Sul FOGLIO di oggi, 02/11/2013, a pag. X, con il titolo "Svastica e Corano" l'articolo di Giulio Meotti sui nazisti che continuarono la guerra contro gli ebrei in Medio Oriente.
Il gran mufti con Hitler Alois Brunner Aribert Heim
Il nazista più ricercato al mondo vive a Damasco?”, domanda un articolo della rivista americana Foreign Policy. L’ultimo dispaccio del Centro Wiesenthal, che porta il nome del cacciatore dei nazisti e non dà tregua agli ultimi criminali di guerra ancora in vita, riguarda un signore che oggi avrebbe centouno anni. Il suo nome è Alois Brunner ed è responsabile della morte di oltre 130 mila ebrei fra Salonicco e Parigi. Il caso Erich Priebke, scomparso a Roma all’età di cento anni, insegna di non escludere che un boia possa arrivare ai cento. “Tardi, ma non troppo tardi”, recita il poster diffuso dal Centro Wiesenthal per raccogliere informazioni su Brunner. I cacciatori di nazisti lo collocano in Siria, dove è stato visto l’ultima volta nel 2001, protetto dal regime di Bashar el Assad. “E’ possibile che sia vivo e vogliamo portarlo davanti alla giustizia”, ha detto Egbert Buelles della procura di Colonia. Brunner è stato uno dei più zelanti ed efficaci “ideologi” e funzionari della “Soluzione finale”, lo sterminio degli ebrei. L’idea lo ossessionava al punto che nel 1985 al giornale tedesco Bunte affermò di “rimpiangere di aver lasciato il lavoro a metà”. Quando nasce la Repubblica araba unita di Siria, il dottor Brunner prende casa al numero 7 di via George Haddad, nel quartiere “bene” di Damasco dove sorgono le ambasciate e le boutique. Altri dicono che viva all’Hotel Meridien. Si fa chiamare “Dottor Georg Fischer” e si spaccia come uomo d’affari tedesco. Nel 1961, l’anno in cui Adolf Eichmann viene catturato dagli israeliani a Buenos Aires, riceve una lettera bomba dal Mossad, il servizio segreto israeliano, che gli fa perdere un occhio (nel 1980 perderà tre dita in un altro attentato). Brunner, amico personale di Hafez el Assad, il padre dell’attuale dittatore siriano, prende parte alla costruzione dei servizi di Damasco, sul modello della Gestapo, e aiuta gli Assad ad addestrare i “pretoriani” del regime. L’ultima sua intervista risale al 1987, quando al Chicago Sun-Times, dice: “Gli ebrei meritavano di morire, erano rifiuti umani. Lo farei di nuovo”. Con Brunner, a Damasco, c’erano Theodor Dannecker, “l’esperto di ebrei” che prima organizzò il grande rastrellamento di Parigi, la “grande rafle”, poi quella a Roma, e Karl Rademacher, l’uomo di Eichmann per il Belgio e l’Olanda. Entrambi, Rademacher e Dannecker, hanno prestato i loro servigi al regime di Assad. Nel novembre 1967, Der Neue Aufbruch, la rivista dell’organizzazione neonazista Bund Heimattreuer Jugend (Gioventù fedele alla patria), pubblicata a Esslingen Hegensberg nell’allora Germania federale, riportava il necrologio di Karl van Kynast: “Tenente di riserva della Bundeswehr, capitano nell’armata della Repubblica araba unita, caduto sul fronte di Suez il 12 settembre 1967”. Brunner è soltanto il più noto di una serie di ufficiali nazisti che hanno partecipato alla costruzione degli apparati repressivi dei regimi araboislamici e che sono morti in quelle terre dopo essersi convertiti all’islam. Nel nome di un’alleanza sancita dal mufti di Gerusalemme Husseini, che strinse un patto con Hitler nella guerra contro gli ebrei. E’ la fascinazione nazista per una religione in armi e per il suo paradiso “all’ombra delle spade”. Il nuovo libro di Roger Howard, “Operation Damocles”, parla di loro, di come si siano inseriti nei gangli del potere mediorientale, di come Israele abbia dato loro la caccia. Questa strana alleanza fra la svastica e il Corano è ben spiegata in un articolo del 1942 a firma di Johann von Leers, il più noto dei gerarchi nazisti convertiti all’islam. Pubblicato sul giornale Die Judenfrage, l’articolo presentava il giudaismo e l’islam in termini di tesi e antitesi alla Hegel: “L’ostilità di Maometto verso gli ebrei ha avuto una conseguenza: gli ebrei orientali sono stati totalmente paralizzati. La loro assise è stata distrutta. Il giudaismo orientale non ha partecipato alla straordinaria ascesa in potenza del giudaismo europeo nel corso degli ultimi due secoli. Questi ebrei hanno vissuto sotto una legge speciale, quella di una minoranza protetta che contrariamente all’Europa non permette loro di praticare