Le autorità cinesi hanno annunciato, con un messaggio sull’account Weibo (il Twitter cinese) della polizia di aver arrestato cinque persone per l’attentato di lunedì quando un Suv si è lanciato contro la folla di turisti a piazza Tiananmen, esplodendo tra le fiamme e uccidendo cinque persone (fra cui tre attentatori) e provocando una quarantina i feriti.
I cinque arrestati sono tutti uomini appartenenti al gruppo uiguro, la minoranza etnica turcofona che vive nel Xinjiang (Cina dell’ovest). Per lo più aderenti a forme moderate di islam, da decenni gli uiguri hanno sviluppato un forte attrito nei confronti dei cinesi etnicamente e politicamente dominanti, in una situazione che ricorda da vicino quella del Tibet.
Secondo quanto ha dichiarato la polizia, i cinque uomini avrebbero ingaggiato una famiglia di tre persone, un uomo chiamato Usmen Hasan, sua moglie e sua madre (che sarebbe stata alla guida del Suv), per compiere l’attentato: schiantarsi contro la folla e poi darsi fuoco all’interno della vettura, proprio sotto al ritratto del presidente Mao all’ingresso della Città Proibita, l’antica residenza imperiale.
Al momento di compiere gli arresti - dice la polizia in un comunicato - nella residenza temporanea dei cinque a Pechino sarebbero stati rinvenuti anche contenitori di gasolio e gas, coltelli e una «bandiera jihadista» non meglio descritta. Per la prima volta però i media cinesi hanno descritto i fatti di piazza Tiananmen come un attentato terroristico, definendolo «un atto violento pianificato e organizzato in modo meticoloso».
A parte brevi comunicati, la stampa nazionale ha mantenuto il silenzio sull’avvenuto, ma per la minoranza uigura si prospettano giorni molti difficili: già da ora, infatti, agli albergatori è stato ordinato di non affittare stanze a uiguri. E nel Paese cresce il timore per l’inasprirsi della repressione nei confronti di questo gruppo etnico.