Chi con la spada e chi con bestie feroci, chi con la fame e chi con la peste. Commento di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Siria, immagini della guerra civile
Nella preghiera supplementare del Nuovo Anno Ebraico e nel Giorno dell’Espiazione, noi pronunciamo queste parole quasi meccanicamente, perché questo è il Testo.
Ma in Siria questa è la realtà. La guerra del regime contro i ribelli, iniziata due anni e sette mesi fa, è una guerra sporca, ignobile, maledetta, in cui ognuno sta combattendo contro tutti. Entrambe le parti hanno perduto le sembianze umane, gettato al vento i valori civili, perduto ogni parvenza di umanità e sono diventati animali predatori (“..chi con belve feroci”..).
L’esercito di Assad ha messo sotto assedio i quartieri orientali di Damasco, perché sono un corridoio di passaggio verso la capitale per gli jihadisti provenienti da Giordania e Iraq. Nelle ultime settimane, in questi quartieri, decine di migliaia di persone sono rimaste bloccate, tagliate fuori da ogni fonte di vita: cibo, acqua, elettricità, per Assad potrebbero tranquillamente morire di fame. Questi erano i quartieri che il 21 agosto furono attaccati con armi chimiche, causando la morte di 1500 persone, tra uomini, donne e bambini.
Morire di fame
Per non morire di fame, un gruppo di religiosi musulmani ha emesso un editto che permette agli abitanti di questi quartieri di nutrirsi con vermi, carne di cane e di asino, per sopravvivere all’assedio. In luoghi come Mu’adamiyat al-Sham, vi sono stati molti morti per fame a causa dell’assedio, oltre ai casi di feriti che sono morti per non aver ricevuto in tempo le cure necessarie. Si sono diffuse malattie come il colera, a causa di cibi avariati e per l’inquinamento dell’acqua e dell’ambiente, la peste portata dai topi e dai serpenti, la cui presenza si moltiplica in modo preoccupante tra le rovine di Homs, Hama e Idlib.
A circa sette milioni ammonta il numero dei siriani rifugiati nei Paesi vicini e profughi all’interno della stessa Siria. L’inverno alle porte rischia di mettere seriamente in pericolo la loro salute e la stessa vita, come se non bastasse tutto il male che hanno già sofferto. Spinti dai disagi e dalla povertà, i rifugiati fanno qualsiasi cosa per sopravvivere: gli uomini lavorano per pochi centesimi, e molte donne sono costrette a prostituirsi in cambio di un pezzo di pane. Le famiglie vendono le proprie figlie costringendole a matrimoni forzati, per ottenere una manciata di soldi e poter così ridurre il numero di bocche da sfamare.
L’esercito di Assad nega sistematicamente alle organizzazioni umanitarie di intervenire nelle città assediate, adducendo la preoccupazione che i volontari potrebbero mettere a repentaglio la loro vita per il fuoco della parte avversa.
Ma neppure i soldati dell’opposizione al regime sono senza colpe: litigano tra loro per differenze ideologiche, soprattutto per quel che concerne il futuro della Siria, se sarà uno Stato laico o uno Stato islamico. La città di Aleppo è sotto il controllo dello “ Stato islamico di Iraq e Siria” , la città è governata da un tribunale islamico che impone la Shari’a con la forza, la frusta e la spada. Recentemente molte tribù che vivono nei dintorni di Aleppo hanno annunciato di essersi unite all’organizzazione dello “ Stato islamico”, per rifugiarsi sotto il riparo della forza dominante.
I bambini nelle zone di guerra subiscono gravi traumi emotivi a causa delle cose orribili cui sono esposti, e partecipano attivamente alla guerra civile uccidendo chiunque pensano essere un nemico.
Le milizie di Assad, “Shabila”, sono costantemente alla ricerca delle famiglie dei soldati e degli ufficiali che hanno disertato per uccidere gli uomini e stuprare le donne. Spesso documentano e fotografano questi abusi per mostrarli ai soldati che sono ancora in servizio , al fine di scoraggiarne la diserzione.
Nell’ultimo mese, molte delle organizzazioni jihadiste che operano in Siria, sono giunte alla conclusione che i disaccordi tra loro danneggiano la causa per cui combattono, e rafforzano Assad. Per questo si sono riunito sotto un’organizzazione-ombrello dal nome “Jish al-Islam”, “L’esercito dell’Islam”.
