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La Repubblica Rassegna Stampa
13.11.2013 Roma, nega la Shoah, ma viene assolto dall'accusa di odio razziale
il prof. Valvo potrà tornare a diffondere le sue menzogne a scuola

Testata: La Repubblica
Data: 13 novembre 2013
Pagina: 1
Autore: Francesco Salvatore
Titolo: «Roma, negò in classe l’Olocausto, prof assolto dall’accusa di odio razziale»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 13/11/2013, a pag. 1-18, l'articolo di Francesco Salvatore dal titolo "Roma, negò in classe l’Olocausto, prof assolto dall’accusa di odio razziale".

Il prof. Valvo, assolto dalle accuse di odio razziale, tornerà ad insegnare a scuola, nonostante sia un negazionista.
Nei giorni scorsi, nell'ambito del dibattito sulla necessità o meno di ottenere una legge contro il negazionismo, diversi storici e giornalisti si sono schierati contro la legge, sostenendo che il negazionismo si combatte con la cultura.
Che genere di cultura insegnerà Roberto Valvo ai suoi allievi del liceo Ripetta ?


Il liceo artistico Ripetta di Roma, una scritta negazionista

Era accusato di aver propagandato idee fondate sulla superiorità razziale e sull’odio nei confronti degli ebrei, dall’alto della cattedra del liceo artistico in cui insegnava. Cinque anni fa il professor Roberto Valvo, insegnante del liceo Ripetta di Roma, aveva raccontato a tre studenti che gli ebrei erano dei «furbetti» e che bisognava farvi attenzione. Poi aveva continuato il discorso parlando dell’Olocausto, mettendo in dubbio il numero dei morti a causa di alcuni problemi storiografici. Infine aveva concluso che i filmati sui campi di concentramento non erano stati girati durante l’eccidio nazista ma solo successivamente, come lo stesso Alfred Hitchcock aveva fatto. Ieri, il giudice Maria Cristina Muccari ha assolto il docente dall’accusa di incitazione alla violenza e alla discriminazione razziale, come previsto dalla legge Mancino, «perché il fatto non sussiste «. Secondo l’accusa, Roberto Valvo, ex professore di storia dell’arte, oggi in pensione, in due occasioni, il 30 ottobre e il 12 novembre 2008, prima davanti a tre alunni, e poi in presenza dei colleghi riuniti in consiglio di classe, aveva esternato le sue teorie sulla Shoah «propagandando idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale nei confronti degli ebrei». In particolare, come si legge nel capo di imputazione, «avrebbe esposto valutazioni negative su tale popolo, sollecitando gli allievi a “stare attenti con loro”, esponendo teorie negazioniste sull’olocausto poi ribadite nel corso di un consiglio di classe». La vicenda risale all’ottobre di cinque anni fa. Durante una giornata di sciopero, al liceo artistico Ripetta entrano in classe solo tre studenti. Fra questi c’è Sofia Aronov, 16 anni, della comunità ebraica, la quale inizia a discutere con il professore dell’origine del proprio cognome. Dopo poco la discussione si sposta sull’olocausto e la giovane chiede al docente quale sia la sua opinione. Il professor Valvo, si legge nella denuncia presentata dalla stessa ragazza ai carabinieri, «inizia un discorso sull’olocausto, dicendo che secondo lui non erano veri i numeri riguardo ai morti dell’olocausto e dei campi di concentramento. Che i sei milioni non erano esatti e che la stima non era stata fatta correttamente. Che l’olocausto era da riferirsi a tutti i morti e non solo agli ebrei». Poi prosegue: «Durante la guerra erano tutti magri come nelle immagini dei vari filmati e non solo nei campi di concentramento». Una tesi poi ribadita due settimane dopo in consiglio d’istituto: «Sono stufo di sentir parlare di sterminio degli ebrei», avrebbe detto Valvo secondo il racconto di Virgilio Mollicone, un docente sentito come testimone a processo, «non c’è neanche un’appartenenza con la cultura italiana. Allora parliamo di foibe». La sentenza è stata accolta con soddisfazione dal legale di Valvo, Giuseppe Pisauro: «L’esito del processo è assolutamente conforme alle risultanze dell’istruttoria e costituisce una importante affermazione del principio costituzionale della libertà di opinione. Le frasi non erano denigratorie di nulla e non c’è stata propaganda. Inoltre, è stata la ragazza a chiedergli un’opinione».

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