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Il Secolo XIX - La Stampa Rassegna Stampa
07.11.2013 La gaffe di Silvio Berlusconi
intervista a Fiamma Nirenstein di Paolo Crecchi, commento di Mattia Feltri

Testata:Il Secolo XIX - La Stampa
Autore: Mattia Feltri - Paolo Crecchi
Titolo: «Un'amicizia solida nonostante le gaffe»

I quotidiani di oggi, 07/11/2013, hanno dato ampio rilievo alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, segnaliamo l'intervista a Liliana Segre di Simonetta Fiori, l'intervista a Elie Wiesel di Andrea Tarquini (La Repubblica), una lettera aperta della figlia di Liliana Segre, al direttore del Corriere della Sera. Riportiamo dalla STAMPA, a pag. 7, l'articolo equilibrato di Mattia Feltri, per altro antiberlusconiano, dal titolo "Un'amicizia solida nonostante le gaffe". Dal SECOLO XIX, a pag. l'intervista di Paolo Crecchi a Fiamma Nirenstein dal titolo "Ma io vi dico che non mi offende, è disperato".

Il SECOLO XIX - Paolo Crecchi : " Ma io vi dico che non mi offende, è disperato"


Fiamma Nirenstein          Silvio Berlusconi alla Knesset

Fiamma Nirenstein, ebrea, giornalista ed ex parlamentare Pdl, difende Berlusconi. Lo fa con la consueta vis polemica mentre è sulle tracce di John Kerry, il Segretario di stato americano in questi giorni in Israele. Nirenstein, ha sentito? I figli di Berlusconi come gli ebrei perseguitati da Hitler.
«Ho sentito. E immagino le polemiche, si saranno sentiti offesi tutti...».
Lei no?
«Io no. Perché è una frase dettata da sentimenti personali di dolore e disperazione, non da considerazioni politiche e tantomeno razziste».
Se è per quello, è dettata da considerazioni editoriali. Si tratta dell'anticipazione dell'immancabile libro di Bruno Vespa...
«Non voglio pensare male».
Perché no?
«Perché bisogna stare ai fatti. E io so che Berlusconi è profondamente amico di Israele, lo dimostra la sua politica di questi anni».
Ci mancherebbe fosse pure antisemita.
«Appunto. Ha sempre avuto a cuore il problema del nostro popolo, e quando parla degli ebrei ha le lacrime agli occhi».
In realtà si commuove facilmente, l'ex premier. Negli ultimi tempi.
«Quando ricorda di come sua madre ha salvato una ragazza dalla Gestapo, in treno, piange lacrime sincere».
Lo accusano di banalizzare la Shoah.
«Ma per piacere: è come quando uno dice ti ammazzo, cosa fa, banalizza le minacce di morte? La verità è che non gliene perdonano una».
In effetti non se ne può più: sembra che al mondo ci sia solo Berlusconi.
«Una forzatura, una forzatura. Allora, i governi Andreotti che flirtavano con i palestinesi»?
Qui ci allarghiamo.
«Ma le cose vanno dette tutte! Tutte e per intero. Lui si sente offeso, è addolorato, disperato. Non rappresentiamolo come il Male assoluto».

La STAMPA - Mattia Feltri : " Un'amicizia solida nonostante le gaffe "


Mattia Feltri            bibi Netanyahu con Silvio Berlusconi

«Vi racconto una barzelletta», disse Silvio Berlusconi raggelando la sala. «Un ebreo va dal rabbino e gli dice: durante la guerra ho nascosto uno dei nostri. Bravo, risponde il rabbino. Sì, ma gli ho fatto pagare 1000 dollari al giorno. Ah, risponde il rabbino, un po’ tanto ma fa niente. Sì, ma ora dovrei dirgli che la guerra è finita?». Attimo di silenzio, risata collettiva della comunità ebraica romana. Era il marzo del 2008 e fu uno di quei momenti che devono aver consolidato Berlusconi nella certezza di essere sempre divertente. Con gli ebrei, poi, ha un rapporto formidabile. Nel ’94 era stato accolto con diffidenza in ragione degli alleati, Gianfranco Fini ancora mussoliniano, Umberto Bossi ai confini della xenofobia. Il ministro degli Esteri di Gerusalemme rifiutò contatti coi ministri neofascisti di Roma ma subito Il Jerusalem Post obiettò che «il governo Berlusconi può essere il più filoisraeliano che ci sia mai stato in Italia». Berlusconi ribaltò la tradizione filoaraba italiana, fiorente nella Dc per tradizione cattolica e nel Pci per amore di Marx («L’emancipazione del denaro, dunque dal giudaismo pratico...»), e gira e rigira si leggono comunicati degli ebrei italiani in solidarietà al vecchio amico, se gli tirano in faccia una miniatura del Duomo, o se muore la cara mamma Rosa. E fu proprio il nome di lei, tre anni fa, a echeggiare alla Knesset, il parlamento israeliano. Il premier Bibi Netanyahu raccontò di una donna che anni prima aveva salvato una ragazza ebrea, incinta e braccata. «Quella donna si chiamava Rosa, suo figlio si chiama Silvio ed è qui con noi». Berlusconi chiamò gli israeliani «fratelli maggiori» e Netanyahu chiamò Berlusconi «apostolo della pace». Certo, ci sono state anche le gaffe, come la volta in cui Berlusconi suscitò imbarazzo presentandosi al Binario 21 della stazione Centrale di Milano per dire che le leggi razziali erano una vergogna, ma per il resto il Duce aveva «fatto bene». O qualche anno fa, quando disse che gli italiani raccontano storielle sull’Olocausto perché «sanno ridere anche di una tragedia, e si arrabbiarono tutti. E però nella biografia di Berlusconi rimane prevalente, e di molto, il tratto filosemita che l’Anti Defamation League gli riconobbe nel 2003, assegnandogli il premio “Statista dell’anno”. In sala erano in quattrocento, «il gotha della finanza americana», scrivevano le cronache. La motivazione sottolineava «il coraggio e la leadership dimostrati nello sforzo per sradicare l’antisemitismo e il razzismo dall’Europa».

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