L’altra grande organizzazione “Lo Stato islamico di Iraq e Siria” sta per unirsi a “L’esercito dell’Islam”, seguita tra breve da “Jaabhat al-Nusra”, che si è già collegata con “L’esercito dell’Islam”.
Tuttavia nessuno, eccetto Assad, deve preoccuparsi per ora del consolidamento delle forze islamiste, che durerà finchè ci sarà la rivolta contro il regime. Dopo la sua caduta, se accadrà, verranno alla luce tutte le spaccature e le differenze tra i vari gruppi. La Siria potrebbe smembrarsi in tanti territori islamici, oltre all’enclave curdo nel Nord, gli Alawiti nel Nord-Ovest e forse persino a un’entità drusa nel Sud del Paese.
La situazione critica in Siria, il collasso delle infrastrutture e il cedimento morale che caratterizza la guerra, impone a decine di milioni di civili sofferenze indescrivibili. Giungerà il momento in cui le testimonianze e le storie di questo periodo buio verranno alla luce, e i sopravvissuti del popolo siriano guarderanno in faccia tutti coloro che da meri spettatori non diedero loro alcun aiuto in questa tragedia.
Quelli che non fecero nulla, abbasseranno gli occhi a terra per la vergogna, perché avevano visto, sentito, saputo e non mossero un dito.
La Jihad del sesso.
Donne tunisine reclutate per la jiahd del sesso in Siria
Secondo la tradizione islamica, la jihad è uno dei comandamenti più importanti.
Ogni uomo e ogni donna hanno l’obbligo di partecipare alla jihad in base alle proprie capacità: chiunque sia in grado di lottare deve andare in guerra, e chi non può combattere deve sostenere i combattenti. Secondo la legge religiosa islamica, chi dà un cavallo, del cibo o denaro al combattente della jihad, è come se avesse partecipato egli stesso alla guerra santa, perché questi aiuti consentono al jihadista di svolgere il proprio dovere nel modo più efficace.
La tradizione islamica racconta di donne che hanno preso parte alla jihad preparando il cibo per i combattenti e curando le loro ferite. Tuttavia i combattenti della jihad hanno anche bisogno di un altro sostegno che le donne possono dare. E’ un bisogno umano naturale, ma che può essere raggiunto in modo illegale con lo stupro, mentre può essere legale e accettabile con il matrimonio.
Nell’islam sunnita c’è un tipo di matrimonio temporaneo chiamato “zuwaj al-musafir” – “ il matrimonio del viaggiatore ” – che permette a chi viene in un luogo per un breve periodo, di sposare una donna solo per il periodo di permanenza e divorziare prima di partire. Il bambino che nasce da un tale matrimonio è legittimo. La durata di questi matrimoni non viene definita, per cui possono essere di un mese, una settimana, un giorno o anche solo di un’ora.
Un mese fa, è stato pubblicizzato sui media un giudizio legale attribuito a un predicatore saudita, Muhammad Alarifi, nel quale sollecita le giovani donne del mondo islamico a svolgere in Siria la mansione di volontarie per la “jihad al-nikad” – “ jihad sessuale” - in modo da sostenere anche loro i combattenti. Alarifi ha promesso alle giovani che sarebbero venute in Siria un riconoscimento da combattente, proprio come quello dato a chi procura un cavallo, denaro, cibo o assistenza medica.
Il risultato è stato che alcune dozzine di giovani donne – in altre versioni alcune centinaia – sono andate in Siria da tutto il mondo islamico come volontarie per la “ jihad sessuale “.
L’esercito siriano ha trovato in alcuni luoghi i “piani di lavoro “di queste donne e li hanno pubblicati. Accanto alla fotografia vi è scritto “ Programma sessuale per i fratelli e le sorelle combattenti per la jihad “. Nella colonna a destra ci sono i nomi degli uomini: Abu Umar, Abu Khaled, Abu Ali ed in cima alla riga il nome delle ragazze: Anisa, Asma, Bushra. Nella tabella compare l’ora di quando ciascun combattente si sposa con una delle donne. I ribelli affermano che queste carte sono contraffatte e che il regime le ha create per diffamare i combattenti per la jihad.
