Il commento di Costantino Pistilli
Hamas è sempre più isolato e pericoloso in seguito alla caduta del regime Fratelli Musulmani al Cairo, alle severe restrizioni senza precedenti delle autorità egiziane lungo il confine e in seguito alle operazioni di smantellamento dei tunnel, vitali per l’economia dell’Hamastan palestinese.
Questa settimana il ministro degli Esteri egiziano, Nabil Fahmy, ha ritenuto necessario avvertire nuovamnte Hamas di una "dura risposta" qualora venisse minacciata la sicurezza nazionale dell’Egitto. Il movimento terrorista ha risposto organizzando un’importante conferenza a Gaza City con l’obiettivo di rafforzare le relazioni con quel che resta dei partiti egiziani affiliati alla fratellanza musulmana i quali hanno inviato video messaggi di solidarietà e vicinanza alla Striscia, non potendo partecipare alla conferenza. Mentre sabato 02 novembre in occasione del novantaseiesimo anniversario della Dichiarazione Balfour al movimento terrorista palestinese è servito organizzare parate militari nel tentativo di dimostrare che Hamas è pronto alla guerra, a tutte le forme di resistenza, in particolare alla resistenza armata considerata l'unica opzione strategica per raggiungere i propri obiettivi: in primis distruggere Israele. Questi messaggi muscolari (le parate di centinaia di miliziani pesantemente armati) e cinicamente bonari (la conferenza con quel che resta dei propri supporter in Egitto), sono serviti ad Hamas non tanto a minacciare Israele quanto a ad inviare un messaggio all'Egitto contro ogni tentativo di lanciare un'offensiva militare all'interno della striscia di Gaza. “Se ci attaccate colpiremo Israele e vi porteremo un’altra guerra alle porte di casa” è il messaggio di Hamas.
Hamas teme più il Cairo di El Sisi determinato a recuperare la sovranità dell'Egitto nel Sinai che Gerusalemme: i pescatori gazawi vengono condannati dai tribunali militari ad almeno un anno di carcere se presi a pescare in acque territoriali egiziane, il totale della distruzione dei tunnel che collegano Gaza all’Egitto ha procurato una perdita potenziale di quasi il 40 per cento dei redditi di Hamas che, durante il breve governo Morsy, godeva di completa libertà nel commercio illegale attraverso 650-800 tunnel che hanno permesso al movimento terrorista di contrabbandare anche centinaia di armi micidiali, tra cui almeno 19 razzi Grad, false uniformi dell'esercito egiziano, al fine di creare il caos al Cairo, oltre al 65 per cento di farina usata durante nell'intera Striscia durante il primo trimestre 2013, il 98 per cento di zucchero e quasi il 100 per cento di acciaio e cemento, senza contare che solamente dalle tasse imposte su questi prodotti Hamas riesce a pagare gli stipendi di oltre 45.000 dipendenti pubblici.
Una dimostrazione che Gaza ottiene la maggior parte dei suoi prodotti attraverso i tunnel e non attraverso i valichi di frontiera ufficiali e senza queste risorse, senza più alleati politici regionali in posizioni di potere che forniscono il supporto finanziario, militare e politico, con un El Sisi determinato a depotenziarne le azioni attraverso operazioni mirate, l’ammasso di truppe lungo il confine con la Striscia, gli elicotteri da combattimento e le motovedette della marina, Hamas sta vivendo nel panico. E inoltre mostra essere più debole anche dell’antagonista ANP che in Cisgiordania si è rimessa in piedi guadagnando ampia copertura mediatica e sostegno internazionale per la sua disponibilità a tornare al tavolo dei negoziati con Israele mentre Hamas non è riuscita ad aprire nemmeno una sede fuori dalla Striscia di Gaza e il Jerusalem Post questa settimana riportava che il mese scorso la Giordania pare abbia rifiutato centinaia di milioni di dollari in aiuti offerti dal Qatar, uno dei pochi sostenitori di Hamas, in cambio del permesso a Hamas di aprire uffici nel Regno Hashemita.
Questo isolamento di Hamas costituisce però un ulteriore pericolo per Israele che oltre a dover affrontare l’Iran nucleare, la Siria, gli Hezbollah e le minacce della jihad qaedista dovrà preoccuparsi dei colpi di coda del movimento terrorista che per rilanciare e rafforzare la propria popolarità è pronto a lanciare ancora missili contro il sud israeliano, a concentrarsi nella realizzazione di attacchi terroristici e nel sequestro di ostaggi israeliani, militari o civili che siano.
La scoperta di un lungo tunnel di cemento che dalla periferia della Striscia di Gaza arrivava a ridosso del kibbutz Ein Hashlosha, il terzo tunnel di questo tipo trovato quest’anno, serve a ricordare quali sono le intenzioni di Hamas che per arrivare a negoziare con l’Egitto El Sisi minaccia di portare la guerra ai piedi delle Piramidi.
Un fronte, però, da aprire contro un esercito, come quello israeliano, facile preda della gogna pubblica e mediale, per il quale c’è sempre un posto in prima fila per demonizzarlo e delegittimarlo nei consigli, comitati, assemblee per i diritti umani, e che si preoccupa di colpire obbiettivi mirati, avvertire la popolazione civile, rispettare rigorosi codici etici, corti marziali, commissioni militari. I Goldstone, di certo, non vivono in Egitto.