Incontro Hollande-Netanyahu, riprendiamo da LIBERO di oggi, 17/11/2013, a pag.16, la cronaca di Carlo Panella. Dall' OSSERVATORE ROMANO un articolo che vorrebbe essere equilibrato, cosa non facile per il giornale della S.Sede, da sempre inclinato verso la parte araba. Non a caso, nel pezzo che vorrebbe essere un riassunto dell'attuale situzione mediorientale, attribuisce ancora il mancato accordo fra israele e i palestinesi, dovuto a:".. Hollande dovrebbe anche soffermarsi sulla spinosa questione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, che rappresenta uno dei punti nodali del contenzioso tra israeliani e palestinesi". Da parte arabo-palestinese quindi tutto bene, niente da rilevare. Tralasciamo la situazione internazionale, per farsene un'idea meglio leggere la Cartolina di Ugo Volli di oggi.
Libero-Carlo Panella: " Hollande vola da Netanyahu, Parigi si infila nei vuoti di Obama"
Hollande, Netanyahu Carlo Panella
«Mi auguro che la Francia non si fletterà davanti all'Iran»: Bibi Nethanyahu accoglie oggi a Gerusaleme Franrois Hollande con questo aspi-cio, chiaramente polemico nei confronti di Barack Obama, che aveva accusato appunto di arrendersi agli ayatollah. La visita di due giorni del presidente francese in Israele era programmata da tempo ed era dedicata, come tutte, essenzialmente alla ricomposizione della crisi israelo palestinese. Ma quanto awenuto la settimana scorsa a Ginevra nel corso della trattativa sul nucleare iraniano tra i «5 più uno» e la delegazione di Teheran ne ha cambiato il segno. A Ginevra, infatti, il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha bloccato con energia la deriva che il Segretario di Stato Usa J.F. Kerry aveva impresso ad una trattativa che si stava concludendo con una vittoria sostanziale degli ayatollah. Obama intendeva infatti perseguire a tutti i costi un qualche successo in politica estera, dopo le batoste prese sul piano interno (crisi col Congresso sul budget e figuraccia conseguita col fallimento delle procedure per applicare la sua riforma sanitaria) e nei confronti delle «primavere arabe» malissimo gestite dalla Casa Bianca Era quindi disposto ad accettare una sensibile riduzione delle sanzioni contro l'Iran, che avrebbe portato 50 miliardi a Teheran, in cambio sostanzialmente di nulla. Il ministro degli Esteri iraniano Sharif, infatti, era disposto a promettere sei mesi di sospensione dell'arricchimento dell'uranio. Null'altro. Una vittoria formidabile per gli ayatollah che avrebbero ottenuto decine di miliardi — congelati all'estero - indispensabili per attenuare la crisi economica, non concedendo nulla, dimostrando per di più alla umma musulmana che il loro oltranzismo piega l'Occidente. Una prospettiva che Netanyahu giudicava pericolosissima, tale da mettere in crisi ulteriormente i suoi già burrascosi rapporti con Washington. Oggi dunque Hollande si presenta agli israeliani come l'unico leader occidentale che ha saputo contrastare la cieca ar- rendevo-lezza di Obama nei confronti degli ayatollah che infatti lo accusano di essere «un servo di Israele». Anche Hollande peraltro, che in patria ha un indice di gradimento del solo 15% (record negativo da 50 anni) ha necessità di recuperare immagine sulla scena internazionale e Netanyahu ha intenzione di favorirlo. Si delinea dunque una ripetizione di quanto avvenne negli anni '50 e '60, quando Ike Eisenhower e poi J.F. Kennedy raffreddarono a tal punto le relazioni con Israele che David Ben Gurion si rivolse a Charles De Gaulle non solo per un forte padrinato politico, ma anche per enormi forniture militari, tanto che la «guerra dei 6 giorni» del 1967 fu vinta dai piloti israeliani alla guida di Mirages francesi. Dopo quella decisiva guerra, De Gaulle si irritò con Israele che si rifiutò di obbedire alla sua ingiunzione di «riconsegnare i Territori occupati». Da allora, in Francia i governi gollisti (incluso quelli di Chirac e Sarkozy) sono più tiepidi con l'alleato israeliano (che comunque rimane tale), mentre quelli socialisti, da Mitterrand a Hollande, passando per Jospin, sono più fermamente impegnati a sostenere le ragioni di Gerusalemme. Questo ha fatto a Ginevra Hollande nei confronti dell'Iran ed è probabile che questo comporti di nuovo per la Francia un consistente ritorno di commesse militari di Gerusalemme alla industria militare francese. Tutto questo, a pochi giorni dalla visita di Lavrov, ministro degli Esteri di Mosca al Cairo, la prima dal 1972, durante la quale si sono formati accordi di forniture militari per 4 miliardi di dollari, che sottintendono un sostanziale allentamento della «relazione privilegiata» tra Usa e Israele che reggeva, ferrea, dal 1979. Si allunga così la serie di fallimenti di Obama, che comportano una radicale riduzione della influenza americana in Medio Oriente, il cui capolavoro negativo è la «quasi rottura» con l'Arabia Saudita (sempre a proposito dell'Iran e anche della Siria) che si è consumata nelle scorse settimane.
