"Opporsi alla diffamazione di Israele si può "
analisi di Vitaliano Bacchi
Vitaliano Bacchi
Antisemitismo è l'odio inventato dalla propaganda fascista e nazista per criminalizzare espropriare e infine sterminare una comunità internazionale inerme aggregata ed identificata con criteri di genealogia empirica e congrua alla ignoranza irrimediabile della classe dirigente fascista e littoria.
E' un odio contro l'ebreo come soggetto storico, un odio che rivendica criteri di razza, religione e cultura - non uno sensato – ma che resta pur sempre un odio contro la persona, resa feticistica e totemica perchè una ideologia che proviene dalla fogna non può che avere questo carattere rozzo, tribale ignorante.
L'antisionismo, invece, ha radici diverse: è l'odio irrazionale contro lo Stato di Israele, il suo diritto di esistere, la sua storia di rinascita e redenzione, la sua eroica e valorosa risposta all'aggressione del predone arabo che ha rivoluto con le armi la terra che gli era stata pagata col rogito.
Antisionista è la preferenza per le “ragioni” territoriali arabe contro quelle storicamente incontestabili di Sion e della sua gente capace e laboriosa: l'antisionista non odia l'ebreo come lo odia il fascista, odia Israele e il suo cittadino.
Kissinger è antisionista non antisemita e così Chomsky, Ovadia e tutta la schiera di partigiani dell'Islam che privilegiano e sostengono la pretesa territoriale araba in odio a Israele.
L'antisionismo è diventato la forma più virulenta e attuale del disagio della comunità di Israele nel mondo perchè la menzogna e la mistificazione araba sul conflitto ha finito per guadagnare il sostegno, l'aiuto finanziario e l'appoggio anche militare di un vasto fronte internazionale del consenso affermatosi con la mistificazione di essere popolo oppresso e aspirante alla liberazione, parola magica nell'immaginario collettivo occidentale propenso all’etremismo fine a sé stesso, cioè la fabbrica dei suoi miti.
Così è nato il mito della “liberazione della Palestina” e la superiorità militare israeliana è stata considerata strumento di oppressione e non perfezionamento di una difesa militare eccezionale perchè ha dovuto organizzare il miracolo della propria salvezza contro cinque guerre di aggressione arabe concepite per sterminare gli ebrei, non per regolare dei confini.
Se questa è la situazione, desterà scalpore constatare che l'ordinamento giuridico italiano vieta e sanziona l'antisemitismo, ma non considera nemmeno in senso giuridico l'antisionismo, valutato una scelta politica di sostegno ad uno stato nel conflitto con un altro e, come tale, tutelato come ideologia politica costituente espressione di libertà del pensiero.
La legge n. 62/1953 denominata “legge Scelba” e la legge 205/1993 denominata “legge Mancino” sono due testi normativi fondamentali nella repressione della discriminazione razziale e quindi sanzionatoria dell'antisemitismo, ma la normativa vigente ignora, lascia indenne e assolve la manifestazione di odio contro lo Stato di Israele ed in generale l'ostilità antisionista predicata in coincidenza con la solidarietà alla causa palestinese.
Ne deriva che il complesso normativo sanzionatorio dell'antisemitismo come discriminazione razziale è del tutto inefficace a sanzionare la manifestazione di odio contro Israele e che da questa impunità traggono la loro virulenza le manifestazioni di odio contro la comunità costituitasi Stato politico nazionale: oggetto della sanzione giuridica è l'odio razziale contro gli ebrei, l'odio contro una comunità costituita in Stato.
E' questa la ragione per cui oggi in Italia l'odio razziale è un reato e quello politico è un diritto: dire a una persona “sporco ebreo” è un reato secondo la legge Mancino; esaltare pubblicamente la politica razziale fascista è un reato secondo la legge Scelba e anche secondo la legge Mancino, che opera per la prima volta l'equiparazione giuridica fra razzismo e fascismo.
