Le mani della Russia sul Medio Oriente analisi di Daniele Raineri
Testata: Il Foglio Data: 29 ottobre 2013 Pagina: 1 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Entra Putin»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 29/10/2013, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Entra Putin".
Daniele Raineri Vladimir Putin Leonid Breznev
Roma. L’America arretra dal medio oriente e il vuoto è colmato dalla Russia. Ieri il vicedirettore dell’intelligence militare russa (Gru), il generale Vyacheslav Kondrashov, è arrivato al Cairo per incontri riservati con i capi militari egiziani. L’arrivo di Kondrashov fa parte di un intenso viavai di contatti tra Egitto e Russia: la settimana scorsa una delegazione egiziana era a Mosca per organizzare una visita del presidente russo Vladimir Putin al Cairo e a settembre il ministro degli Esteri egiziano, Nabil Fahmy, ha incontrato Putin a Mosca. Per la prima volta dal 1972, da quando 41 anni fa i consiglieri militari sovietici furono espulsi dall’Egitto, si sentono di nuovo notizie sull’acquisto di armi russe anche sofisticate da parte degli egiziani, proprio mentre l’Amministrazione Obama annuncia ufficialmente – ma è stata battuta sul tempo dalla Cnn, gaffe seria – il taglio parziale degli aiuti militari all’Egitto come reazione alla deriva autoritaria del governo controllato dal generale Abdel Fattah al Sisi. All’inizio di settembre l’agenzia Itartass ha riferito che Rosoboronexport, l’agenzia di stato russa che si occupa dell’esportazione di armi, ha annunciato che entro la fine dell’anno lancerà un satellite ad alta risoluzione che orbiterà attorno alla Terra a 700 chilometri di altezza per conto degli egiziani – è stato specificato che non è per scopi bellici. Il domenicale del giornale inglese Times ha appena pubblicato un articolo con voci di analisti e politici che possono essere riassunte così: “In Egitto esce l’America, entra la Russia”. Mosca non ha preoccupazioni da “freedom agenda” americana (era il programma idealista durante gli anni del mandato di George W. Bush, auspicava il successo della democrazia in medio oriente) e del resto il generale Kondrashov atterrato ieri è il vice di quel direttore dei servizi segreti, il generale Igor Sergun, nominato nel gennaio 2012, che a maggio ha detto: “Tentare di introdurre standard occidentali nelle strutture statali in medio oriente e nord Africa alza la tensione regionale”. Le autocrazie stavano e stanno bene al loro posto. Due settimane fa il governo iracheno ha iniziato a ricevere armi dalla Russia grazie a uno storico accordo da 4,3 miliardi di dollari firmato nell’ottobre 2012 che è quasi andato a monte per colpa di alcune accuse di corruzione. Il contratto con i russi è sopravvissuto alle spire di una storia complicata di mazzette e di scremature da parte di politici e mediatori iracheni che hanno gonfiato la cifra del 30 per cento rispetto al prezzo reale, provocando polemiche furiose. Ora però, secondo i giornali russi, Rosoboronexport sta consegnando a Baghdad trenta elicotteri da guerra e 42 sistemi missilistici terra-aria e in discussione c’è anche l’acquisto di caccia (l’Iraq non ha aerei da combattimento dai tempi di Saddam Hussein) e di mezzi blindati. La Russia diventa il secondo fornitore di armi all’Iraq dopo l’America, riannodando di nuovo un legame storico – l’esercito di Saddam marciava su mezzi sovietici. Nella stessa settimana, il capo dell’aviazione russa, Viktor Bondarev, ha fatto una visita di quattro giorni ai leader militari in Iran – e ai sistemi di difesa del paese. Mosca per ora non cede a Teheran il premio più desiderato, i missili S-300, ma è stata promessa maggiore collaborazione con tecnologia militare, aerei e sessioni di addestramento. Per quanto riguarda la Siria, Putin ha scelto di essere sponsor del presidente Bashar el Assad in netta opposizione all’Amministrazione Obama, e la sua voce è la più ascoltata – anche grazie ai contratti di fornitura di armi per cinque miliardi di dollari. L’America diventa un peso leggero in medio oriente, per sua scelta, e Mosca diventa una presenza con cui fare i conti. E’ lontano il 2006, quando quattro diplomatici russi furono rapiti e uccisi a Baghdad da al Qaida e Putin promise di uccidere i responsabili, per la disperazione dei suoi servizi che non avevano contatti utili.
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