrolio hanno ridotto l'export di greggio a un terzo, mentre il blocco delle attività bancarie e finanziarie ha penalizzato il riai, [a valuta, che si è svalutato spingendo in alto ['inflazione. L'economia è oggi in recessione ma Hassan Rouhani è stato il primo presidente eletto sulla base di un programma che punta a un allentamento delle sanzioni in cambio di garanzie sull'uso solo civile del nucleare.

IlSole24Ore-Alberto Negri: " Sono 'interni' i veri avversari dell'accordo Usa e Iran "

 

Chi sono i falchi e le colombe dietro le quinte del negoziato di Ginevra? Prima ancora degli avversari esterni alle trattative, sono i nemici interni quelli con i quali la delegazione americana e quella iraniana devono fare i conti. D nemico principale di Barack Obama e del suo segretario di Stato John Kerry è il Congresso che vorrebbe imporre altre sanzioni a Teheran. In Iran i più ostili sono gli esponenti dell'ala dura, i Pasdaran, le Guardie della Rivoluzione che si ritengono i veri custodi della repubblica islamica fondata da Khomeini: il negoziato per loro è già un tradimento dei valori ereditati dall'Imam con la rivoluzione del '79. Lo schieramento iraniano è su due fronti contrapposti, con un arbitro assai ambiguo nel mezzo. D fronte moderato e pragmatico è guidato dai due ex presidenti, Hashemi Rafsanjani con il rifomista Mohammed Khtami che sostengono il governo di Hassan Rohani e le sue aperture all'Occidente. Appoggiati dalle masse che hanno votato Rohani, vogliono una "sorta di compromesso" storico per alleggerire le sanzioni e avviare le riforme interne. D fronte ultranconservatore è rappresentato oltre che dalle Guardie della Rivoluzione, che hanno in mano la sicurezza e settori consistenti dell'economia, dagli ayatollah più militanti, tra questi Mesbah Yazdi, uno dei religiosi più in vista di Qom indicato anche come un possibile successore della Guida Suprema. All'ayatollah All Khamenei, Guida Suprema dall'89 dopo la morte di Khomeini, spetta l'ultima parola ma fmora ha giocato un ruolo quasi enigmatico. Si è espresso con metafore fiorite a favore di Rohani, assegnando però un tempo limitato agli sforzi del presidente e a quelli del ministro Javad Zarif, mentre nei discorsi pubblici continua a mostrare la faccia feroce. D suo obiettivo è la sopravvivenza del regime: l'accordo sul nucleare gli facilita le cose ma se non riesce a concluderlo deve schierarsi con l'ala dura, che lo tiene in sella e assicura la continuità del sistema. Oltre ai senatorie ai deputati che vorrebbero inasprire le sanzioni pensando di ottenere maggiori concessioni da Teheran, Obama deve fare i conti con il risentimento quasi collerico di Israele e Arabia Saudita Entrambi hanno bisogno di avere un nemico esterno per rafforzare la loro posizione sul piano strategico, come storici alleati degli Usa, e su quello ideologico: da questo punto di vista perBenjamin Netanyahu l'uscita di scena del sulfureo Ahmadinejad, coni suoi deliranti discorsi anti-semiti, è stata una sciagura. La monarchia saudita, guida del mondo sunnita, a sua volta teme il ritorno dell'Iran sciita come potenza dominante nel Golfo. E così siè saldata questa insolita alleanza tra la democrazia israeliana e il regime più retrogrado e assolutista del Medio Oriente

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