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Corriere della Sera - La Repubblica Rassegna Stampa
05.11.2013 L'arte rubata dai nazisti agli ebrei, ora si cercano gli eredi
cronache di Stefano Montefiori, Siegmund Ginzberg

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica
Autore: Stefano Montefiori - Siegmund Ginzberg
Titolo: «Il Matisse ritrovato di Anne Sinclair. Era a Monaco nel tesoro dei nazisti - L'arte di Hitler»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/11/2013, a pag. 23, l'articolo di Stefano Montefiori dal titolo " Il Matisse ritrovato di Anne Sinclair. Era a Monaco nel tesoro dei nazisti ". Da REPUBBLICA, a pag. 46, l'articolo di Siegmund Ginzberg dal titolo " L'arte di Hitler ".
Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Stefano Montefiori : " Il Matisse ritrovato di Anne Sinclair. Era a Monaco nel tesoro dei nazisti"


Anne Sinclair                         Paul Rosenberg, con il Matisse ritrovato

PARIGI — Anne Sinclair è diventata celebre nel mondo come la donna che sosteneva con coraggio Dominique Strauss-Kahn nel momento della sua discesa agli inferi, la moglie che rimase al fianco dell’allora direttore del Fmi accusato di avere violentato una cameriera (salvo separarsi a vicenda giudiziaria conclusa). Ma se Sinclair, grande giornalista televisiva negli anni ‘80 e ora direttrice dell’Huffington Post francese, ha un posto nella storia d’Europa non è per lo scandalo che l’ha sfiorata suo malgrado due anni fa.
Suo nonno, Paul Rosenberg, è stato il più grande mercante d’arte del XX secolo, amico personale di Picasso, Braque, Matisse. Per festeggiare la firma del contratto che li legava (Biarritz, 1918), Picasso regalò a Rosenberg il ritratto della nonna di Anne Sinclair che teneva in braccio la madre. La vita della famiglia ebrea dei Rosenberg fu travolta dalle persecuzioni naziste, e ad Anne Sinclair capita negli ultimi anni di venire coinvolta — in qualità di erede — in vicende clamorose, come la scoperta delle 1500 opere d’arte trafugate dai nazisti e nascoste a casa dell’ottuagenario tedesco Cornelius Gurlitt: se ne è avuta notizia due giorni fa, si tratta del più importante ritrovamento di opere trafugate mai avvenuto, e tra i quadri c’è un «Ritratto di signora» di Henri Matisse appartenuto a Paul Rosenberg. Che spetta oggi ai suoi discendenti, tra i quali Anne Sinclair.
La storia di quel «Ritratto di signora» si intreccia con la tragedia di un continente. Henri Matisse potrebbe avere dipinto il quadro nel 1939, durante le prime settimane della drôle de guerre, quando Francia e Germania sembravano esitare a sferrare l’attacco. Matisse viveva a Nizza, e Paul Rosenberg lo andò a trovare, ripartendo con alcune tele sotto il braccio. «Vi ho trovato in splendida forma — scrisse Rosenberg a Matisse —, le vostre ultime opere sono tra le migliori. Quelle che ho portato con me le ho subito appese, alle 2 e mezza di notte, nel salone di casa», si legge nel libro «21 rue la Boétie» (edito in Italia da Skira) che Anne Sinclair ha scritto l’anno scorso intitolandolo con l’indirizzo della galleria parigina del nonno.
Casa, in quei giorni, era una proprietà nell’Ovest della Francia, il «Castel», vicino a Bordeaux, dove i Rosenberg si erano rifugiati alla dichiarazione di guerra, lasciando Parigi per timore dei bombardamenti. Lì Paul Rosenberg nascose in una cassaforte 160 opere, tra le quali i Matisse, un auto-ritratto di Van Gogh, dei Cézanne, Léger, Sisley, Picasso, Utrillo, Monet, Braque: il meglio di quella che i nazisti nella loro follia definivano «arte degenerata».
Il 5 settembre 1941, le truppe naziste arrivarono fino al «Castel», saccheggiando l’appartamento e la cassaforte dei Rosenberg con l’aiuto zelante dei Lédoux, i proprietari che abitavano al piano di sopra. Paul Rosenberg era riuscito ad abbandonare la Francia in tempo, nel giugno del 1940: scappò in Portogallo e poi a New York, dove cercò di mantenere i contatti con i suoi artisti. In Europa, intanto, l’orrore dilagava. Tra chi approfittò delle spoliazioni naziste ci fu il collezionista Hildebrand Gurlitt: sconfitto Hitler, si ritrovò in possesso di un tesoro che comprendeva anche il «Ritratto di signora» di Matisse sottratto a Rosenberg.
Nel ‘46 il nonno di Anne Sinclair compilò una lista di opere di sua proprietà finite in mano ai nazisti, e dedicò il resto della vita, fino al 1959, a ritrovarle. Tre anni prima della sua morte il «Ritratto di signora» era passato da Hildebrand Gurlitt (scomparso nel ‘56) al figlio Cornelius, che l’ha custodito assieme a tanti altri capolavori. Dopo il Matisse del museo di Seattle (1999) e il «Vestito blu su poltrona gialla» esposto all’Onstad Art Center vicino Oslo (a giugno), un altro capolavoro potrebbe tornare in famiglia.

