La corsa al nucleare dell'Arabia Saudita per contrastare l'Iran commenti di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari, Daniele Raineri
Testata:Il Giornale - La Stampa - Il Foglio Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari - Daniele Raineri Titolo: «L’Iran fa paura: Riad si compra l’atomica dal Pakistan - Nucleare, contromossa di Riad: missili e atomica anti-Teheran - Ecco il gruppo della Casa Bianca che teneva i contatti segreti con l’Iran»
Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 08/11/2013, a pag. 17, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " L’Iran fa paura: Riad si compra l’atomica dal Pakistan ". Dalla STAMPA, a pag. 12, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Nucleare, contromossa di Riad: missili e atomica anti-Teheran ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Ecco il gruppo della Casa Bianca che teneva i contatti segreti con l’Iran". Ecco i pezzi:
Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " L’Iran fa paura: Riad si compra l’atomica dal Pakistan "
Fiamma Nirenstein, il re dell'Arabia Saudita
Mentre suona a destra uno squillo di tromba, ovvero le notizie anche di ieri promettono che l'Iran otterrà condizioni che gli consentiranno di procedere verso la bomba atomica, a sinistra risponde uno squillo, e che squillo: l'Arabia Saudita ha investito nel corso degli anni in Pakistan, che ha più di centoventi bombe atomiche, per comprare un pacchetto atomico già pronto non appena sarà evidente che il suo nemico storico, l'Iran, sta per raggiungere l'obiettivo. Può darsi persino, secondo un'alta fonte della Nato che ha parlato alla Bbc, che l'arma nucleare pakistano- saudita venga approntata prima di quella iraniana. L'Arabia Saudita è molto irritata e spaventata, non ha più a cuore la sua amicizia con gli Usa, ha scansato con regale diniego la partecipazione al Consiglio di Sicurezza dell'Onu che le toccava, ha dichiarato completamente sbagliata la politica americana che ha ac-cettato l'accordo con Putin evitando di intervenire contro Assad e quindi contro l'asse sciita Siria-Iran-Hezbollah. I sauditi, leader del mondo sunnita, si sono preparati negli anni a questa mossa che cambierà l'assetto del Medio Oriente e metterà in grande crisi anche la politica occidentale. Il principe Sultan bin Abdulaziz al Saud ha visitato i centri di ricerca nucleare pakistani nel 1999 e nel 2002, certo non per interesse culturale. Negli anni Ottanta l'Arabia Saudita aveva già acquistato dozzine di missili balistici cinesi capaci di trasportare testate atomiche. Il famoso scienziato nucleare pakistano Abdul Qadeer Khan, padre delle bombe islamiche scrisse: «Il principe Sultan ha fornito un generoso supporto finanziario al Pakistan che gli ha consentito di proseguire col programma nucleare » . Da allora, due binari corrono paralleli: quello della preparazione del nucleare pronto per l'uso, e un incessante, franco avvertimento agli Usa: fermate l'Iran, è del tutto inaccettabile che esso abbia capacità nucleari e i sauditi no. Re Abdullah lo disse chiaro a Dennis Ross: «Se lo fa l'Iran noi lo realizziamo subito ». Adesso che il mondo tratta con Rouhani, i sauditi mostrano di conoscere meglio di Obama e della baronessa Ashton il linguaggio del Medio Oriente: a una bomba, una bomba e mezzo. comprare un pacchetto atomico già pronto non appena sarà evidente che il suo nemico storico, l'Iran, sta per raggiungere l'obiettivo. Può darsi persino, secondo un'alta fonte della Nato che ha parlato alla Bbc, che l'arma nucleare pakistano- saudita venga approntata prima di quella iraniana. L'Arabia Saudita è molto irritata e spaventata, non ha più a cuore la sua amicizia con gli Usa, ha scansato con regale diniego la partecipazione al Consiglio di Sicurezza dell'Onu che le toccava, ha dichiarato completamente sbagliata la politica americana che ha ac-cettato l'accordo con Putin evitando di intervenire contro Assad e quindi contro l'asse sciita Siria-Iran-Hezbollah. I sauditi, leader del mondo sunnita, si sono preparati negli anni a questa mossa che cambierà l'assetto del Medio Oriente e metterà in grande crisi anche la politica occidentale. Il principe Sultan bin Abdulaziz al Saud ha visitato i centri di ricerca nucleare pakistani nel 1999 e nel 2002, certo non per interesse culturale. www.fiammanirenstein.com
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Nucleare, contromossa di Riad: missili e atomica anti-Teheran "
Maurizio Molinari
Filtra un cauto ottimismo sulla nuova sessione dei negoziati sul nucleare iraniano e Riad reagisce facendo sapere di essere pronta a dotarsi dell’atomica. È la «Bbc» a raccogliere i messaggi in arrivo dall’Arabia Saudita, nei quali si indicano le visite in Pakistan nel 1999 e 2002 dell’allora ministro della Difesa Sultan bin Abdulaziz come il momento di svolta di una cooperazione bilaterale a tal punto avanzata da consentire a Riad di ottenere una o più ogive da Islamabad in breve tempo. A confermare tale scenario è Gary Samore, ex consigliere di Barack Obama sulla lotta alla proliferazione nucleare, che afferma: «I sauditi ritengono di avere delle intese con il Pakistan in base alle quali, in situazione di estrema necessità, potrebbero acquistare in tempi rapidi delle armi atomiche da Islamabad». Proprio per prepararsi a tale eventualità i sauditi stanno ultimando la costruzione di una base per missili balistici - svelata dal magazine «Jane’s» - capace di ospitare vettori Css-2 acquistati in passato da Cina ed in grado di essere dotati di testate atomiche, potendo raggiungere tanto l’Iran che Israele. Intervenendo ad una conferenza in Svezia nel mese scorso, l’ex capo dell’intelligence militare israeliana Amos Yadlin ha detto: «Se gli iraniani avranno l’atomica i sauditi non aspetteranno neanche un mese, ne hanno già pagato la realizzazione e la consegna, andranno dal Pakistan e gli chiederanno di portarla a destinazione». D’altra parte il re saudita Abdullah, incontrando nel 2009 l’inviato Usa Dennis Ross, assicurò che «avremo in fretta l’atomica se sarà necessario». Dietro tali segnali c’è il fatto che Riad interpreta i possibili progressi a Ginevra verso un’intesa sul nucleare come il rischio che Teheran abbia la bomba.