usura né traffico di mercanzie rubate, li mantiene nell’oppressione e nell’angoscia. Se il resto del mondo avesse adottato una politica simile, noi non avremmo la ‘questione ebraica’. L’islam ha reso un servizio eterno al mondo ha impedito la conquista minacciosa dell’Arabia da parte degli ebrei. Ha riconosciuto, grazie a una religione pura, il mostruoso insegnamento di Jèhovah. E’ questo che ha aperto a numerosi popoli la via verso una cultura superiore”. La lista di questi nazisti innamorati di Maometto è lunga. Uno dei responsabili degli “affari ebraici” in Galizia, Altern Erich, si è convertito all’islam e ha assunto il nome di “Ali Bella” nell’Egitto degli anni Cinquanta, dove ha istruito i combattenti palestinesi. Leopold Gleim era noto con questo nome come feroce capo della Gestapo in Polonia, ma divenne “Ali al Nahar” al servizio del dittatore egiziano Nasser. Oskar Dirlewanger, dopo aver ucciso decine di migliaia di ebrei in Ucraina, è diventato la guardia del corpo del dittatore egiziano. Il dottor Heinrich Willerman, celebre per alcuni fra i più atroci esperimenti a Dachau, sarebbe andato a dirigere il “campo Samarra” in Egitto. Dopo aver “liquidato” il ghetto di Varsavia, Kurt Baurnann è entrato a far parte del ministero della Guerra del Cairo e ha addestrato cellule del Fronte per la liberazione della Palestina. Il capo della Gestapo di Düsseldorf, Joachim Daemling, è andato a lavorare al sistema penitenziario egiziano. Anche François Genoud, il celebre banchiere del nazismo erede testamentario di Adolf Hitler e di Joseph Goebbels, utilizzò il tesoro di guerra del Reich per finanziare ovunque le cause arabo-musulmane antiebraiche Nel 1959 diede vita all’“Associazione internazionale degli amici del mondo arabo” e in seguito tornò a Losanna dove aprì la Banca commerciale araba assieme al siriano Zouhair Mardam Bey. Dal 1945 al 1958 furono evacuati quasi ventimila gerarchi nazionalsocialisti. La maggior parte di loro trovò rifugio in due paesi arabi strategici unitisi nella Repubblica araba unita: la Siria e l’Egitto. Centinaia di nazisti raggiunsero quest’ultimo paese tra il 1948 e il 1951. Walter Rauff, responsabile dei “camion a gas” che ai tempi della Seconda guerra mondiale uccisero almeno 97 mila ebrei, nel 1948 fu chiamato a Damasco dal regime, e lì avrebbe partecipato alla tortura di numerosi ebrei alla nascita dello stato d’Israele. Tra coloro che esercitarono funzioni importanti e che abbracciarono l’islam, ci sono Wilhelm Boeckler (Abd al Karim), capitano della Gestapo e responsabile del servizio d’informazione egiziano; l’SS Wilhelm Berner che istruì i fedayyìn palestinesi; l’SS Gruppenführer Aloïs Moser (Hassan Sulayman) diventato istruttore militare; il comandante delle guardie del corpo di Hitler Ludwig Heiden (el Hadj), membro dell’ufficio centrale di sicurezza del Reich, che tradusse in arabo il “Mein Kampf”; Heinrich Sellman (Muhammad Sulayman), alto funzionario della Gestapo di Ulm; l’SS Sturmbannführer Walter Balmann (Ali Ben Khader). In via Orabi, al Cairo, abitava un certo “Carl Debouche”. Il suo vero nome era Hans Eisele: il dottor Eisele, quello che aveva realizzato esperimenti medici a Dachau, dove era diventato tristemente famoso perché lasciava morire lentamente i prigionieri dopo le iniezioni di cianuro e perché praticava iniezioni di apomorfina per studiare la dinamica del vomito. Anche Otto Skorzeny, il comandante delle SS che liberò Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso, finì al Cairo, dove perfezionò l’intelligence di Nasser. Fra i collaboratori di Skorzeny c’era anche un funzionario del ministero della Propaganda di Goebbels e della Rsha di Himmler, Franz Buensch, un “esperto di problemi ebraici” che aveva lavorato con Eichmann alla “Soluzione finale” durante la guerra e aveva anche scritto un libro intitolato “Abitudini sessuali degli ebrei”, forse il documento più ripugnante prodotto dai nazisti. Yasser Arafat assoldò nazisti e neonazisti per al Fatah e per l’Olp. Nel 1969 l’Olp reclutò due ex istruttori nazisti, Erich Altern, responsabile della Sezione affari ebraici della Gestapo, e Willy Berner, ufficiale delle SS nel campo di sterminio di Mauthausen. Un altro ex nazista, Johann Schuller, fu scoperto mentre forniva armi a Fatah. Anche il belga Jean Thiriart, segretario della Nation Européenne, un’organizzazione neonazista, finì sul libro paga di