Ma le carte possono essere anche vere, dato che gli jihadisti si sono dati i nomi di importanti eroi dell’islam – Umar – il secondo califfo, Khalid bin Alwaleed – il comandante che conquistò la Siria, e Ali – il quarto califfo. I nomi delle tre donne che sono sul documento, sono quelli di tre donne molto vicine a Bashar Assad: Anisa è il nome della madre, Asma è quello di sua moglie e Bushra quello della sorella.
Se il documento è autentico, è ragionevole pensare che i combattenti jihadisti abbiano dato alle donne volontarie questi nomi presi in prestito per esprimere che cosa vorrebbero fare alle titolari degli stessi se solo potessero. E’ importante notare che le giovani donne che sono andate in Siria per prendere parte alla “ jihad del sesso “, lo fanno perché sono convinte di doverlo fare, al di là della fede nell’Islam e della giustezza della jihad nelle sue differenti forme. D’altra parte, va detto che lo sceicco Muhammad Alarifi nega di aver pronunciato l’ordinanza, affermando che il tutto è una contraffazione del regime per infangare i combattenti per la jihad; ci sono tuttavia notizie dalla Tunisia di donne che sono rientrate dalla Siria in avanzato stato di gravidanza.
Il ruolo di Khaled Meshaal
All’inizio di giugno del 2011 – tre mesi prima dell’inizio delle dimostrazioni in Siria – Khaled Meshaal, leader di Hamas, prese posizione contro il regime e sostenne le dimostrazioni contro Assad. Dopo tutto, Khaled Meshaal è un sunnita, quindi un nemico di Assad, l’idolatra, l' assassino di musulmani, anche se in passato lo aveva sostenuto. Il risultato è stato che Meshaal ha dovuto lasciare la Siria e cercare un altro luogo per sé stesso e per la sede di Hamas, trovando accoglienza nell’Egitto di Morsi. Anche l’Iran ha smesso di aiutare Hamas con denaro, armi e sostegno politico. Nel frattempo Morsi è stato deposto e Hamas è nel mirino dell’esercito egiziano: la maggior parte dei tunnel tra la Striscia di Gaza e Rafah sono stati distrutti, causando ad Hamas la perdita dei suoi maggiori introiti, cioè le tasse che imponevano sui tunnel e sulle merci che vi transitavano.
Meshaal, disperato, ha chiesto all’Iran di rinnovare il suo appoggio a Hamas, ma gli è stato risposto che per prima cosa deve ristabilire i rapporti con Bashar Assad.
Circa una settimana fa, nell’ambito della “Conferenza Mondiale per Gerusalemme”, Meshaal ha annunciato di “ appoggiare i popoli che reclamano i loro diritti, ma che queste sollevazioni devono avvenire in modo pacifico “, e che lui è “ contro qualsiasi violenza settaria, da qualunque parte provenga”.
C’è un solo modo di interpretare questo annuncio: Meshaal chiede agli islamici e agli jihadisti in Siria, di deporre le armi anche se Assad continua a massacrarli.
Questa dichiarazione gli ha attirato contro l’indignazione degli jihadisti che gli hanno risposto: “ Meshaal presenta la santa jihad per la Siria come una guerra settaria, per ottenere un certificato internazionale di “ buona condotta “ a spese del sangue siriano . Quando dice che i combattenti per la jihad hanno smarrito l’obiettivo, sta cercando di dare soddisfazione a Teheran. Forse riceverà parte del denaro che l’Iran aveva smesso di dargli. Non saremmo sorpresi se dopo questa sua dichiarazione, si venisse a sapere che si è trasferito a Teheran; siamo sicuri che la posizione di Meshaal non rappresenti quella leale e onesta dei palestinesi di Hamas. Noi diciamo ai combattenti palestinesi: le nostre ferite sono comuni, il nemico è uno, e le dichiarazioni di un mercenario, chiunque egli sia, non creerà spaccature tra di noi. Noi siamo più fedeli di Mashaal alla moschea di al-Aqsa e coloro che si dedicano a fare commerci e usare il sangue della propria gente per fare affari, coloro che hanno combattuto la jihad negli uffici, non possono dare consigli a chi combatte la jihad in trincea.”
Voglio mettere in guardia certe anime candide israeliane a non fraintendere le parole di Khaled Meshaal, che non comincino a dire che Hamas è diventata un’organizzazione che crede nelle dimostrazioni non violente …..
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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