Un premio rifiutato
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
ci sono delle conferme che danno molta tristezza. Ogni tanto è bello illudersi, pensare che le cose sono in fondo migliori di quel che si crede o si teme. Poi la speranza cade, si viene smentiti o vengono confermati i timori, e la reazione non può che essere di tristezza.
Il Gran Muftì di Gerusalemme con Hitler
Mi spiego. Chi mi segue sa che ci sono infinite prove della profondità dell'odio arabo e in generale musulmano verso gli ebrei. C'è il terrorismo in Israele, che non distingue uomini, donne, bambini, ebrei haredì che non fanno il militare e magari sono contrari allo stato di Israele e soldati in servizio: cerca di uccidere più ebrei che può. Ci sono prove molto concrete che il fondatore del movimento palestinese, quello che veniva considerato "il papa dell'Islam", Amin Al-Husseini, collaborò con la Shoà non solo con trasmissioni radiofoniche di propaganda, o incoraggiando i musulmani bosniaci e caucasici ad arruolarsi in formazioni delle SS di cui faceva il leader spirituale, ma adoperandosi perché a nessun ebreo fosse permesso sfuggire la macchina di morte che lo attendeva e fosse mandato invece "in Polonia dove ci si occuperà attivamente di loro", come scrisse al governo ungherese e a quello italiano. Secondo documenti americani sono oltre 400 mila gli ebrei che in questa maniera il Muftì di Gerusalemme riuscì a far uccidere (http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/13981#.UmL3Uvl7Ka8). E chi vuole documentarsi su quanto queste scelte fossero radicate nell'Islam, può leggere questo saggio che commenta dettagliatamente un suo appello di quegli anni che invita alla distruzione degli ebrei su basi rigorosamente coraniche (http://www.centerforsecuritypolicy.org/wp-content/uploads/2013/10/CSP_A_Salient_Example_of_Hajj_Amin_el-Husseinis.pdf ).
Ma non ci bastava tutto questo, ci eravamo illusi. Quando qualche settimana fa Yad Vashem, l'istituzione che in Israele conserva la memoria della Shoà oltre che il museo che la documenta, annunciò di aver trovato finalmente il primo "giusto delle nazioni" arabo, il primo ad aver rischiato la vita per salvare degli ebrei (http://frontierenews.it/2013/10/shoah-riconosciuto-il-primo-arabo-giusto-tra-le-nazioni-allo-yad-vashem-di-gerusalemme/ ), un medico egiziano che esercitando in Germania rilasciò dei certificati utili a sottrarre degli ebrei ai Lager (http://www.missionline.org/index.php?l=it&art=5772 ), be', fummo tutti contenti, anche i più sospettosi come me.
Yad Vashem
Non è vero, come sostengono gli antisemiti, che il mondo ebraico usi la Shoah per colpevolizzare i gentili, cerchi per esempio di ignorare le prove che ci sarebbero degli "aiuti silenziosi" che sarebbero stati offerti da Pio XII. Chi minimamente ci conosce, sa dell'ostinazione con cui gli ebrei cercano le tracce dei loro benefattori per onorarli: c'è stata una grande festa un mese fa circa, quando Bartali ebbe lo stesso riconoscimento del medico egiziano, avendo collaborato con la Curia di Firenze per salvare numerosi ebrei dai nazisti. C'è gratitudine pubblica e ufficiale, ci sono i nomi di grandi e piccoli giusti, conservati con cura, le loro storie raccontate al museo di Yad Vashem, c'è un bosco che li ricorda, alberi in segno di vita piantati per onorarli. E, assicuro i miei lettori che non l'avessero sperimentato di persona, c'è una grande gioia per questa gratitudine, la conferma di una speranza per l'umanità anche in tempi bui.
C'era dunque gioia per questo riconoscimento di un arabo musulmano capace di superare la barriera dell'odio e di salvare delle vite umane - anche se qualche pessimista come me pensava in silenzio che si trattasse di un caso isolato, che l'alleanza fra mondo islamico e nazismo non fosse affatto casuale. Be', ora è arrivata la doccia fredda. Con un gesto unico nella storia della memoria della Shoà, la famiglia del medico egiziano ha rifiutato il riconoscimento, perché veniva da Israele :"Se qualunque altro paese avesse offerto di onorare Helmy, saremmo stati felici per lui", ha detto Mervat Hassan, la moglie del pronipote di Helmy. Ma da Yad Vashem che sta in Israele no. Magari il medico egiziano ha davvero salvato delle vittime del nazismo, hanno spiegato, ma l'ha fatto per il suo dovere per l'umanità. Non perché erano ebrei perseguitati, ma nonostante lo fossero.
Che si può dire di fronte a una cosa del genere? Nulla, non resta che tacere. O pensare che la delegittimazione musulmana degli ebrei non semplicemente di Israele, è così terribile da soffocare non solo il senso di umanità, ma anche l'orgoglio per un premio che riconosce bontà e coraggio. E' un dato che coinvolge ebrei e in parte anche cristiani (http://www.gatestoneinstitute.org/4009/delegitimizing-judeo-christian-civilization ), di cui è necessario tener conto. Perché non si tratta di un atteggiamento politico superficiale, ma di un dato culturale profondo e antico (gli ebrei "figli di scimmie e maiali", che dovranno essere uccisi tutti prima che venga il giudizio finale ecc. ecc.) che in questi anni di modernità non è stato affatto scalfito, anzi rafforzato da una propaganda insistente e maligna. Che volete, si resta tristi e delusi. Si capisce che che c'è qualcuno che ci vuole morti non per quel che facciamo, ma per ciò che siamo; che bisognerà combattere e soffrire per sopravvivere non oggi e domani, ma per generazioni, per un tempo futuro di cui non si vede la fine; che la pace, quella vera in cui ci si accetta, non ci si sopporta in attesa della rivincita, è un obiettivo lontano e forse irraggiungibile.
Ugo Volli