Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/11/2013, a pag. 43, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo "Il nuovo Medio Oriente e le sorti di Israele".
Sergio Romano
Il lettore ha chiesto a Sergio Romano come mai abbia definito Israele 'corpo estraneo'. Ecco la risposta : "Credevo di avere fatto una banale constatazione". Più che una constatazione, assomiglia parecchio alla teoria degli ayatollah iraniani quando definiscono 'cancro' Israele.
Secondo Romano, gli arabi "Non erano responsabili della strategia genocida di Hitler". Peccato che i legami tra Hitler e il Gran Muftì di Gerusalemme siano ben documentati. Gli arabi di sicuro condividevano l'idea della 'soluzione finale' e sono stati di grande aiuto ai nazisti, come per altro ne è a conoscenza lo stesso Romano avendo scritto la prefaszione al libro di Jeffrey Herf " Propaganda nazista per il mondo arabo" ed.dell'Altana.
Romano, per spiegare meglio la sua definizione di 'corpo estraneo', scrive "La nascita dello Stato d’Israele coincideva con un periodo storico in cui gli imperi coloniali si sarebbero progressivamente ritirati dalla regione e avrebbero infine concesso la piena sovranità ai loro vecchi protettorati. Era davvero sorprendente che l’apparizione di un nuovo Stato europeo apparisse agli occhi delle società arabe come una nuova forma di colonialismo occidentale?". La Storia di Israele non ha nulla a che vedere con il colonialismo dell'Occidente.
Questa affermazione è, più che altro, un maldestro tentativo di giustificare l'odio islamico contro Israele.
Romano continua : "Il movimento sionista ha vinto guerre, risanato terre incolte, creato una florida economia nazionale, dato una casa e un futuro a più del 40% della popolazione ebraica mondiale. Questi sono i «titoli di proprietà» che garantiscono, più di qualsiasi promessa profetica, il suo diritto di esistere.". Aggiungiamo che, prima della nascita di Israele, i pionieri sionisti comprarono a prezzi carissimi dagli arabi -e prima dagli effendi ottomani- appezzamenti di terreno (desertici) per bonificarli. Le migrazioni ebraiche in Medio Oriente non sono iniziate con la nascita di Israele, ma prima. Non a caso Tel Aviv è stata fondata più di 100 anni fa.
Romano conclude scrivendo "Ma se non vuole continuare a essere percepito come un corpo estraneo dovrà rendersi conto che anche altri, nella regione, ritengono di avere diritti storici e legittime aspettative.". Quali sarebbero i diritti storici e le legittime aspettative dei palestinesi? Non basta un'affermazione vaga e autoreferenziale. Romano specifichi meglio che cosa intende.
Prima di Israele non è mai esistito uno Stato palestinese. Sarebbe potuto nascere contemporaneamente a quello ebraico, sono stati gli arabi a rifiutarlo. E il perchè lo si è capito dopo.
Ecco il pezzo:
Per natura ricerco sempre la chiarezza e la prego di aiutarmi in questo senso. Spero ricorderà il nostro fugace incontro al Rotary di corso Venezia a Milano. Domanda: lei considerava e considera davvero Israele un «corpo estraneo» (e quindi auspica la sua distruzione?). Spero vorrà rispondermi con la stessa chiarezza.
Franco Cohen
cohen@yahoo.it
Caro Cohen,
Credevo di avere fatto una banale constatazione. Il tema in discussione, in quel momento, era la situazione d’Israele in una regione sconvolta da rivolte popolari e guerre civili. Rispondendo alla domanda di una persona intervenuta dopo la fine della mia conversazione, ho osservato che la crisi ha privato lo Stato ebraico di alcune delle amicizie su cui aveva fondato la propria politica estera, e che la sua condizione non gli permetteva di dare alcun contributo alla restaurazione di un equilibrio regionale. Questa condizione è, per l’appunto, l’estraneità. La nascita di Israele nel 1948 trovò larghi consensi nella società occidentale per almeno tre ragioni. Il sionismo socialista della sua classe politica suscitava la simpatia delle social-democrazie. I cristiani evangelici, soprattutto negli Stati Uniti, vedevano nel ritorno degli ebrei in Palestina una conferma delle profezie sulla seconda venuta del Cristo. E molti, infine, ritenevano che l’umanità, dopo le persecuzioni degli anni Trenta e il genocidio della Seconda guerra mondiale, avessero contratto con gli ebrei un debito politico e morale. Credo che questi tre motivi bastino a spiegare la simpatia di cui Israele godette sino alla guerra del 1967.
Ma nessuno di quei sentimenti poteva essere condiviso dalle popolazioni dell’Africa del Nord e del Levante. Gli arabi avevano abitato quelle regioni sin dal settimo secolo dell’era cristiana. Non aspettavano la seconda venuta del Cristo. Non erano responsabili della strategia genocida di Hitler. Esiste infine un’altra considerazione di cui è opportuno tenere conto. La nascita dello Stato d’Israele coincideva con un periodo storico in cui gli imperi coloniali si sarebbero progressivamente ritirati dalla regione e avrebbero infine concesso la piena sovranità ai loro vecchi protettorati. Era davvero sorprendente che l’apparizione di un nuovo Stato europeo apparisse agli occhi delle società arabe come una nuova forma di colonialismo occidentale?
Israele dovrebbe quindi scomparire dalla carta geografica? La storia produce fatti compiuti che non possono essere cancellati senza provocare danni e ingiustizie ben più gravi di quelli che vorremmo correggere. Il movimento sionista ha vinto guerre, risanato terre incolte, creato una florida economia nazionale, dato una casa e un futuro a più del 40% della popolazione ebraica mondiale. Questi sono i «titoli di proprietà» che garantiscono, più di qualsiasi promessa profetica, il suo diritto di esistere. Ma se non vuole continuare a essere percepito come un corpo estraneo dovrà rendersi conto che anche altri, nella regione, ritengono di avere diritti storici e legittime aspettative. La pace, in ultima analisi, dipende dal riconoscimento di questa duplice legittimità.
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