La REPUBBLICA - Siegmund Ginzberg : " L'arte di Hitler "


Adolf Hitler

A qualcuno di loro non dispiaceva affatto nemmeno quella che bollavano come “arte degenerata”: dall’“ebreo spagnolo” (sic!) Picasso, e dall’ebreo russo Chagall, alle “mostruosità” di Munch, Max Ernst, Klee e Kokoschka. Qualcosa bruciarono in piazza dopo averli esibiti al ludibrio, la maggior parte li misero da parte, per far cassa o scambiarli con arte più confacente ai gusti ufficiali del Reich nazista. La cosa curiosa è che i gerarchi nazisti erano tutti collezionisti compulsivi. Di porcate kitsch, di simbolismi grevi, di propaganda insulsa. Ma anche di grande arte. Hitler, si sa, avendo cercato di fare il pittore da giovane, amava farsi passare per grande intenditore di arte. Adorava L’isola dei morti di Böcklin, di cui comprò un esemplare, nel 1933. Quando la Wermacht occupò Parigi, si fece accompagnare al Louvre e fece un comizio sul genio di Michelangelo Buonarroti, ma nessuno ebbe ovviamente il coraggio di fargli notare che stava commentando un’opera di Michelangelo Merisi, detto Il Caravaggio. Goebbels, pare fosse un appassionato di arte moderna. Ma poi fu proprio lui a farsi venire l’idea del linciaggio pubblico dell’“arte degenerata”. Aveva evidentemente cambiato idea, per adeguarsi ai gusti del suo capo, Hitler. Hermann Göring, il ministro degli Esteri Von Ribbentrop, il capo della Gioventù hitleriana Baldur Von Schirach, persino il capo delle SS Himmler erano tutti collezionisti d’arte accaniti. Facevano a gara ad accaparrarsi cose belle, e soprattutto cose di valore. Era una dimostrazione di status, di prestigio relativo nella nomenclatura, una questione di esibizione del proprio potere. Un po’ come esibire ville o amanti. Lo sfizio se lo tolsero saccheggiando sistematicamente i musei e le proprietà degli ebrei. Prima in Germania, poi nei Paesi occupati dalle loro truppe. È vero, talvolta, per salvare le apparenze, facevano finta di comprarle. Ma con offerte irrisorie, che i destinatari «non potevano rifiutare». «Doveste decidere di non vendere, sarei costretto a ritirare la mia offerta, e le cose procederebbero per conto loro, senza che io possa fare nulla per impedire il corso degli eventi»: questa la lettera tipo che Göring indirizzava ai collezionisti presi di mira. Ma anche l’accettazione del ricatto spesso non impediva che seguissero arresto e persecuzione. Anzi, l’organizzazione meticolosa delle “acquisizioni” andava, specie all’Est, di pari passo con l’organizzazione scientifica del massacro. Tra le collezioni più strepitose andrebbe ricordata quella esibita da Adolf Eichmannall’hotel Majestic, la sua residenza a Budapest nel 1944. Tra i quadri esposti c’erano dei Velázquez, Goya, Renoir, Brueghel. Tutti quadri espropriati agli ebrei per i quali Eichmann aveva l’incarico di pianificare la “soluzione finale”. Gli portò via anche i capolavori dei “degenerati”. Ma questi finivano agli “specialisti”, perché ne curassero la vendita. Per la gigantesca rapina furono usati bracci armati, come l’Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR), i commando speciali dell’ideologo dello sterminio di ebrei e slavi, maanche i servizi di un gran numero di esperti d’arte, come il curatore Hans Posse incaricato di mettere in piedi a Linz il “museo personale” del führer, e di una caterva di altri specia-listi, galleristi e mercanti d’arte, in Germania, nel resto d’Europa e, durante la guerra, soprattutto in Svizzera. Uno di questi “tecnici” di alto livello era appunto Hildebrand Gurlitt. Quello nel cui appartamento a Monaco – poi ereditato dal figlio Cornelius – è stato trovato il tesoro favoloso che si riteneva perduto. Con una nonna ebrea, e per giunta inviso in quanto estimatoredell’arte “degenerata” Gurlitt padre era un collaboratore “improbabile” dei nazisti. Ma forse proprio per questo gli avevano affidato un lavoro sporco: piazzare il maltolto all’estero. Pare che sia stato il ministro della propaganda Goebbels in persona ad avere l’idea di conferirgli l’incarico. Ritenevano evidentemente che avesse i contatti giusti. Deve aver svolto questo compito con grande zelo e soddisfazione dei suoi datori di lavoro se ad un certo punto fu addirittura designato come futuro direttore del museo personale che Hitler voleva aprire a Linz. L’intenzione era di imitare ciò che Napoleone aveva fatto per il Louvre. L’arte partorita da quelle che Hitler considerava “menti degenerate” non era destinata al museo. Ma Gurlitt si tenne anche gli esecrati Matisse, Marc, Dix, Kirchner. Perché sapeva benissimo quanto valevano. E forse anche perché i suoi gusti erano più raffinati. La ricettazione avrebbe potuto continuare impunemente se Gurlitt figlio, vendendo di tanto in tanto qualcuna di quelle opere per le proprie spesucce, non si fosse tradito per un reato più banale: la frode fiscale. Ora le autorità tedesche dicono che faranno il possibile per individuare i legittimi proprietari. Ma una approfondita inchiesta condotta qualche mese fa dallo Spiegelindica che la cosa non è così evidente. Documentava per filo e per segno quanto continui ad andare a rilento persino il censimento dei beni rapinati dai nazisti ancora in possesso, non di un ricettatore privato, ma di musei e istituzioni. Per non dire della beffa per cui spesso tornano in possesso degli eredi dei rapinatori, anziché degli eredi dei rapinati.

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