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Il Giornale - Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.10.2013 Siria: Assad annuncia la sua prossima candidatura alle elezioni
come ne niente fosse successo. A che cos'è servita la 'linea rossa' di Obama ?

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera
Autore: Fiamma Nirenstein - Giuseppe Sarcina
Titolo: «Assad sbeffeggia il mondo: 'Pronto a ricandidarmi' - Sulla Siria l’ira dei sauditi contro gli Usa»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 23/10/2013, a pag. 14, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Assad sbeffeggia il mondo: «Pronto a ricandidarmi»". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 16, l'articolo di Giuseppe Sarcina dal titolo " Sulla Siria l’ira dei sauditi contro gli Usa ".
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Assad sbeffeggia il mondo: «Pronto a ricandidarmi» "


Fiamma Nirenstein, Bashar al Assad con Barack Obama

Alla tv libanese, in un’intervista di due ore, Bashar Assad ieri ha tenuto il suo discorso della vittoria. La tv è la dinamica al Mayadeen, simile a Al Jazeera. Assad in sintesi ha annunciato: ce l’ho fatta perché ho saputo capire il momento strategico. Ovvero, quando gli Stati Uniti, tuttora la più grande potenza mondiale, si fanno avanti, bisogna stringere un accordo, se conviene, senza pregiudizi. Un ragionamento molto mediorentale, cui Assad ha aggiunto alcune osservazioni sprezzanti sul suo nemico, l’Arabia Saudita, che, in parole povere, è rimasta fregata con la Turchia e i Paesi del Golfo. Ma il messaggio più pesante è quello per Obama, che era venuto per suonare ed è stato suonato, ha creduto di ridurre Assad ai minimi termini con l’accordo sulle armi chimiche e ora lo rimette in sella. Infatti Assad ha annunciato:“Personalmente non vedo ostacoli ad essere candidato alle prossime elezioni presidenziali”. Ha fatto la faccia da ingenuo, come se il sangue non gli arrivasse bene al cervello, con una smorfietta da bambino dolicocefalo. Dunque: dopo 100mila uccisi, ostacoli non ne vede su quella sedia che la dinastia alawita occupa da quarant’anni e lui dal 2000.

Effettivamente, i suoi ostacoli o si trasformano in cadaveri, oppure, con l’appoggio russo e iraniano,può permettersi di farsene un baffo. Cosa significa che Assad non vede ostacoli? Gli americani hanno sempre sostenuto che la prossima conferenza di Ginevra avrebbe assicurato la pace. In realtà, mentre la lega Araba sostiene che essa dovrebbe avere luogo fra un mese, il 23 di novembre, Assad e gli oppositori sostengono di non averne notizia, la Russia e gli americani non confermano, gran parte dei ribelli annuncia che se la prospettiva è quella di spartire il potere con Assad, non si presenteranno all’appuntamento. Tutti i passi formali dell’ONU (l’inviato Brahimi incontra freneticamente americani, russi e altri membri del Consiglio di Sicurezza) comprendono anche cauti approcci con l’Iran considerato un possibile mediatore. Ma l’Iran sostiene solo i propri interessi, nessuna soluzione sponsorizzata da lui sarà accettata dal mondo arabo, basta guardare il rifiuto dell’Arabia Saudita di sedere nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU per il suo ruolo acquiescente e inutile verso la Siria e quindi verso l’Iran, suo nemico giurato. Con questo annuncio di Assad, la guerra si rafforzerà, l’accordo per la distruzione delle armi chimiche non c’entra niente: anzi, poiché le elezioni saranno nel 2014, nel bel mezzo della raccolta delle armi di distruzione di massa, nessuno toccherà Assad fino ad allora.

Quindi, egli seguiterà a far fuori I suoi nemici e la Siria si riempirà di feroci qaedisti non siriani. Intanto, le povere popolazioni assediate da Assad vengono battute con la sua ultima arma, la morte per fame. Obama che, stava per colpirlo con un attacco militare e quindi era il suo principale ostacolo, si è tolto di mezzo da solo quando impegnandosi allo smantellamento delle armi di distruzione di massa ha firmato una cambiale perché la guerra continui. Non si capisce a chi può ormai essere diretta la tragica lettera degli abitanti di un sobborgo siriano, Moadamyeh, stretti di assedio in 12mila senza acqua, elettricità, cibo, medicine. Hanno scritto “Caro mondo, salvaci da Assad”. L’hanno scritta dopo l’annuncio di Assad che vuole correre alle elezioni del 2014. Se mettono il naso fuori della loro enclave in cui ormai non c’è più nulla, li aspetta la morte.
www.fiammanirenstein.com

CORRIERE della SERA - Giuseppe Sarcina : " Sulla Siria l’ira dei sauditi contro gli Usa "


Giuseppe Sarcina         il Re dell'Arabia Saudita

Se non sono delle scuse formali poco ci manca. «Capisco che abbiamo annunciato alcune azioni e che poi non le abbiamo realizzate. Capisco, dunque, la frustrazione dei nostri amici sauditi che si aspettavano gli attacchi contro Assad». Il segretario di Stato americano, John Kerry, seduto al centro di
un lungo tavolo, pronuncia queste frasi e si guarda intorno. Cerca comprensione tra i ministri degli Esteri e le delegazioni dell’Arabia Saudita, innanzitutto, del Qatar, degli Emirati Arabi, della Lega Araba. È il passaggio più difficile del «London 11», il gruppo che appoggia i ribelli siriani, riunito ieri nella capitale britannica con la regia del ministro di casa, William Hague. Nelle intenzioni della diplomazia occidentale la riunione avrebbe dovuto ricompattare la frammentata e rissosa opposizione siriana in nome dell’obiettivo principale: costituire un governo di transizione estromettendo Bashar Assad. Sulla discussione, invece, si
è scaricata la protesta rabbiosa dei Paesi del Golfo nei confronti dell’amministrazione Obama e, in subordine, del governo guidato da David Cameron. Con grande fatica Kerry e Hague sono riusciti
a contenere lo scontro, promettendo nuovi finanziamenti ai ribelli e un percorso per arrivare entro un mese, un mese e mezzo, alla seconda conferenza internazionale (Ginevra 2) per rovesciare Assad senza usare la forza. Le «quasi scuse» di Kerry segnalano quanto stia diventando insidiosa la deriva antiamericana dell’Arabia Saudita. Nei giorni scorsi il principe Bandar bin Sultan, già ambasciatore a Washington e ora a capo dei servizi di intelligence, ha detto esplicitamente che il suo Paese, il custode delle maggiori riserve petrolifere del mondo, potrebbe rivedere drasticamente i rapporti con gli Stati Uniti. La rinuncia, per altro non ancora ufficializzata, al seggio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite va letta come una ritorsione verso Washington e non certo verso l’incolpevole segretario Ban Ki-moon.
Per Obama e Kerry la via d’uscita non sembra a portata di mano. Il presidente e il segretario
di Stato non possono certo puntare di nuovo i missili su Damasco per non perdere Riad; né cestinare le aperture del nuovo regime dell’Iran sul dossier nucleare per compiacere i sauditi.
A Londra Kerry se l’è cavata prendendo tempo, un espediente della politica che spesso funziona nelle piccole come nelle grandi dispute. Qualche margine in più per cercare almeno di trovare un filo comune tra le schegge dell’opposizione siriana.

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