Siria: slitta il summit di Ginevra sulla Siria cronache di Maurizio Molinari, Susan Dabbous
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Maurizio Molinari - Susan Dabbous Titolo: «Stop dei russi. Slitta il summit di Ginevra sulla Siria - Due parole sulla Siria nel covo di Hezbollah a Beirut»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 06/11/2013, a pag. 17, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Stop dei russi. Slitta il summit di Ginevra sulla Siria ". Dal FOGLIO, a pag. I, l'articolo di Susan Dabbous dal titolo "Due parole sulla Siria nel covo di Hezbollah a Beirut". Ecco i pezzi:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Stop dei russi. Slitta il summit di Ginevra sulla Siria "
Maurizio Molinari
La conferenza sulla transizione in Siria slitta almeno di un mese. È il Cremlino, attraverso l’agenzia «Itar-Tass», a far sapere che «l’incontro in programma a novembre a Ginevra non ci sarà». E poco dopo l’inviato dell’Onu sulla Siria, Lakhdar Brahimi, conferma la doccia fredda: «Avremmo dovuto annunciare oggi la data della conferenza di Ginevra ma non siamo in grado di farlo, Russia e Stati Uniti torneranno ad incontrarsi il 25 novembre» puntando a celebrare il mese successivo l’incontro sulla transizione. Il passo indietro, secondo Brahimi, ha almeno due spiegazioni: la volontà di «dare più tempo alle fazioni ribelli siriane per tentare di darsi una posizione comune» e la necessità di «superare il nodo dell’Iran» che Mosca vuole al tavolo di Ginevra, assieme a sauditi e turchi, mentre gli Stati Uniti si oppongono. C’è però un terzo motivo che spiega il brusco stop al previsto incontro per lanciare la transizione siriane e viene da Riad. Il Segretario di Stato Usa, John Kerry, nell’incontro di lunedì con il re Abdullah ha infatti assicurato che «Bashar Assad non sarà parte della transizione in Siria». L’intento di Kerry è stato di trovare su questo terreno un momento di recupero politico dell’alleato saudita dopo i disaccordi sul mancato attacco militare. Ma giocando questa carta ha irritato Mosca, che da tempo si dice contraria ad ogni veto sulle delegazioni a Ginevra, sostenendo che i governativi potranno partecipare solo se Assad non verrà formalmente escluso. Le recenti convergenze fra Mosca e Washington sul disarmo chimico siriano e la transizione nulla tolgono al perdurante disaccordo sulla sorte di Assad. Che Riad ha fatto tornare alla luce, con prevedibile soddisfazione reale.
Il FOGLIO - Susan Dabbous : " Due parole sulla Siria nel covo di Hezbollah a Beirut"
Susan Dabbous Un cartellone con Nasrallah e Assad
Beirut. Secondo la “missione compiuta” annunciata settimana scorsa dall’Opac, l’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, l’arsenale chimico del rais siriano Bashar el Assad è stato neutralizzato. In realtà una parte dei materiali letali potrebbe essere stata trasferita in Libano. A dirlo è una fonte vicino a Hezbollah che ricorda come “lo stesso giochetto” sia stato fatto in Iraq nel 2002 mentre l’allora presidente Saddam Hussein riceveva gli ispettori dell’Onu. All’epoca gli iracheni “spostarono parte dell’arsenale in Siria”, dice con l’aria di chi la sa lunga nel suo appartamento di Dahie, zona sciita a sud di Beirut. Ma quelli che viaggerebbero dalla Siria in Libano non sarebbero comunque gli “agenti chimici”, specifica, “bensì le ogive che possono contenerli”. Che il Partito di Dio libanese abbia una discreta esperienza con le armi non convenzionali è fuori discussione: a presidiare i depositi chimici in Siria, negli ultimi due anni di conflitto, sono stati gli uomini di Hassan Nasrallah, inviati nello stato confinante prima in piccoli numeri sino ad arrivare poi a migliaia alla fine di maggio scorso. Questa presenza presto potrebbe iniziare a ridursi, se non altro per venire incontro alle esigenze propagandistiche del regime siriano, forte abbastanza da “combattere il terrorismo con le proprie forze”. Per il momento però la collaborazione tra Hezbollah e l’esercito di Bashar el Assad continua invariata, tanto da destare non poca preoccupazione in Israele che vigila sulle attività di confine, prevenendo, quando possibile, i passaggi di armi alla fonte. Come è successo il 30 ottobre scorso quando, poco prima di mezzanotte, l’aviazione israeliana ha attaccato una partita di missili a Latakia, città portuale siriana ancora sotto il controllo del regime. Un secondo raid sarebbe stato effettuato lo stesso giorno in una base militare a Jaramana, località druso-cristiana vicino a Damasco. I missili di fabbricazione russa (Sa-8 e Gecko Dgreen) a Latakia sarebbero stati trasferiti recentemente da forze lealiste (siriane o iraniane) in un’ex scuola agraria trasformata soltanto un anno fa in una base missilistica. Secondo fonti israeliane, la partita era pronta per il trasferimento via mare a Hezbollah che, come noto, controlla il porto di Beirut. L’attacco è stato rivelato dal canale arabo al Arabiya e confermato dalla Cnn. Secondo la Bbc, inoltre, si tratterebbe del “sesto raid israeliano in Siria avvenuto quest’anno”. L’esercito di Gerusalemme non ha né confermato né smentito l’operazione del 30 ottobre, ma non ha mai mancato di dirsi pronto a intervenire in caso di trasferimento di armi (chimiche o convenzionali) da parte della Siria ai diversi gruppi armati presenti nella regione, in particolare a Hezbollah. Molto chiaro è poi anche il sito di al Manaar, la tv del Partito di Dio, che riporta una nota dell’esercito libanese in cui si denunciano le incursioni aeree israeliane avvenute nella giornata del 30 ottobre (poche ore prima dell’attacco di Latakia). Il comunicato elenca con precisione orari, luoghi e durata dei sorvoli, come a voler ricordare di essere in possesso di tecnologie sofisticate per il controllo del territorio. “Dalle 13,40 alle 04,00 sei aerei da guerra sionisti sono entrati nello spazio aereo libanese – si legge – a Aytaroun e Rmeish, due villaggi nel sud del Libano, così come sopra la città settentrionale di Batroun e in quelle orientali di Hermel, Baalbek e Riyaq, nella Beqaa”. I droni di sorveglianza avrebbero compiuto “ripetute manovre circolari”. Troppo impegnato sul fronte interno, l’esercito siriano ha evitato di fare commenti. Sul piano formale è impegnato con l’Opac a raggiungere un accordo, entro il 15 novembre, sull’eliminazione delle scorte di armi chimiche che dovrà essere ultimata entro il giugno del 2014. L’arsenale potrebbe essere trasferito in Albania, mentre il presidente del Parlamento libanese, Najib Berri, alleato di Hezbollah, ha detto di essere contrario a ospitare qualsiasi tipo di arma preveniente dalla Siria. Un diniego preventivo a una richiesta mai pervenuta da parte della comunità internazionale.
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