Denigrare Israele come stato-canaglia oppressore della minoranza palestinese è invece purtroppo un diritto come è un diritto negare la Shoah, perchè la giustizia concreta nei tribunali non equipara la negazione del male alla sua apologia, difettando la regola giuridica per farlo.
E' per questo che la risposta alla diffamazione contro Israele i suoi valori e la sua comunità nel mondo resta pur sempre impresa giudiziaria o istituzionale o anche solo culturale da costruire, da allestire e mettere in atto a cura di chi senta su di sé e sulla Ragione - e cioè sul diritto - l'onta dell'odio gratuito e immotivato di chi offende sapendo di poterlo fare impunemente, ma sarebbe un errore limitare la risposta alla sola denigrazione antisionista.
E' questa infatti, unitamente a quella antisemita, il paradigma di tutte le forme di esclusione e discriminazione sociale, per cui dalla giusta adozione di misure che la inibiscano trarrà profitto chiunque si identifichi nella nostra risposta sanzionatoria contro tutte le forme della gratuita discriminazione di una persona, di un popolo o di uno Stato: la vicenda di Israele nella storia è la vicenda comune a tutti i giusti che, comunque nel mondo e nella storia, siano stati discriminati e aggrediti senza motivo ed ai quali e' stato impedito di esistere e di godere degli stessi diritti degli altri.
E' la comune risposta che finalmente abbiamo imparato ad opporre in forma organizzata
contro coloro che camuffano dietro ideologie di razza di classe o di diversità la loro bassa indole di balordi ignoranti, violenti e persecutori e cioè di fascisti, quale che sia il colore della loro bandiera, perchè con la riforma Mancino è divenuta legge e norma giuridica l'equipollenza fra il fascismo ed ogni manifestazione comunque ostile alla dignità dell'uomo.
Facendo un bilancio si può valutare che la scarsa applicazione della legge Mancino nella giurisprudenza di merito dei tribunali è dipesa proprio da quella complessa e sfumata oltre che ambigua commistione e confusione di categorie giuridiche contigue ma differenti di cui si è fatto cenno; non si può dire che il magistrato officiante non capisca il senso della onnicomprensività della riforma Mancino, ma si deve dire che la politica giudiziaria della repressione antisionista scivola sulla complessità del dolo di specie e della difficoltà di costruire categorie oggettive di questo tipo di condotta criminale.
In sostanza, il legislatore fa capire che la normativa attuale in materia non può essere ampliata con norme integrative delle leggi Scelba e Mancino in senso negazionista perchè con la legge Mancino e la storica equiparazione che essa ha introdotto fra fascismo e razzismo, il delitto negazionista è inteso come manifestazione specifica di antisemitismo insuscettibile quindi di autonoma sanzione giuridica.
Negare la Shoah oggi è un delitto secondo la legge Mancino, perchè è manifestazione di antisemitismo: questa è la condicio iuris attuale.
Resta nondimeno la magna quaestio della sistematica e quotidiana opera diffamatoria e di delegittimazione dello Stato di Israele e della sua comunità nel mondo secondo la vile e subdola propalazione che ne fanno coloro che, denigrando impunemente Israele, intendono in realtà fare dell'antisemitismo senza rischi e siccome questa vergogna resta oggettivamente senza sanzione giuridica, una risposta ai diffamatori quotidiani di Israele dovrà essere data dalla comunità comunità internazionale.
Il progetto di risposta è complesso e laborioso e non sarà necessariamente giudiziario, ma potra' esserlo con un predicato di responsabilità civile perchè quella penale è del Pubblico Ministero, mentre quella civile è nostra, e che sarà comunque l'espressione della dignità e dell'orgoglio sionista per inibire il veleno che rottami e profeti dell'odio di classe e di razza fino ad oggi hanno divulgato impunemente contro un avversario che non amano né capiscono e spesso nemmeno conoscono.