Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/11/2013, a pag. 39, l'articolo di Arturo Colombo dal titolo "E il premier Spadolini rifiutò di ricevere Arafat".

Valentino Baldacci, Giovanni Spadolini: la questione ebraica e lo Stato di Israele (Edizioni Polistampa e Fondazione Nuova Antologia)
Mi pare esatta la definizione di «lunga coerenza», che Valentino Baldacci mette come sottotitolo al suo saggio Giovanni Spadolini: la questione ebraica e lo Stato di Israele , appena pubblicato a Firenze dalle Edizioni Polistampa e dalla Fondazione Nuova Antologia (pp. XIV-235, e 18). Infatti, con una ricca, eloquente documentazione, Baldacci ripercorre quasi un cinquantennio dell’attività di Spadolini (dal 1947 al 1994, anno della scomparsa), storico, giornalista, parlamentare, ministro, capo del governo e presidente del Senato, recuperando così una straordinaria quantità di interventi, tutti accomunati dalla costante «difesa del diritto all’esistenza dello Stato d’Israele» e dalla non meno decisa «avversione al panarabismo».
Per esempio, quando era direttore del «Resto del Carlino» — vale a dire dal 1955 al 1968 —, la crisi di Suez trova subito Spadolini pronto non solo a condannare la politica di Nasser, ma altresì a denunciare tanto l’Unione Sovietica che sosteneva l’Egitto, quanto le forze politiche italiane, in primis il Pci, tutt’altro che favorevoli a Israele, definito invece da Spadolini come uno Stato «giovane e coraggioso». E non diverse saranno — sia in difesa delle «vittime della Shoah», sia a sostegno della politica d’Israele — le tesi spadoliniane durante la sua direzione del «Corriere della Sera», dal 1968 al 1972.
Proprio dal maggio 1972, eletto a Palazzo Madama, Spadolini inizia l’attività parlamentare, senza mai tralasciare la condanna verso «le bestialità dell’antisemitismo». Più tardi, nell’aprile del 1975, come ministro per i Beni culturali e ambientali, compie la sua prima visita a Gerusalemme e subito sottolinea quale dev’essere, da parte del mondo libero, «il legame di solidarietà con Israele, nella comune testimonianza contro ogni ritorno di razzismo». Senza dimenticare, sottolinea Baldacci, che il sostegno al sionismo porta Spadolini a scoprire «il parallelismo» fra il Risorgimento italiano e il Risorgimento ebraico e nel contempo ad approfondire la conoscenza di alcune figure di ebrei, del presente e del passato, come Ernesto Nathan, Eugenio Artom, Angelo Fortunato Formiggini o Umberto Terracini, di cui pubblicherà sulla «Nuova Antologia» del 1979 un severo intervento a proposito «dell’antisemitismo in Unione Sovietica».
Un grosso merito del libro è quello di dare a ogni lettore la possibilità di seguire un po’ tutte le iniziative di Spadolini, da quando nel 1982, allora capo del governo, rifiuta — nonostante le pressioni di Bettino Craxi — di ricevere Yasser Arafat a Palazzo Chigi, a quando nel 1988, come presidente del Senato, pubblica il libro bianco L’abrogazione delle leggi razziali in Italia . Così si capisce ancora meglio perché Shimon Peres, parlando di Spadolini, non mancava di aggiungere «he was a great man» (era un grande uomo), come opportunamente ci ricorda Cosimo Ceccuti nella «Premessa» a questo prezioso libro di Baldacci.
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