L'Osservatore Romano- "Sostegno europeo alla pace in Vicino Oriente"
Tel Aviv-Il presidente francese, Francois Hollande, sarà da domenica a martedì in visita ufficiale in Israele e nei Territori palestinesi. In questa lunga visita ufficiale — dicono fonti della stampa francese— il capo dello Stato affronterà la questione del programma nucleare iraniano e tenterà di rilanciare le relazioni economiche e commerciali. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che Hollande vedrà domenica stessa, ha fatto sapere di attendere «con impazienza» il presidente francese. Quanto al programma nucleare iraniano, entrambi i Paesi sono d'accordo nel dire che gli aspetti militari legati a esso «devono cessare», anche se possono esserci alcune differenze «tattiche» tra i due Paesi negli approcci. Lunedì il capo dell'Eliseo sarà a Ramallah per incontrare il presidente dell'Autorità palestinese, Abu Mazen. Martedì è invece previsto l'intervento di Hollande davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano. Come riferiscono fonti dell'Eliseo, deciso a rilanciare l'influenza della Francia nella regione, Hollande, accompagnato da sei ministri, insisterà sulla necessità di sostenere la soluzione dei due Stati, che prevede l'istituzione, acccanto a Israele, di uno Stato palestinese autonomo e sovrano. A Israele rivolgerà tuttavia «un messaggio di amicizia forte», ma anche di «sostegno allo sviluppo economico, culturale e scientifico». Hollande dovrebbe anche soffermarsi sulla spinosa questione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, che rappresenta uno dei punti nodali del contenzioso tra israeliani e palestinesi: durante la sua ultima visita nella regione, il segretario di Stato americano, John Kerry, aveva dichiarato che per Washington i progetti di costruzioni rappresentano un ostacolo lungo il cammino della pace. Questa settimana il premier Netanyahu ha deciso di bloccare un nuovo progetto edilizio, che prevedeva la costruzione di ventimila nuove abitazioni a Gerusalemme est, definendolo «un passo senza senso dal punto di vista legale e pratico». Per il leader del Likud, la priorità nell'agenda politica israeliana è il dossier nucleare iraniano e le trattative in corso su di esso. Intanto, ieri il presidente israeliano, Shimon Peres, è intervenuto sul processo di pace affermando che Israele non deve «sottovalutare l'importanza dell'amicizia» con gli Stati Uniti e con l'attuale Amministrazione Obama. «Siamo fortunati — ha aggiunto Peres in un comunicato diffuso dal suo ufficio — che ci sia l'America e che resti nostra amica e alleata». Il presidente ha poi sottolineato che non c'è stata richiesta israeliana «alla quale l'Amministrazione Obama non abbia dato risposta, compresa quella di porre un veto su una risoluzione delle Nazioni Unite sugli insediamenti, nonostante il fatto che gli Stati Uniti li considerino illegali». E inoltre, «quasi tutte le nostre domande di sicurezza sono state esaudite»
Per inviare a Libero, L'Osservatore Romano la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante