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La Stampa Rassegna Stampa
20.11.2013 Il loro agente in Italia
Emma Bonino, e chi se no ?

Testata: La Stampa
Data: 20 novembre 2013
Pagina: 14
Autore: Antonella Rampino
Titolo: «punta sull’Italia per vincere le resistenze di francesi e Paesi del Golfo»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 20/11/2013, a pag. 14, l'articolo di Antonella Rampino dal titolo "Zarif punta sull’Italia per vincere le resistenze di francesi e Paesi del Golfo ".

Continua la deleteria linea filo islamica di Emma Bonino, sempre attenta a non "ficcare le dita negli occhi all'Iran".
Pazienza se questo porterà gli ayatollah ad ottenere un ordigno nucleare.
Per quanto concerne, poi, la totale assenza dei diritti umani in Iran, nelle prime righe del pezzo di Rampino si legge che la teocrazia iraniana, in cambio di un accordo sul nucleare, sarebbe disposta ad aprire il dialogo sui diritti. Come no.
Ecco il pezzo:


Javad Zarif con Emma Bonino

Nell’incontro di ieri con Emma Bonino il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha detto che Teheran è «pronta al dialogo con la Ue sui diritti umani». E se si chiudesse l’accordo di Ginevra, interrotto dalla Francia l’8 novembre su pressione israeliana e saudita, in Siria ci sarebbero «sviluppi, aprendo corridoi umanitari». Si chiuderebbe una partita complessa, ma che può cambiare il destino di una regione strategica. La trama dell’accordo con l’Iran - paradossalmente svelata proprio dai francesi - è in tre punti: sospensione dell’arricchimento dell’uranio al 20%, riduzione dello stock esistente, e stop alla costruzione della centrale di Arak. In cambio, allentamento delle sanzioni, e specie di quelle Usa, più pesanti sul piano finanziario. Non a caso, a Roma il ministro Zarif è arrivato con il suo vice Aragchi che aveva trattato - già a metà ottobre - col sottosegretario americano al Tesoro da cui dipendono proprio quelle sanzioni. Ma se si sdoganasse l’Iran, l’Arabia Saudita vedrebbe appannarsi il suo dominio sul Golfo e sorgere un potente competitor petrolifero. E Israele non avrebbe più alibi per chiudere la partita del conflitto con i palestinesi. Ecco spiegato così, dice un’alta fonte diplomatica «il dietrofront della Francia, anche se forse una pausa potrebbe non esser stata negativa». Sempre che il negoziato si chiuda, beninteso. A Ginevra si ricomincia stamattina, sia pure solo a livello di direttori politici. «Di ministri - ha detto Zarif - ci saremo solo io e Lady Ashton: ma ho tenuto la mia agenda libera fino a lunedì». E questo, non ha nascosto, «perché il negoziato si chiude questa volta o mai più», lasciando intendere che la leadership riformista iraniana non sarebbe in grado di reggere un logoramento negoziale. Alla Farnesina, e non solo, si valuta che al momento opportuno Ginevra passerà a livello di ministri. E per questo Zarif è arrivato a Roma, appositamente per vedere il ministro degli Esteri di un Paese, l’Italia, che al tavolo di Ginevra non ci sarà, poiché il negoziato è a livello «5+1» (ovvero Usa, Cina, Russia, Francia e Inghilterra più la Germania) ma un ministro che per primo (proprio sulla «Stampa», e facendo scalpore) ha salutato l’elezione del riformista Rohani come «una storica occasione», inviando anche subito una delegazione guidata dal viceministro Lapo Pistelli per tre giorni a Teheran: non l’ha fatto nessun altro Paese. E l’Iran si aspetta che l’Italia adesso sostenga il negoziato con gli altri Paesi Ue, a cominciare dalla Francia: Hollande arriva giusto oggi a Roma. Che si vada avanti ad oltranza è valutato come possibile. I segnali di un’accelerazione ci sono: da Obama che convoca nella Oval Room democratici e repubblicani (anche per reagire all’inedito lobbing inaugurato da Netanyahu che nei giorni scorsi ha spedito il suo ministro della Difesa a far pressioni sul Congresso), al fatto che Kerry il 22 sarà in Israele, un luogo dal quale - se come si spera il negoziato arriverà al punto - Ginevra dista giusto un paio d’ore d’aereo. Fino al tweet di Rohani, «Progressi significativi nei recenti colloqui negoziali». Si riferiva alla Cina, assai interessata a uno sdoganamento del petrolio di Teheran, che già raffina. Ma era anche giusto l’ora, le 18, in cui è terminata la visita di Zarif alla Farnesina.

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