Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/10/2013, a pag. 41, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo "Interdizioni israelitiche, quando furono soppresse".
Sergio Romano Carlo Alberto
Qual era lo status degli ebrei prima della fine delle «interdizioni israelitiche» abrogate da Carlo Alberto? In che cosa consistevano? Possibile che gli ebrei non avessero diritti?
Franca Botta
Sesto San Giovanni (Mi)
Cara Signora,
In un saggio apparso nel 1837 e noto con il titolo abbreviato di Interdizioni israelitiche , Carlo Cattaneo ricorda che le interdizioni furono numerose e non necessariamente eguali da Paese all’altro. Esisteva l’interdizione del «libero consorzio», una sorta di apartheid che isolava la comunità ebraica dal resto della società ed ebbe per effetto la creazione dei ghetti; l’interdizione degli studi che vietava l’accesso ad alcuni istituti scolastici e universitari; l’interdizione del vestiario che prescriveva l’abito da indossare e il segno «di color giallo dorato di seta o di lana» che ogni ebreo, secondo il codice piemontese del 1770 avrebbe dovuto «portare scopertamente tra il petto e il braccio destro»; le interdizioni fondiarie che vietavano agli ebrei la proprietà della terra e l’esercizio di qualsiasi attività agricola. Come spiegò Cattaneo, queste furono quelle che ebbero maggiore influenza sulla scelta delle attività economiche in cui gli ebrei dettero prova di una particolare intraprendenza.
Le interdizioni furono soppresse in Francia durante la grande rivoluzione e, più tardi, negli Stati europei conquistati da Bonaparte. Ma vennero riesumate, dopo la Restaurazione, nelle monarchie conservatrici. Negli anni in cui Cattaneo scrisse il suo breve libro, l’Europa era una pelle di leopardo dove aree liberali confinavano con Paesi in cui gli ebrei erano ancora privati dei principali diritti umani e civili. Un caso clamoroso, nel 1835, fu il risultato di questa contiguità. Scoppiò quando i fratelli Wahl, ebrei francesi , acquistarono un terreno nel cantone svizzero di Basilea-campagna, dove la costituzione vietava agli israeliti la proprietà della terra. Gli acquirenti lo sapevano, ma il contratto poté essere stipulato perché un trattato fra la Confederazione Elvetica e la Francia autorizzava i cittadini francesi ad avere proprietà terriere in territorio svizzero. Ma il cantone si oppose alla sua esecuzione.
Il caso si concluse con un compromesso ma ebbe l’effetto di provocare un dibattito europeo a cui partecipò, con due articoli, anche Giuseppe Mazzini. Alla vigilia dei grande avvenimenti del 1848 il clima politico favoriva ormai un passo decisivo sulla strada della emancipazione, Nel novembre del 1847 Carlo Alberto, re di Sardegna, ricevette una petizione con cui veniva chiesta al sovrano la contemporanea emancipazione dei valdesi e degli ebrei. I primi, colpiti soprattutto dall’interdizione degli studi, furono emancipati il 17 febbraio 1848, mentre gli ebrei dovettero attendere sino al 29 marzo per i diritti civile e il giugno per i diritti politici. Nel sito del Museo del Risorgimento di Torino, dove sono conservati numerosi documenti, leggo che gli ebrei torinesi manifestarono la loro riconoscenza donando 10.000 razioni di pane ai poveri della città, 500 lire per le famiglie povere dei soldati al fronte, 400 lire al Ricovero di mendicità, 400 lire all’Ospedale Cottolengo, 400 lire per gli israeliti poveri, 150 all’Ospedale dei valdesi.
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