Fatah. Un altro belga di estrema destra, Karl van der Put, reclutò volontari per l’Olp. Negli anni Settanta il neonazista tedesco Otto Albrecht fu arrestato in Germania occidentale con documenti dell’Olp, dopo che questa gli aveva consegnato oltre un milione di dollari per l’acquisto di armi. Nella capitale egiziana era arrivato un altro medico tristemente famoso, Aribert Heim, soprannominato “Dr. Tod”, dottor morte, per la crudeltà dei suoi esperimenti nei campi di Buchenwald, Sachsenhausen e Mauthausen (iniettava fenolo nel cuore e nei polmoni delle sue vittime, poi ne cronometrava l’agonia). Heim si era rifugiato in Egitto negli anni Sessanta, per morirvi all’inizio dei Novanta. Durante l’Olocausto si era fatto un nome seviziando centinaia di vittime anche con iniezioni di droghe velenose e amputazioni senza anestesia. Heim fu conquistato all’islam fino al punto di convertirsi e assumere il nome di “Tarek Hussein Farid”. Si fece crescere la barba, andava in moschea ogni giorno e ogni mattina leggeva il Corano nella sua edizione tedesca. Souad Mekhennet e Nicholas Kulish, i due giornalisti che per primi sul New York Times denunciarono la sua morte sotto spoglie islamiche, a marzo hanno pubblicato un libro su di lui dal titolo “The Eternal Nazi”, per le edizioni Doubleday. Con un ruolo di grande responsabilità è assoldato da Nasser anche il criminale di guerra Johann von Leers, che si era prodotto in più testi antisemiti e che è solennemente ricevuto negli anni Cinquanta al Cairo addirittura dal gran mufti di Gerusalemme, Haj Amin al Husseini, con queste parole: “Vi ringraziamo per aver osato intraprendere la battaglia contro le potenze delle tenebre incarnate dall’ebraismo mondiale”. Dopo la conversione all’islam, Von Leers assume il nome arabo di “Omar Amin von Leers” e fa una rapida carriera come consigliere politico del dipartimento dell’Informazione del Cairo. Von Leers era stato il più intimo collaboratore di Joseph Goebbels, che gli affidò la direzione del Nordische Welt, organo della Società per la preistoria e protostoria germanica. Redattore capo di Der Angriff, docente universitario di Antropologia, Von Leers veniva presentato come “uno dei propagandisti antisemiti più prolifici e perversi della Germania nazista”. Per questo Nasser lo incaricò della propaganda di stato antiebraica e antisionista. Al Cairo occupò numerosi posti ufficiali nell’amministrazione della Repubblica araba unita di Nasser, dirigendo anche le trasmissioni di “La voce degli arabi”, seguita in tutto il mondo islamico. Dopo la caduta del Reich, Omar Amin von Leers spiegò le ragioni per le quali si era entusiasmato per Hitler e per il Terzo Reich: “Di Hitler amavo la sua lotta contro gli ebrei e il fatto che ne avesse sterminati così tanti”. Dal Cairo organizzò l’Istituto di ricerca sul sionismo, una centrale della propaganda anti israeliana nel mondo. Nel 1966 fu pubblicata la versione araba dei “Protocolli dei Savi di Sion”, tradotta da Shawqi Abd el Nasser, fratello del presidente Nasser. Il filosofo ebreo Emil Fackenheim, ha scritto che Von Leers difese una posizione secondo cui “gli stati che danno asilo agli ebrei danno asilo alla peste, e il Reich ha il dovere morale e il diritto legale di conquistare questi paesi perché deve andare a scatenare la sua lotta senza scuse per sradicare la peste”. La guerra alla “peste” continuava in medio oriente. Quando nel 2008 Tom Cruise portò al cinema “Operazione Valchiria”, il complotto per uccidere Hitler del 20 luglio 1944, il maggiore Otto Ernst Remer, che nel film ha il volto dell’attore Thomas Kretschmann, è ritratto come una figura chiave nella soppressione della congiura. Nel 1993 un giornale egiziano intervistò Remer. L’ex gerarca elogiava la rivoluzione di Khomeini, diceva che le camere a gas sono “menzogne”, che “I Versetti Satanici” di Rushdie sono propaganda e paragonava la sconfitta della Germania nazista a quella patita dai palestinesi, “entrambi vittime degli ebrei, entrambi hanno sofferto sotto occupazione”. Siamo all’origine della paranoia araboislamica degli ultimi settant’anni. Lo ha ben scritto il teologo svizzero Karl Barth, secondo il quale “il nazismo è una istituzione religiosa di salvezza. E’ impossibile comprendere il nazionalsocialismo se non lo vediamo come un nuovo islam”.
Per inviare al Foglio la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante