Roma, Pacifici e Di Segni chiedono la chiusura dei centri islamici che predicano l’odio cronaca di Gabriele Isman
Testata: La Repubblica Data: 06 novembre 2013 Pagina: 20 Autore: Gabriele Isman Titolo: «'Dialogo impossibile', gli ebrei di Roma contro la Moschea»
Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 06/11/2013, a pag. 20, l'articolo di Gabriele Isman dal titolo " 'Dialogo impossibile', gli ebrei di Roma contro la Moschea".
Riccardo Pacifici Riccardo Di Segni
ROMA — «Abbiamo chiesto al sindaco Marino la chiusura delle moschee a Roma che non sono case di vetro e che non si sa da chi siano finanziate, dove magari si predica contro i cristiani “crociati” e noi “infedeli”». Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana, attacca l’Islam più duro nella Capitale, dove sarebbero 15 (su un totale censito di 38) le moschee finite sotto la lente dei Servizi segreti per il rischio di infiltrazioni terroristiche. Al termine dell’incontro con la giunta Marino, era stato il rabbino capo Riccardo Di Segni a lanciare la bomba: «A Roma sono presenti delle persone con forte identità religiosa non cattolica che non dialogano con la città e bisogna evitare che avvenga il fenomeno francese, con sacche di territorio occupate e chiuse alla convivenza sociale ». Pacifici ha spiegato il disagio del rabbino partendo da lontano, da quella storica visita del 2006 alla Grande moschea dei Parioli, chedoveva essere ricambiata da Adbellah Redouane, segretario del Centro islamico culturale che, con l’Ucoii (Unione delle comunità islamiche d’Italia) gestisce la struttura disegnata da Paolo Portoghesi. «La visita (era il gennaio 2008,ndr)saltò alla vigilia dell’incontro. Sappiamo che Redouane ebbe paura. Se è sotto minaccia lo dica, se fu una scelta la spieghi. Da allora l’abbiamo invitato per incontri formali o particolari cerimonie, come la visita di Benedetto XVI al Tempio o il 16 ottobre scorso in Sinagoga per l’anniversario del rastrellamento nazista, ma il disagio del nostro rabbino va raccolto». Pacifici racconta della richiesta di non usare in Sinagoga nell’incontro poi saltato la parola Israele. Il numero uno degli ebrei romani si dice «a favore della nascita di uno stato palestinese su basi di democrazia e libertà per i propri cittadini dove un qualunque ebreo possa vivere come le persone di origine araba vivono in Israele. Ma con l’Ucoii, affiliata ai Fratelli musulmani così come lo è Hamas a Gaza, ci è impossibile dialogare: i Fratelli musulmani negano il diritto di Israele a esistere e incitano all’annientamento degli ebrei». Redouane non può replicare per le precarie condizioni di salute. Parla però Yahya Pallavicini, imam della moschea di via Meda aMilano e componente del cda della struttura dei Parioli. Rappresenta il Coreiis, la Comunità religiosa islamica, l’ala più aperta al dialogo dei musulmani italiani. «Noi — dice — siamo autonomi e indipendenti nel rifiutare le ingerenze ideologiche. Crediamo al dialogo con cattolici ed ebrei». Pallavicini ammette il rischio di infiltrazioni terroristiche nell’islamismo italiano «finché non ci sarà chiarezza su quali sono le moschee e come vanno gestite secondo criteri di trasparenza con lo Stato. L’allarme non è infondato: nella comunità musulmana c’è un problema tra le persone semplici, generose, coscienziose e chi invece è interessato a posizioni di potere». Di fatto, una spaccatura nell’Islam d’Italia tra radicali e moderati: «La cosa più onesta — conclude Pallavicini — è ammettere che la parte più dura dialoga soltanto con i duri. Noi moderati non vogliamo nemmeno confrontarci con loro, ma per ebrei e cattolici è impossibile anche soltanto provarci».
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