Il FOGLIO - Daniele Raineri : "Ecco il gruppo della Casa Bianca che teneva i contatti segreti con l’Iran"
Daniele Raineri
Roma. Ieri il Wall Street Journal ha raccontato la rete intricata di contatti che la Casa Bianca ha steso con l’Iran negli ultimi anni. L’articolo, oltre a fare uno scoop esplicito sulle relazioni caute e segrete di Washington con gli iraniani, getta anche una nuova luce su come funziona l’Amministrazione Obama quando si occupa di politica estera. A settembre la telefonata del presidente americano Barack Obama a Hassan Rohani è stata presentata come una decisione fatta all’ultimo minuto, con il presidente iraniano che ormai era sulla macchina che lo portava verso l’aeroporto. Una rottura storica del silenzio diplomatico tra i due paesi che dura dalla rivoluzione khomeinista dal 1979, arrivata come una svolta a sorpresa. In realtà, scrive il Wall Street Journal, è stato il risultato di una coreografia a lungo studiata ed è stato anche il culmine di una lunga serie di incontri precedenti tra delegati americani e iraniani. I contatti tra le due parti sono stati accelerati a partire dalle ultime elezioni presidenziali iraniane di giugno. Lo specialista scelto dalla Casa Bianca per questi incontri con i funzionari del ministero degli Esteri iraniano è un indianoamericano, Puneet Talwar, che lavora al Consiglio di sicurezza nazionale e dirige il settore che si occupa di Iran, Iraq e degli stati del Golfo. Talwar è stato aggiunto al tandem Obama-Biden fin dalla campagna elettorale del 2008, quando già si parlava di approcciare Teheran per raggiungere una soluzione negoziata al problema del nucleare. Un altro mediatore è l’attuale Consigliere per la sicurezza nazionale, Susan Rice, che ha intrapreso i primi contatti con gli iraniani durante il suo mandato come ambasciatrice americana alle Nazioni Unite tra il 2009 e il 2013. Parte degli incontri si è tenuta a Muscat, capitale dell’Oman, piccolo stato del Golfo che sta dirimpetto all’Iran e il cui sultano, Qaboos bin Said al Said, ha fatto anche lui da mediatore tra l’Amministrazione Obama e Teheran. Altri incontri si sono tenuti a margine di appuntamenti internazionali informali, come tavole rotonde e conferenze sul disarmo e sulla risoluzione dei conflitti, per esempio a Stoccolma. A giugno, dopo l’elezione di Rohani al posto di Mahmoud Ahmadinejad, la fase preliminare è finita: il sultano dell’Oman ha riferito agli iraniani che la Casa Bianca era disponibile a trattare direttamente. Dalla lettura del pezzo si capisce anche che la politica estera americana per quanto riguarda i contatti con l’Iran è portata avanti dentro il Consiglio di sicurezza nazionale, bypassando tutto il resto del governo – per esempio il dipartimento di stato. Dieci giorni fa un articolo del New York Times ha spiegato che da luglio la linea sul medio oriente è dettata da un gruppo ristretto dentro la Casa Bianca, guidato dal Consigliere per la sicurezza nazionale Rice. Il coinvolgimento di Esteri, Difesa e servizi segreti in questo processo è tenuto al minimo. Il pezzo parlava soprattutto dell’inazione in Siria, ma ora questo nuovo articolo del Wall Street Journal aggiunge ulteriori elementi e spiega che anche sull’Iran è il Consiglio di sicurezza nazionale a stare in prima linea. Al dipartimento di stato e al suo segretario, John Kerry, tocca poi sistemare le conseguenze: Kerry, per esempio, si è molto esposto nello spiegare al mondo la necessità di colpire il presidente Bashar el Assad dopo la strage con armi chimiche a Damasco, salvo poi essere smentito dal ripensamento di Obama. Lunedì il segretario di stato ha anche incontrato a Riad il re saudita per rassicurarlo perché è molto preoccupato dalle notizie dei contatti tra Obama e Teheran; un funzionario saudita spiega al Wall Street Journal che “quando va bene, sull’Iran siamo paranoici. Negli altri giorni è peggio”. Chissà però cosa penseranno a Riad, dopo avere letto il pezzo di ieri. Netanyahu: “Un regalo all’Iran” I contatti tra i due paesi producono un nuovo clima, per ora senza risultati: ieri ci sono stati nuovi incontri a Ginevra, tra iraniani e delegati dei cinque membri del Consiglio di sicurezza più la Germania (il gruppo dei Cinque più uno), è la quarta volta che accade da settembre. C’è stato anche un bilaterale tra il ministro iraniano Javad Zarif e gli americani. Da un momento all’altro si aspetta l’annuncio di un congelamento per sei mesi del programma nucleare in cambio di un ritiro parziale delle sanzioni da parte di Washington. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, protesta – “sarebbe un accordo straordinariamente a favore di Teheran” – e chiede che l’Iran trasferisca all’estero l’intero processo di arricchimento dell’uranio, in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite.
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