" Sul New York Times l'assassino diventa vittima "
da Israele, Deborah Fait
Il funerale di Eden Atias
La foto scelta dal NYT per illustrare l'articolo sull'assassinio di Eden Atias
Quando ho letto che il New York Times ha pubblicato la foto di una madre piangente che non era la madre della vittima israeliana ma del suo assassino palestinese mi son detta “to’ i Cinquestelle sono arrivati fino in USA”, pensando a quella specie di senatrice grillina che aveva protestato perché oltre ai morti italiani assassinati a Nassirya nessuno commemorava mai il loro assassino.
La notizia la conoscete tutti. Eden Atias, un soldato di 19 anni, è stato ripetutamente accoltellato una settimana fa , mentre dormiva sull’autobus che lo portava alla sua Base, da un sedicenne palestinese. Sapete anche che il NYT, per illustrare la notizia, non ha messo la foto del povero Eden, o del suo funerale, o della sua mamma disperata. No, il NYT ha pubblicato la foto della madre del terrorista mentre stringe al cuore la foto del figlio assassino.
Ha dell’incredibile, vero? Si ma lo è per noi, gente normale, non certo per un giornalismo malato e cattivo, per un giornalismo che ormai dedica le sue simpatie ai carnefici e relega le vittime a comparse utili soltanto a far da cassa di risonanza per giustificare qualcosa di demoniaco “i terroristi hanno ragione, le vittime torto”.
L’editore del NYT, Margaret Sullivan, ha riconosciuto il “pessimo gusto” ma ha anche detto di averlo fatto per ” equilibrare” la notizia. “Equilibrare” COSA??? Un ragazzo viene ucciso e tu, Sullivan, fai in modo che i tuoi lettori provino empatia per la madre piangente del suo assassino?
Questo si chiama “equilibrare”?
No, Sullivan, questo si chiama sputtanare!
Sputtanare le vittime, i morti innocenti, il dolore delle famiglie, la disperazione delle madri, la morale comune, si chiama voler diluire le responsabilità, Israele “occupa” e i palestinesi poverini si ribellano, questo, Sullivan, si chiama voler guidare il lettore verso un giudizio bugiardo e immorale, si chiama disonestà .
Fortunatamente questa volta i lettori hanno reagito e si sono indignati, in centinaia hanno protestato, l’editore, ha chiesto scusa, l’ipocrita, ma la foto è ancora là, non è stata tolta e cestinata, è sempre là affinché chi desse un’ occhiata alla pagina e non conoscesse bene l’accaduto, si facesse l’idea che i palestinesi sono le solite eterne vittime, che le loro povere madri piangono e che , in fin dei conti, Eden era solo un soldato israeliano, poteva anche morire.
Non è giusto che i soldati israeliani muoiano?
Sono troppi anni che il giornalismo internazionale ha perso di vista l’etica, la moralità, la giustizia.
Quando le notizie parlano di Israele, è la norma. Quando mai i media danno la notizia delle centinaia di missili che cadono su Israele da anni e anni? La notizia appare solo quando Israele, dopo molti mesi, a volte anni, di pazienza, si decide a rispondere, allora ecco che i giornalisti si svegliano e, apriti cielo, “Israele bombarda i palestinesi” , prime pagine colme di fotografie di colonne di fumo che si alzano al cielo. Sono decenni che la propaganda dei media colpisce Israele manipolando le notizie , pubblicando foto taroccate, scrivendo solo della reazione ma dimenticando di citarne la causa.
Sono anni che ne scriviamo e che ci indigniamo ma le cose non cambiano, il giornalismo che purtroppo ha il potere di indirizzare la morale comune, ha dimenticato che il suo impegno principale deve essere la Verità non la sua manipolazione a seconda delle simpatie o ideologie individuali .
Questo modo di fare giornalismo colpisce quasi sempre Israele ma non solo.
Ricordate l’attentato alla Maratona di Boston? Tre morti, tra cui un bambino di 8 anni, Martin, 130 feriti ma i media, dopo aver dato la notizia e aver scritto un paio di lacrimevoli commenti...”i nostri cuori sono accanto alle vittime....”, dal giorno seguente in poi, per settimane, hanno scritto solo dei terroristi e delle loro famiglie e delle loro madri e dei loro padri e delle loro abitudini e di quanto fossero stati considerati bravi “americani” fino al momento delle bombe.
Qualcuno ha parlato , per più di un paio di volte, di Martin e dei suoi sogni di bambino e delle altre due vittime?
E’ la morale comune, comprendere i carnefici, giustificarli, insinuare che “forse” la colpa è di altri, che un “motivo lo avranno avuto”, sarà, allora, meglio e più consono parlare di “comune immoralità”, una specie di schizofrenia che rende insensibili a ciò che è giusto e che fa dimenticare verità e onestà.
Per questo ci si sveglia solo quando Israele reagisce e si dorme quando viene colpito, per questo si pubblicano foto di palestinesi quando le vittime sono israeliane, per questo si definiscono “bambini” palestinesi diciottenni ammazzati mentre si dedicano al terrorismo e si parla di “coloni” quando le vittime sono bambini israeliani di pochi anni , anche di pochi mesi. Per questo una senatrice della Repubblica italiana chiede di commemorare l’assassino dei 19 suoi connazionali, per questo si insinua che l’attentato alle Twin Towers sia stato programmato da CIA e MOSSAD, per questo si sono organizzate le barche della “pace” veleggianti verso Gaza e per questo da quando Gaza è colpita dall’Egitto tutto tace.
Per questo, chi cercherà la notizia dell’assassinio a sangue freddo di un ragazzo israeliano, troverà una foto che gli farà pensare “ ma poveretti questi palestinesi”.
Immoralità, solo immoralità.
Il buon segno è che questa volta i lettori del NYT si sono svegliati e si sono immediatamente ribellati alla manipolazione.
La mia speranza è che forse potranno essere proprio loro, potremmo essere noi tutti a cambiare le cose protestando e indignandoci ogni volta che i media tentano lobotomizzarci con i loro imbrogli e le loro bugie.